18 Settembre 2025
Trump, Blair, fonte: Wikipedia
Il think tank di Tony Blair ha elaborato una proposta da applicare a Gaza dal giorno dopo la fine delle ostilità con Israele. L'ex premier britannico si è concentrato sulla creazione di un organismo di transizione internazionale che dovrebbe traghettare la Striscia da uno scenario post-bellico a una nuova normalità. L'Autorità Nazionale Palestinese, venuta a conoscenza del progetto, che pare il seguito del "piano Aurora" che lo stesso Blair ha contribuito a finanziare e pianificare con la Boston Consulting Group, ha affermato: "Non ci daranno la possibilità di essere uno Stato autonomo e indipendente, la Palestina sarà solamente un protettorato Onu, sulla carta, ma di fatto sarà di proprietà israeliana o statunitense", come anticipato da Il Giornale d'Italia.
La Casa Bianca di Donald Trump ha scelto Tony Blair come architetto del futuro di Gaza. Secondo un’inchiesta di The Times of Israel, l’ex premier britannico sta promuovendo il piano per la creazione di un’Autorità Internazionale di Transizione per Gaza (Gita), che dovrà governare l’enclave fino a un passaggio graduale di poteri all’Autorità Nazionale Palestinese (An). Questo sulla carta, ma la realtà dei fatti non fa propendere per questa lettura.
Blair lavora a questa iniziativa sin dai primi mesi della guerra, iniziata il 7 ottobre 2023 dopo l’attacco di Hamas e la devastante risposta militare israeliana. In due anni di conflitto, secondo i dati del Ministero della Sanità di Gaza e di fonti ONU, oltre 42 mila palestinesi sono stati uccisi, tra cui più di 16 mila bambini, mentre il 70% delle abitazioni è stato distrutto o gravemente danneggiato. Più di 1,8 milioni di persone – l’85% della popolazione – sono sfollate e dipendono totalmente dagli aiuti umanitari.
Il documento ottenuto dal quotidiano israeliano prevede: un consiglio di 7-10 membri con rappresentanza palestinese, un alto funzionario Onu e figure internazionali di peso con poteri legislativi e politici per gestire Gaza durante la transizione. Il piano prevede anche una “Property Rights Preservation Unit” per garantire che i gazawi sfollati non perdano il diritto di ritorno e di proprietà, quando il "piano Aurora" spinge invece verso la deportazione dei palestinesi verso sud, cosa che si sta già verificando, e un "rimborso" di 9000 dollari in bitcoin per 500 mila persone che scelgano volontariamente di andarsene.
Inoltre, Blair ha previsto anche la creazione di una forza internazionale di stabilizzazione (Isf) per la sicurezza dei confini, la protezione dei civili e la prevenzione di una "nuova insurrezione armata", non specificando chi ne prenderebbe le briglia: il rischio che siano personaggi filo-israeliani è molto alto. Il piano prevede un budget iniziale di 90 milioni di dollari, che salirà a 164 milioni entro il terzo anno, senza contare costi umanitari e militari.
Il progetto esclude una presa di controllo immediata dell’Anp, che entrerà gradualmente nelle strutture di governance dopo una fase di riforme “non cosmetiche” sotto supervisione internazionale. Ma di chi, se non gli Stati Uniti e Israele?
Questa precisazione è cruciale perché, come rivelato in esclusiva da Il Giornale d’Italia, esiste un piano parallelo – il cosiddetto “Piano Aurora” – sviluppato con il supporto del Boston Consulting Group e di ambienti vicini al ministro israeliano Ron Dermer e all'amministrazione Trump, oltre che dal think tank di Tony Blair. Il progetto prevederebbe incentivi per favorire la “migrazione volontaria” di decine di migliaia di gazawi, liberando terreno per nuovi insediamenti e progetti infrastrutturali. In realtà, il misero "rimborso" sarebbe solamente un "contentino": la deportazione dei 2,2 milioni di palestinesi dalla Striscia, gradualmente, da nord verso sud, è già sotto i nostri occhi. E il prossimo passo è quello della loro ricollocazione forzata in altri Stati.
Fonti diplomatiche arabe confermano che Riyadh, Doha e Il Cairo hanno vincolato il loro sostegno a questo piano alla creazione di un percorso irreversibile verso lo Stato di Palestina con Gerusalemme Est come capitale. Un diplomatico del Golfo ha dichiarato: “Non abbiamo mesi o settimane. Abbiamo giorni. O si crea un accordo politico credibile o la guerra continuerà, con conseguenze regionali imprevedibili.”
Intanto le Ong palestinesi avvertono che senza il pieno coinvolgimento dei rappresentanti di Gaza, qualsiasi piano rischia di essere percepito come imposto dall’esterno. “Serve un processo politico che porti a fine occupazione, giustizia per le vittime e autodeterminazione, non una nuova amministrazione coloniale,” ha dichiarato Al-Haq, storica organizzazione per i diritti umani.
l timore tra i palestinesi è che la "Gita" diventi un protettorato internazionale, congelando la situazione senza un vero percorso verso la sovranità. Un protettorato sotto l'egida dell'Onu, sulla carta, ma che, in realtà, sarebbe poi gestito da Stati Uniti e Israele, ritornando a un punto e a capo.
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