01 Ottobre 2025
Fonte: X @netanyahu
Il 28 settembre 2025, la Commissione per la Sicurezza Nazionale della Knesset ha approvato in prima lettura, con quattro voti favorevoli e uno contrario, un disegno di legge che introduce la pena di morte obbligatoria per i cosiddetti "terroristi", ovvero migliaia di palestinesi – inclusi donne, anziani e bambini – detenuti senza alcuna accusa formale né condanna.
La proposta, presentata dalla deputata Limor Son Har-Melech del partito Otzma Yehudit guidato dal Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir (ovvero da colui che ad oggi è stato bandito da ben 25 Paesi UE, più Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein, per incitamento alla violenza estrema e gravi violazioni dei diritti umani dei palestinesi oltre che per il sostegno all'espansione illegale degli insediamenti e che lo stesso Stato di Israele ha condannato per ben 8 volte per razzismo e terrorismo), rappresenta una rottura senza precedenti con una tradizione giuridica consolidata: dal 1962, quando fu giustiziato Adolf Eichmann (tenente colonnello delle SS e capo della sezione IV B4 dell'Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich – RSHA –giustiziato nello Stato sionista tramite impiccagione in quanto ritenuto uno dei principali responsabili della cosiddetta "Soluzione Finale"), Israele non ha mai più applicato la pena capitale.
Questa decisione non è solo fortemente controversa dal punto di vista giuridico e morale, ma solleva gravissime questioni relative alla discriminazione etnica e alla violazione del diritto internazionale.
Ma il giro di vite impresso non è diretto unicamente verso i palestinesi, in quanto anche gli attacchi ai cristiani di Gerusalemme sono un fenomeno crescente e documentato che colpisce sia i religiosi che i luoghi di culto. Sacerdoti, monaci e suore vengono regolarmente presi di mira con sputi, insulti e aggressioni fisiche, soprattutto da parte di gruppi di estremisti ebrei ultra-ortodossi. Il quartiere cristiano della Città Vecchia e i suoi dintorni sono teatro di vandalismi contro chiese, conventi e proprietà ecclesiastiche, con scritte offensive, danneggiamenti e profanazioni. Questi episodi hanno assunto tale gravità da suscitare ripetute proteste ufficiali. Il Vaticano ha espresso preoccupazione attraverso diverse dichiarazioni, mentre i patriarchi e i capi delle chiese cristiane di Gerusalemme hanno denunciato pubblicamente il clima di intimidazione e violenza. Le comunità cristiane locali - che mantengono una presenza millenaria in Terra Santa - lamentano un'escalation di ostilità e l'insufficienza della risposta delle autorità israeliane, che raramente perseguono i responsabili. Il fenomeno si inserisce in un quadro più ampio di tensioni religiose ed etniche, dove le minoranze non ebraiche vivono crescenti pressioni e discriminazioni.
Il testo del disegno di legge non lascia spazio a dubbi sulla sua natura discriminatoria. Secondo la proposta suddetta infatti, la pena di mortesarà applicata in modo obbligatorio a chi "intenzionalmente o per negligenza causi la morte di un cittadino israeliano per motivi di razzismo o ostilità", con l'intento di "danneggiare lo Stato di Israele e la rinascita del popolo ebraico nella sua terra".
Nella sua terra? Quale? Dato che sappiamo fin troppo bene di come lo Stato occupante di Israele abbia ampliato a dismisura e illegalmente i propri confini e di come continui a farlo, soprattutto a scapito dei palestinesi, ma non solo. Non a caso le Nazioni Unite parlano di territori occupati.
La formulazione stessa di tale proposta di legge poi rivela un'evidente asimmetria: la legge si applicherà esclusivamente ai palestinesi che uccidono israeliani ebrei, ma non agli israeliani che uccidano palestinesi in circostanze simili. Questa discriminazione basata sull'identità nazionale ed etnica costituisce una flagrante violazione dei principi fondamentali del diritto internazionale.
Ad ogni modo, dal punto di vista squisitamente tecnico-giuridico, quando si parla della necessità di una nuova legge sulla pena capitale in Israele(dato che una legge in tal senso esiste già) ci si riferisce a:
Quindi non è che la legge sia decaduta, è che dal 1962 Israele ha scelto di non applicarla più, mantenendo una moratoria de facto. Le proposte quindi di nuove leggi mirano ad ampliare la sfera di applicazione di quella attuale anche in altri contesti oltre ai trascorsi crimini nazisti. Sostanzialmente nei confronti dei palestinesi, bersaglio da sempre di Ben-Gvir che li odia con tutto se stesso, tanto da tenere in casa – fino ad un istante prima di divenire Ministro della Sicurezza Nazionale - un ritratto di Baruch Goldstein, il colono israeliano-americano che nel 1994 compì il massacro della moschea di Ibrahimi (o Grotta dei Patriarchi) a Hebron, nel corso del quale uccise 29 palestinesi in preghiera e ne ferì oltre un centinaio.
