Mentre le fazioni in conflitto continuano a respingere l’ennesima proposta di tregua avanzata dagli Stati Uniti insieme a un gruppo di mediatori arabi, la situazione umanitaria in Sudan continua a peggiorare. Lo ha ribadito il portavoce delle Nazioni Unite, Stephane Dujarric, durante il consueto briefing con la stampa internazionale. "Fino a ieri – ha precisato – nell’arco di un mese oltre 106mila persone, pari a poco meno della metà della popolazione rimasta in una città stretta dall’assedio da 18 mesi, sono state costrette ad abbandonare la capitale del Nord Darfur, Al-Fashir, e i villaggi circostanti, dopo che le Forze paramilitari delle RSF hanno preso il controllo dell’area".
Sudan, allarme dell'Onu: "Oltre 106mila persone fuggite da Al-Fashir in un mese, metà della popolazione; testimonianze di violenze e stupri"
Parallelamente, continuano a emergere gravi denunce di crimini di guerra. Secondo Amnesty International, le forze paramilitari sudanesi avrebbero ucciso decine di uomini disarmati e perpetrato violenze sessuali contro numerose donne e ragazze durante la conquista di Al-Fashir. Le testimonianze raccolte dall’organizzazione – 28 sopravvissuti alla caduta della città, che per oltre due anni era rimasta sotto il controllo dell’esercito in guerra con i paramilitari – parlano di uccisioni, percosse e stupri, episodi per i quali Amnesty chiede che venga aperta un’indagine e che i responsabili siano perseguiti. "Questa violenza sistematica e diffusa contro i civili configura un crimine di guerra e può costituire ulteriori violazioni ai sensi del diritto internazionale. Tutti i responsabili devono rispondere delle loro azioni", ha dichiarato la segretaria generale di Amnesty International, Agnès Callamard, che ha inoltre accusato gli Emirati Arabi Uniti di sostenere i paramilitari, contribuendo così a "un ciclo incessante di violenza contro i civili in Sudan".
Callamard ha poi aggiunto che "la comunità internazionale e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite devono pretendere che gli Emirati Arabi Uniti pongano fine al loro supporto" alle RSF. La segretaria generale dell’organizzazione ha inoltre sollecitato tutti gli attori esterni a adottare misure volte a interrompere la vendita e la fornitura di armi e materiali militari alle parti coinvolte nel conflitto, "in conformità con l’embargo sulle armi imposto dal Consiglio di sicurezza dell’Onu" e auspicando che esso venga esteso a tutto il Paese.











