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Mahmoud Abbas (Abu Mazen) al GdI: "Da Israele e Netanyahu crimini di genocidio, fame, terrorismo e distruzione sistematica; soluzione 2 Stati, Palestina indipendente e sovrana, capitale Gerusalemme Est su confini del '67; Italia amica storica, riconosca nostra Nazione"

Abu Mazen, Presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, in un'intervista a Il Giornale d’Italia, denuncia il genocidio a Gaza e definisce il progetto 'Grande Israele' “irrealizzabile, aumenterà isolamento e instabilità; Gaza non è un progetto immobiliare; rigettiamo qualunque governance parallela, occupazione, divisione dei territori: necessaria investigazione credibile ed evidenze per capire se Israele aveva conoscenza preventiva del 7 Ottobre"

15 Dicembre 2025

Mahmoud Abbas (Abu Mazen) al GdI: "Da Israele e Nethanyau crimini di genocidio, fame, terrorismo e distruzione sistematica; Soluzione 2 Stati, con Palestina indipendente e sovrana, capitale Gerusalemm

Mahmoud Abbas (Abu Mazen)

Crimini di genocidio, fame e distruzione sistematica”: questa la disamina dei crimini commessi da Israele nella Striscia secondo il Presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), nell’intervista esclusiva rilasciata a Il Giornale d’Italia.

Tra le altre cose, il presidente palestinese ribadisce che “Hamas non governerà la Striscia di Gaza” nella fase post-bellica e rivendica la centralità della soluzione dei "2 popoli, 2 Stati". Inoltre, Abbas sollecita l’Italia a riconoscere ufficialmente lo Stato di Palestina, definendolo “un passo strategico per la pace”.

In gioco, sostiene, c’è la possibilità reale di un processo politico vincolato nel tempo che ponga fine all’occupazione e garantisca stabilità regionale.

Mahmoud Abbas (Abu Mazen) al GdI: "Da Israele crimini di genocidio, fame e distruzione sistematica, Netanyahu non vuole 2 Stati; Striscia non è progetto immobiliare e non sarà governata da Hamas; Italia riconosca Palestina"

Presidente Mahmoud Abbas, crede ancora nella coesistenza tra il popolo palestinese e quello israeliano sulla stessa terra — attraverso due Stati distinti? Qual è oggi la sua posizione sulla soluzione “due popoli, due Stati”? Sarà mai realizzabile e funzionare?

Sì. Continuiamo a credere che una pace basata sulla soluzione dei due Stati sia l’unica opzione valida e praticabile: due Stati che vivono fianco a fianco in sicurezza, stabilità e buon vicinato, sulla base della legittimità internazionale. L’ostacolo non è il principio in sé, ma il sistematico sabotaggio della soluzione dei due Stati attraverso gravi violazioni dei diritti legittimi del popolo palestinese alla libertà, all’autodeterminazione e a uno Stato palestinese indipendente, commesse dalle autorità di occupazione israeliane. Tali violazioni includono crimini di genocidio, fame e distruzione nella Striscia di Gaza, la continua espansione delle colonie, l’annessione di terreni palestinesi occupati, il terrorismo dei coloni, il trattenimento delle entrate palestinesi e l’impedimento ai palestinesi di condurre una vita normale in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.

Nonostante ciò, la soluzione dei due Stati rimane realizzabile e in grado di avere successo se verranno adottati passi irreversibili in conformità con le risoluzioni della legittimità internazionale, la Dichiarazione di New York e l’attuazione del piano di pace del Presidente Trump, che portino alla fine dell’occupazione israeliana, al blocco dell’attività di colonizzazione e alla garanzia dell’indipendenza dello Stato di Palestina entro un arco temporale definito.

Che tipo di Stato immagina concretamente: confini, garanzie di sicurezza, tempistiche e ruolo della comunità internazionale?

Lo Stato di Palestina sui confini del 1967, in Cisgiordania — compresa Gerusalemme Est come capitale — e nella Striscia di Gaza, con continuità territoriale e piena sovranità. Dal 1994, le istituzioni statali palestinesi sono state istituite in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Nel 2012, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto lo Stato di Palestina come Stato osservatore non membro, e successivamente la Palestina è diventata membro a pieno titolo di oltre cento organizzazioni e trattati internazionali. Finora, 160 Stati hanno riconosciuto lo Stato di Palestina, tra cui più recentemente Francia, Regno Unito, Canada, Australia, Belgio, Portogallo, Lussemburgo, Spagna, Irlanda, Slovenia, Norvegia, Svezia e altri.