È fondamentale comprendere che quando Israele parla di "terroristi", si riferisce in realtà a migliaia di palestinesi – inclusi donne, anziani e bambini – detenuti senza alcuna accusa formale né condanna attraverso il famigerato sistema della detenzione amministrativa. Questa pratica, ereditata dalle autorità coloniali britanniche, permette alle autorità israeliane di imprigionare persone per motivi di sicurezza del tutto segreti, senza processo e senza che l'accusato o il suo avvocato possano accedere alle presunte prove.
Secondo Amnesty International, tra ottobre e novembre 2023, il numero di palestinesi in detenzione amministrativa è salito da 1.319 a 2.070 persone. Nel marzo 2023, secondo Haaretz (importante testata giornalistica israeliana) e l'ONG Addameer, erano 967 i detenuti palestinesi senza accuse, un numero record degli ultimi vent'anni. Gli ordini di detenzione durano sei mesi ma sono rinnovabili all'infinito, permettendo di tenere persone in carcere per anni senza mai formulare un'accusa (a proposito della tanto decantata unica democrazia del Medio Oriente).
Come denunciato dalla ONG palestinese Addameer e dall'organizzazione israeliana HaMoked, questa pratica costituisce una forma di tortura psicologica. I detenuti sono spesso tenuti in isolamento, sottoposti a interrogatori coercitivi, maltrattamenti fisici e psicologici. Tre detenuti su quattro (arrestati a Gaza) sono civili – medici, giornalisti, anziani – i cui nomi non figurano nemmeno nelle liste di sospetti affiliati a Hamas compilate dai servizi di intelligence israeliani.
Ricordiamo inoltre di come il Diritto Internazionale ritenga legittima la resistenza armata nei confronti dell'invasore.
Ma non solo, c'è ancora molto di peggio: un aspetto particolarmente inquietante del sistema di detenzione israeliano infatti è l'arresto sistematico di bambini palestinesi. Come documentato da Save the Children e dal Defence for Children International Palestine (DCIP),Israele è l'unico Paese al mondo che processa sistematicamente bambini – tra i 500 e i 700 all'anno – davanti a tribunali militari. Al 31 marzo 2024, le forze israeliane detenevano 61 bambini palestinesi in detenzione amministrativa senza accusa né processo, un numero record dal 2008. Almeno la metà di questi bambini è stata detenuta dopo il 7 ottobre 2023. Come sottolineato da Save the Children, "sono gli unici bambini al mondo a essere sistematicamente processati da tribunali militari, con processi iniqui, arresti violenti, spesso notturni e interrogatori coercitivi".
I bambini palestinesi vengono frequentemente arrestati durante incursioni notturne nelle loro case, spesso per accuse come il lancio di pietre, un reato che può comportare fino a 20 anni di prigione. Le testimonianze raccolte da organizzazioni internazionali documentano torture, violenze sessuali, maltrattamenti, denutrizione e negazione dell'assistenza medica. Molti bambini rilasciati mostrano evidenti segni di trauma fisico e psicologico, descritti dalle loro famiglie come congelati dall'esperienza.
Questa sistematica violazione dei diritti dei minori contraddice la Convenzione sui Diritti dell'Infanzia che Israele ha ratificato nel 1991, la Convenzione contro la Tortura delle Nazioni Unite, e la Quarta Convenzione di Ginevra sulla protezione dei civili in tempo di guerra.
Tornando alla legge fortemente voluta dall'estrema destra messianica, funzionari esperti delle Nazioni Unite hanno espresso allarme già nel febbraio 2023 per un precedente tentativo simile, definendo il ripristino della pena di morte "un passo profondamente regressivo", soprattutto quando "la punizione si applicherà contro le minoranze che vivono nello Stato o coloro che vivono sotto i 55 anni di occupazione militare". I relatori speciali ONU hanno sottolineato che le leggi antiterrorismo israeliane "mancano di precisione giuridica, violano diritti criticamente importanti e non soddisfano le soglie richieste di legalità, necessità, proporzionalità e non discriminazione, così come stabilisce il diritto internazionale".
