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Gaza, la denuncia di Calef e del Gruppo studi ebraici di Torino: "Fame, sete e pallottole per spingere i palestinesi a deportazione indotta"

L’esperto ebreo David Calef accusa: la gestione degli aiuti a Gaza di GHF è un’arma di guerra per affamare la popolazione e spingerla a un’esodo forzato

12 Agosto 2025

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Gaza Fonte: Jehad Alshrafi/AP

Sulla drammatica situazione a Gaza si è pronunciato anche l'intellettuale David Calef, insieme al Gruppo di studi ebraici di Torino, che ha denunciato il genocidio in corso: "Fame, sete e pallottole per spingere i palestinese a una deportazione indotta".

Gaza, la denuncia di Calef e del Gruppo studi ebraici di Torino: "Fame, sete e pallottole per spingere i palestinesi a deportazione indotta"

Parole durissime quelle di David Calef, esperto di emergenze umanitarie e coordinatore nazionale di JCall-Italia, pubblicate sul bimestrale Ha Keillah del Gruppo di studi ebraici di Torino. Nel suo articolo “Fame, sete e pallottole”, Calef accusa il governo israeliano di condurre, sotto il velo degli aiuti umanitari, una strategia mirata a rendere Gaza invivibile, costringendo i suoi abitanti alla fuga.

Secondo Calef, la gestione della crisi umanitaria è stata stravolta a partire dalla fine di maggio, quando la Gaza Humanitarian Foundation – organizzazione privata registrata nel Delaware, guidata dal reverendo Johnnie Moore e finanziata dagli Stati Uniti – ha sostituito le agenzie Onu e le Ong internazionali. I punti di distribuzione sono passati da 200 a soli 4, tutti nel sud della Striscia, lasciando centinaia di migliaia di persone nel nord senza accesso agli aiuti. Nessun sistema di registrazione o identificazione è stato attivato e le razioni distribuite risultano inferiori agli standard minimi di sopravvivenza, con 1.750 calorie in meno rispetto al fabbisogno giornaliero.

Oltre alla scarsità e inadeguatezza dei viveri, Calef denuncia episodi di violenza sistematica durante le distribuzioni: l’esercito israeliano e mercenari statunitensi impiegati dalla GHF sparerebbero regolarmente sulle folle in attesa di cibo e acqua. Le versioni ufficiali parlano di “colpi di avvertimento” contro sospetti, ma testimonianze raccolte da palestinesi, operatori umanitari e giornalisti israeliani indicano un uso deliberato e indiscriminato di cecchini, droni e carri armati contro civili disarmati.

Per Calef, si tratta di un piano coerente con le dichiarazioni di ministri israeliani come Bezalel Smotrich e Gideon Sa’ar, che negli ultimi mesi hanno apertamente sostenuto l’“emigrazione volontaria” dei palestinesi da Gaza per trasformare la costa in un complesso turistico. La recente decisione di Benjamin Netanyahu di occupare militarmente la Striscia, sostiene l’autore, sarebbe l’ultimo passo verso una “deportazione indotta” su larga scala.

La voce di Calef si unisce a quella di una crescente “intifada intellettuale” interna alla comunità ebraica, che chiede la fine delle atrocità e il rispetto del diritto internazionale, nella speranza che non sia troppo tardi per fermare quello che definiscono uno sterminio pianificato.

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