19 Dicembre 2025
Ursula von der Leyen e Vladimir Putin (fonte: Wikipedia)
L’Unione europea insiste sulla linea del risarcimento russo all’Ucraina, nonostante lo stop alla confisca degli asset di Mosca deciso dal Consiglio Ue. Secondo rumors che circolano a Bruxelles, i beni congelati resterebbero, almeno in una primissima fase, l’arma negoziale con cui l'Ue continuerebbe a esercitare pressing su Mosca, mentre si continua a sostenere Kiev con nuovi fondi a debito comune. Una strategia che, invece di favorire un processo di pace, rischia di prolungare il conflitto. In tutto questo, potrebbe essere che la Russia presi il conto a Stati Uniti ed Europa per la guerra scoppiata nel 2022 e alimentata appunto dall’Occidente.
A poche ore dalla decisione europea di un indebitamento comune quale "terza via" allo stallo generato dalla possibilità di usufruire di asset russi congelati - per vie giuridiche piuttosto torbide -, da Bruxelles arrivano nuovi rumors su quelli che potrebbero essere i successivi sviluppi del conflitto russo-ucraino. E le prospettive non sembrano particolarmente rosee per Ue e Ucraina.
A quanto si apprende, l’Unione europea, pur avendo "formalmente" rinunciato al patrimonio russo, potrebbe continuare a tenerlo "in ghiacciaia" trasformandolo in un'arma di deterrenza con cui convincere Mosca a risarcire Kiev per danni di guerra. Oggi, 19 dicembre, il Consiglio Ue ha infatti bocciato il sequestro definitivo dei beni russi dopo il no di Ungheria e Repubblica Ceca, e i tentennamenti di Belgio e Italia, lasciandoli però congelati e utilizzabili come leva negoziale nei futuri equilibri di guerra e di pace. La Germania, insieme alla Francia, è stata tra i Paesi più determinati a spingere per la confisca ma, alla fine – secondo quanto dichiarato dalla stessa premier Giorgia Meloni – ha "prevalso il buon senso".
Nonostante ciò, Bruxelles ha insistito, decidendo di andare comunque avanti sulla strada della guerra e del sostegno finanziario a Kiev, dando il via libera a un prestito da 90 miliardi di euro a tasso zero, finanziato con debito comune europeo e destinato al biennio 2026-2027. Una scelta che, secondo le stesse fonti, non farebbe altro che prolungare il conflitto allontanando un reale processo di pace, e che alimenta una sempre più profonda spaccatura interna all'Ue. E dopotutto, la proposta è stata approvata con una specifica: una clausola che escluderebbe qualsiasi obbligo finanziario per Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia (i Paesi contrari).
Secondo i rumors, quei 90 miliardi difficilmente verranno rimborsati dall'Ucraina. Sicché il credito europeo, in buona sostanza, verrà dato a fondo perduto. Un impasse che, nel tempo, potrebbe essere “risolto” attraverso la cessione di appalti strategici o di asset ucraini nella fase di ricostruzione, con un peso economico che ricadrebbe in ogni caso quasi interamente sull’Unione europea e sull’Ucraina stessa.
Dal lato russo, Vladimir Putin avrebbe già impostato la sua contro-linea. Dopo aver duramente criticato i Paesi europei, definiti "maialini approfittatori" pronti a seguire la linea statunitense, lo zar conferma che le ostilità sono state innescate dalle forze ucraine sostenute dall’Occidente e dal mancato rispetto degli accordi di Minsk. Passaggio fondamentale che lo mette nelle condizioni di poter chiedere i danni di guerra certamente all'Europa e, con tutta probabilità, agli Stati Uniti, accodatasi al finanziamento del conflitto attraverso la Nato.
Un ribaltamento totale della narrativa occidentale sul risarcimento, che rischierebbe di aprire un contenzioso politico e giuridico senza precedenti. Quanto all’esito finale della guerra, negli ambienti diplomatici si fa sempre più strada lo scenario di una “divisione coreana” dell’Ucraina, come anticipato dal Giornale d’Italia. Tra Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson dovrebbe essere istituita una zona demilitarizzata che di fatto spezzerebbe il Paese in due, con una parte sotto influenza russa – comprendente Donbass e Crimea – e un’altra sotto l’ombrello statunitense. Lo stesso Zelensky ha ammesso, secondo indiscrezioni, di non avere né la forza militare né il pieno sostegno degli alleati per riconquistare la Crimea e gli altri territori occupati.
E qui si reinserirebbero gli Stati Uniti, in un'altra veste però: come principali investitori in Ucrana. Accordo strategico tra Stati Uniti e Ucraina sulle Terre rare incluso, che prevede - ricordiamo - la creazione di un Fondo di Investimento per la Ricostruzione Stati Uniti-Ucraina. Washington otterrebbe così un accesso privilegiato ai minerali strategici, mentre Kiev riceverebbe un "sostegno" che si tradurrebbe in pressione costante affinché accetti cessioni territoriali e un arretramento della Nato (in questo caso cioè, il sostegno straniero a Kiev sarebbe l'arma "ricattatoria" affinché l'Ucraina accetti le condizioni poste dai suoi investitori). L’obiettivo di Donald Trump, secondo l’establishment a lui vicino, sarebbe quello di recuperare i 350 miliardi di dollari spesi dagli Usa senza ritorni concreti.
Tirando le fila dunque, sempre secondo queste ricostruzioni, gli asset russi resterebbero congelati ma non confiscati. A pagare il prezzo della guerra, sarebbero dunque l’Unione europea e l’Ucraina; mentre Mosca e Washington si muoverebbero per consolidare i loro interessi strategici nel nuovo assetto post-bellico. Come previsto, l'Unione Europea uscirebbe da "sconfitta", avendo non solo "perso" la guerra sostenendo Kiev, ma rimettendoci economicamente.
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