Stiamo attualmente lavorando alla redazione di una costituzione temporanea per lo Stato di Palestina, nonché di leggi elettorali e sui partiti politici, assicurando uno Stato moderno, democratico e non militarizzato, che creda nel trasferimento pacifico del potere, nel pluralismo politico e nella garanzia di sicurezza e stabilità tramite un’unica autorità, una sola legge e un’unica forza di sicurezza legittima. Siamo aperti a garanzie di sicurezza internazionali, inclusa la possibilità di dispiegare una forza internazionale di peacekeeping con mandato ONU durante un periodo transitorio, per monitorare e sostenere la polizia e i servizi di sicurezza palestinesi, nel pieno rispetto della sovranità palestinese.

Soprattutto, deve esserci un chiaro calendario con tappe graduali e verificabili verso l’indipendenza: fine dell’occupazione, ritiro delle forze occupanti, ricostruzione e attuazione della soluzione a due Stati — uno Stato di Palestina indipendente e sovrano con capitale Gerusalemme Est sui confini del 1967, che viva fianco a fianco con Israele in sicurezza, pace e buon vicinato.

La comunità internazionale chiede una “governance credibile” per la Gaza post-bellica. L’Autorità Palestinese è pronta a governare Gaza senza il sostegno di forze esterne?

L’Autorità Nazionale Palestinese — e le istituzioni dello Stato di Palestina — sono pronte ad assumersi le proprie responsabilità nella Striscia di Gaza, perché Gaza è parte inseparabile della nostra terra. La piena attuazione del piano del Presidente Trump e della Risoluzione 2803 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite garantisce la presenza di istituzioni palestinesi di governance e sicurezza, così come gli sforzi di ricostruzione sostenuti da una forza internazionale di stabilizzazione con mandato ONU. Tale forza sosterrebbe la fase transitoria e permetterebbe alla nostra polizia e alle nostre istituzioni di operare efficacemente — non sostituendoci — garantendo l’attuazione della seconda fase del piano Trump, compresa la consegna delle armi da parte di Hamas e delle altre fazioni, l’assunzione di responsabilità da parte della polizia palestinese, il ritiro delle forze di occupazione israeliane, la protezione dei civili e un ordinato trasferimento dell’autorità sotto piena sovranità palestinese.

Quale potrebbe essere il ruolo di Hamas nel nuovo governo palestinese? Quale sarebbe il modello di governance migliore?

Hamas, o qualsiasi altra fazione palestinese, non governerà la Striscia di Gaza. La governance e la sicurezza saranno sotto un unico governo, una sola legge e un’unica arma legittima. La partecipazione politica sarà regolata dalla costituzione transitoria palestinese e dalla legge sui partiti politici, assicurando uno Stato moderno, democratico e non militarizzato, che creda nel trasferimento pacifico del potere, nel pluralismo e nella sicurezza garantita da un’unica autorità, una legge e una forza di sicurezza legittima. Nessun partito o individuo potrà partecipare alle elezioni locali, parlamentari o presidenziali se non si impegna alla legittimità internazionale, agli obblighi internazionali e alla soluzione dei due Stati basata sul diritto internazionale, oltre agli accordi firmati dallo Stato di Palestina.

Quale ruolo attribuisce a Stati Uniti e Unione Europea nel processo di pace? Che posizione dovrebbero assumere e quali decisioni adottare? E quali condizioni ritiene essenziali per la pace?

In conformità con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, gli Stati Uniti — con il supporto di partner e mediatori — devono usare la propria influenza per garantire l’attuazione, non solo la mediazione, assicurando un cessate il fuoco permanente, garantendo il ritiro, fermando l’espansione delle colonie e sostenendo un processo chiaro e vincolato nel tempo per porre fine all’occupazione e realizzare l’indipendenza palestinese in linea con la legittimità internazionale.

Apprezziamo molto il ruolo dell’Unione Europea nell’adottare posizioni politiche impegnate nella realizzazione della soluzione a due Stati, sostenendo l’indipendenza dello Stato di Palestina, difendendo il diritto internazionale, adottando misure pratiche per distinguere tra Israele e i territori occupati e sostenendo la costruzione delle istituzioni palestinesi e la ricostruzione.

Le condizioni essenziali sono: fine dell’occupazione israeliana; realizzazione di uno Stato palestinese sovrano sui confini del 1967 con Gerusalemme Est come capitale; protezione dei civili; responsabilità secondo il diritto internazionale; risoluzione di tutte le questioni dello status finale, compresa la questione dei rifugiati palestinesi in conformità con la legittimità internazionale; e garanzia che Gaza e la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, rimangano unite all’interno di un unico quadro legale e istituzionale palestinese sotto la soluzione dei due Stati, affinché i due Stati possano vivere fianco a fianco in sicurezza, stabilità e buon vicinato.