Questa iniziativa legislativa si inserisce in un contesto globale in cui la tendenza è verso l'abolizione della pena capitale. La Palestina stessa ha ratificato il Secondo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici nel 2019, che mira all'abolizione della pena di morte. Tra le democrazie occidentali, solo gli Stati Uniti continuano a praticare esecuzioni, e Israele aveva fino ad ora mantenuto una posizione di astensione de facto.
L'organizzazione israeliana Adalah e il Comitato Pubblico contro la Tortura hanno sottolineato che il disegno di legge viola il diritto alla vita sancito dal Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, così come anchela deputata Efrat Rayten dell'opposizione ha espresso questo punto con forza: "Su quale base viene proposto questo disegno di legge? Vendetta?". La risposta, purtroppo, sembra essere affermativa. Come ha osservato la deputata Merav Ben-Ari, si tratta di "una disgrazia mai vista prima nella Knesset".
Al di là delle considerazioni giuridiche e strategiche, rimane una domanda fondamentale: che tipo di società diventa quella che incarcera prigionieri in base a categorizzazioni etniche? La pena di morte trasforma i cittadini in esecutori. Richiede la costruzione della macchina della morte, il suo funzionamento da parte di professionisti che portano a termine uccisioni, e la creazione di sistemi burocratici che processano esseri umani verso l'esecuzione.
È significativo ricordare che intellettuali ebrei di primo piano come Martin Buber e Gershom Scholem si opposero all'esecuzione di Adolf Eichmann nel 1962, nonostante la mostruosità dei suoi crimini.
Questo disegno di legge rappresenta un pericoloso passo indietro per Israele, per i diritti umani e per le norme internazionali contro la pena capitale. La sua natura apertamente discriminatoria, le circostanze proceduralmente discutibili della sua approvazione e le sue implicazioni morali richiedono una risposta forte da parte della comunità internazionale e della società civile israeliana. L'organizzazione palestinese per i diritti dei prigionieri ha descritto il disegno di legge come un "atto di ferocia senza precedenti", sottolineando che mira a legalizzare l'uccisione in corso di prigionieri che già avviene nelle carceri israeliane, dove almeno 76 detenuti palestinesi identificati sono morti in custodia negli ultimi due anni.
In questo contesto già gravissimo, emergono nuove preoccupazioni per la sicurezza della Global Sumud Flotilla, la più grande missione marittima civile della storia, composta da oltre 50 imbarcazioni provenienti da 44 paesi e partita tra agosto e settembre 2025 con l'obiettivo di rompere l'illegale assedio israeliano di Gaza e portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese affamata. La Flotilla, che comprende artisti, medici, giornalisti e attivisti per i diritti umani, si è trovata ad affrontare non solo difficoltà meteorologiche ma anche minacce concrete da parte delle autorità israeliane. Precedenti flottiglie nel 2010, 2011, 2015, 2018 e nel giugno-luglio 2025 sono state tutte intercettate, assaltate o attaccate dalle forze israeliane. Nel maggio 2025, la nave Conscience è stata colpita due volte da droni armati a soli 14 miglia nautiche da Malta, scatenando un incendio e causando una breccia nello scafo.
Gli organizzatori della Global Sumud Flotilla hanno lanciato l'allarme su "informazioni credibili di intelligence che indicano che è probabile che Israele intensifichi gli attacchi violenti contro la flottiglia, utilizzando potenzialmente armi che potrebbero affondare, ferire e/o uccidere i partecipanti". Nonostante le pressioni di alcuni governi europei – incluso quello italiano, che ha cercato di convincere la delegazione a deviare verso Cipro invece di proseguire verso Gaza – gli attivisti hanno coraggiosamente deciso di continuare la loro missione umanitaria.
La proposta di legge sulla pena di morte si inserisce quindi in un quadro più ampio di escalation della violenza israeliana contro i palestinesi e contro chiunque cerchi di portare solidarietà e aiuto alla popolazione di Gaza. È inquietante notare come, mentre Israeleapprova una legge che mira a giustiziare palestinesi detenuti, perché di questo si tratta in buona sostanza, e spesso senza processo, allo stesso tempo minaccia attacchi letali contro civili internazionali che cercano di portare cibo e medicinali in un territorio ridotto alla fame da quasi due anni di assedio totale.
La resistenza pacifica dei popoli oppressi e la solidarietà internazionale non possono essere criminalizzate o soppresse con la forza militare. L'approvazione di questa legge sulla pena di morte segnerebbe un'ulteriore discesa di Israele verso un sistema di apartheidpienamente realizzato, in cui una popolazione viene sistematicamente privata non solo della libertà e della dignità, ma ora anche del diritto fondamentale alla vita.
Di Eugenio Cardi
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