Trump vuole trasformare Gaza in una Riviera. Come viene percepita questa idea, e cosa ne pensa? È un modo per controllare Gaza per sempre?

Gaza non è un progetto immobiliare. È la patria di un popolo con diritti — innanzitutto il diritto a vivere con dignità sulla propria terra, libero da occupazione e assedio. Qualsiasi ricostruzione e sviluppo deve essere progettato a beneficio del popolo di Gaza, sotto sovranità palestinese, e all’interno di un orizzonte politico che ponga fine all’occupazione. Altrimenti diventa una copertura per controllo, espulsione o dominio permanente. Sosteniamo la ricostruzione, ma rifiutiamo qualsiasi piano che aggiri i diritti palestinesi o tratti Gaza come un oggetto da rimodellare senza il suo popolo.

Cosa pensa del coinvolgimento di Tony Blair nella “stabilizzazione di Gaza”? I Paesi arabi non concordano con questa scelta?

Non contano le persone, ma i principi. Qualsiasi ruolo internazionale deve essere trasparente, concordato con le istituzioni palestinesi legittime e con i principali partner regionali, e coerente con il diritto internazionale. La stabilizzazione di Gaza non può avere successo se imposta, al di fuori della legittimità internazionale, politicamente di parte o separata dalla sovranità palestinese e dal consenso arabo. Accogliamo con favore il sostegno internazionale che rafforza le istituzioni palestinesi e favorisce l’attuazione della soluzione dei due Stati entro un periodo definito e in accordo con la legittimità internazionale. Rifiutiamo ogni disposizione che crei governance parallele, legittimi l’occupazione, separi Gaza dalla Cisgiordania o comprometta l’indipendenza e la sovranità dello Stato palestinese.

Cosa pensa del cambiamento nei rapporti con l’Italia — dal sostegno alla causa palestinese sotto il governo Craxi all’attuale sostegno a Israele da parte del governo Meloni?

L’Italia è un’amica storica della Palestina e un importante attore europeo. I governi cambiano, ma crediamo che il ruolo strategico e morale dell’Italia debba rimanere saldamente ancorato al diritto internazionale e alla pace. Manteniamo dialogo e cooperazione con il governo italiano per promuovere la pace e rafforzare le relazioni bilaterali tra i due popoli e Stati amici. Apprezziamo l’assistenza umanitaria e allo sviluppo dell’Italia, incluso il supporto alla formazione delle forze di sicurezza palestinesi e gli sforzi di monitoraggio europei.

Speriamo che l’Italia compia il passo strategico di riconoscere lo Stato di Palestina, unendosi alla crescente tendenza europea — perché il riconoscimento non è contro qualcuno; è un investimento nella pace e nella stabilità. Apprezziamo anche profondamente la forte solidarietà mostrata dal popolo italiano, che ha manifestato a sostegno dei diritti del popolo palestinese alla libertà, dignità e indipendenza.

Perché Israele sta perseguendo il genocidio a Gaza nel silenzio della maggior parte del mondo?

Ciò che sta avvenendo a Gaza da parte delle forze di occupazione — crimini di genocidio, fame e distruzione sistematica volti allo sfollamento, all’umiliazione e alla punizione collettiva di un intero popolo — riflette un clima di impunità e doppi standard dovuto al fallimento del sistema internazionale nell’applicare coerentemente il diritto internazionale. Il mondo deve agire: proteggere i civili, garantire un accesso umanitario incondizionato, porre fine permanentemente alla guerra e ritenere i responsabili imputabili tramite meccanismi giuridici internazionali.

Allo stesso tempo, apprezziamo molto le posizioni della maggioranza degli Stati del mondo che hanno fornito sostegno umanitario e politico, partecipato alla coalizione internazionale per attuare la soluzione dei due Stati e contribuito alla conferenza internazionale copresieduta da Arabia Saudita e Francia, che ha portato a ulteriori riconoscimenti dello Stato di Palestina, all’emanazione della Dichiarazione di New York e all’attuazione del piano del Presidente Trump verso l’autodeterminazione e l’indipendenza dello Stato palestinese.

Il progetto del “Grande Israele” è realizzabile?

Politiche di annessione, espansione delle colonie e negazione dei diritti palestinesi non rappresentano un futuro sostenibile; generano conflitto perpetuo e isolamento. Nessun progetto basato sull’occupazione, la confisca di terre e l’instaurazione di un sistema di discriminazione e apartheid può garantire vera sicurezza. L’unica strada realistica e legittima è la soluzione dei due Stati basata sul diritto internazionale. Tentativi di imporre una realtà di “Grande Israele” approfondiranno l’isolamento e l’instabilità di Israele e alla fine falliranno di fronte alla determinazione dei popoli — prima di tutto del popolo palestinese sulla propria terra.

Qual è la sua opinione sugli eventi del 7 ottobre e sulle responsabilità di Hamas in quel giorno? Israele era a conoscenza? C’è stato qualche coinvolgimento del premier Netanyahu?

Siamo stati chiari fin dall’inizio: abbiamo condannato l’uccisione e il rapimento di civili, incluso ciò che Hamas ha compiuto il 7 ottobre. Questo è inaccettabile e viola gli standard morali e legali. Allo stesso tempo, nulla può giustificare la punizione collettiva di un intero popolo, né l’uccisione di civili, né la distruzione e la fame inflitte a Gaza.

Per quanto riguarda le affermazioni sul fatto che Israele fosse a conoscenza in anticipo o che vi fossero calcoli politici interni israeliani, queste questioni richiedono indagini credibili e prove. Sappiamo che il seguito degli eventi è stato sfruttato per avanzare agende estremiste — distruzione, sfollamento e sabotaggio della soluzione dei due Stati.

Secondo lei, qual è il vero obiettivo di Netanyahu, e quanto si spingerà oltre? Crede che Netanyahu sarà mai incriminato per crimini di guerra? Ritiene che le sue decisioni abbiano isolato Israele a livello internazionale o ne abbiano rafforzato la posizione?

Il governo Netanyahu ha perseguito politiche che approfondiscono l’occupazione e il conflitto: espansione delle colonie, indebolimento delle istituzioni palestinesi e uso di forza brutale senza limiti. Il suo vero obiettivo sembra essere la distruzione della soluzione dei due Stati, l’eliminazione di qualsiasi orizzonte politico e il radicamento di una realtà permanente di dominio e frammentazione. Il percorso scelto da questo governo israeliano ha portato all’isolamento internazionale di Israele.

Quali saranno le conseguenze per il popolo israeliano nel mondo nei prossimi anni a seguito del genocidio perseguito a Gaza?

Non desideriamo il male di alcun popolo. Tuttavia, il perdurare di atrocità, impunità e retorica estremista ha delle conseguenze: alimenta polarizzazione, paura e tensioni, danneggia l’immagine di Israele e il senso di sicurezza di molte comunità. La migliore protezione per tutti — palestinesi e israeliani — è una pace giusta basata sui diritti e sul diritto internazionale, a beneficio di tutti i popoli e Stati della nostra regione e del mondo.

Qual è il suo obiettivo nel partecipare ad Atreju? Quali accordi intende finalizzare con il governo italiano?

Il nostro obiettivo, partecipando a qualsiasi forum politico, è presentare direttamente la posizione palestinese, ampliare il dialogo con la società italiana e i decisori politici, e incoraggiare l’Italia a svolgere un ruolo costruttivo: sostenere un cessate il fuoco permanente, la ricostruzione sotto sovranità palestinese e un processo politico con una tempistica definita che porti alla soluzione dei due Stati in conformità con la legittimità internazionale.

Cerchiamo cooperazione con l’Italia nell’assistenza umanitaria, nella costruzione delle istituzioni e nel sostegno a meccanismi internazionali di monitoraggio, e soprattutto nel riconoscimento dello Stato di Palestina come passo strategico per la pace. Questa partecipazione sarà anche un’opportunità per incontrare la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i leader dei partiti politici italiani rappresentati in Parlamento e altre istituzioni italiane.

Ci sono altre informazioni che desidera condividere?

Sì. Il nostro messaggio è che i palestinesi non stanno chiedendo l’impossibile. Chiediamo ciò che il diritto internazionale afferma già: libertà, sovranità, dignità e sicurezza — diritti di cui godono tutti i popoli del mondo. Riaffermiamo il nostro impegno per uno Stato di Palestina che viva accanto allo Stato di Israele in sicurezza, pace e buon vicinato, in conformità con la legittimità internazionale.

Rinnoviamo il nostro impegno democratico a tenere elezioni parlamentari e presidenziali dopo la fine della guerra, una volta che esisteranno le condizioni adeguate; riaffermiamo il nostro impegno verso tutte le riforme promesse, la governance trasparente e un sistema legale unificato. La pace è possibile — ma richiede coraggio, responsabilità, rispetto del diritto internazionale e un’azione internazionale decisiva per porre fine all’occupazione e trasformare la soluzione dei due Stati in realtà, non in uno slogan.

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