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Due importanti ONG israeliane accusano Israele di genocidio a Gaza per la prima volta dal 7 ottobre 2023: decisione senza precedenti

Senza precedenti: per la prima volta dal 7 ottobre, B'Tselem e Medici per i Diritti Umani-Israele, due ONG israeliane, accusano Israele di genocidio a Gaza

29 Luglio 2025

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Gaza

Roma, 28 luglio 2025: per la prima volta dall'inizio del conflitto scatenato dall'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, due importanti organizzazioni israeliane per i diritti umani hanno accusato apertamente Israele di commettere genocidio nella Striscia di Gaza. B'Tselem e Physicians for Human Rights-Israel (PHRI) hanno pubblicato lunedì due rapporti separati ma convergenti che giungono alla stessa drammatica conclusione: "Israele sta commettendo un genocidio contro i palestinesi".

 

La notizia ha scosso profondamente l'opinione pubblica israeliana e internazionale, rappresentando uno spartiacque simbolico e politico senza precedenti. Mai prima d'ora organizzazioni ebraico-israeliane di tale calibro avevano mosso accuse così gravi contro il proprio Stato, fondato proprio dopo l'Olocausto (seppur le premesse furono lanciate fin dal 1917 con la Dichiarazione Balfour) con la promessa che "mai più" si sarebbe ripetuto un genocidio.

I rapporti: "Il nostro genocidio" e l'analisi medico-legale

B'Tselem ha pubblicato un documento di 88 pagine intitolato "Our Genocide" (Il nostro genocidio), mentre PHRI ha diffuso un'analisi legale-medica di 65 pagine dal titolo "Distruzione delle condizioni di vita: una analisi medica del genocidio di Gaza". Entrambi i rapporti, pur utilizzando metodologie diverse, convergono sulla stessa conclusione: "L'esame della politica israeliana nella Striscia di Gaza e dei suoi orribili risultati, insieme alle dichiarazioni di alti politici e comandanti militari israeliani sugli obiettivi dell'attacco, ci porta alla conclusione inequivocabile che Israele sta conducendo un'azione coordinata per distruggere intenzionalmente la società palestinese nella Striscia di Gaza".

La definizione di genocidio applicata a Gaza

Il rapporto di B'Tselem ricorda che il termine genocidio, secondo la Convenzione ONU del 1948, non si limita al massacro fisico ma è definito come l'intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, attraverso pratiche che includono omicidi, trasferimenti forzati, impedimento alla nascita, distruzione delle condizioni di vita, violenza sessuale e persecuzione culturale.

PHRI, dal canto suo, fornisce un'analisi dettagliata di quello che definisce "lo smantellamento deliberato e sistematico del sistema sanitario di Gaza e di altri sistemi vitali necessari per la sopravvivenza della popolazione", specificando che "questo include attacchi diretti agli ospedali, blocco degli aiuti medici e delle evacuazioni, e l'uccisione e l'arresto del personale medico. Non si tratta di danni incidentali dalla guerra, bensì è una politica deliberata volta a nuocere alla popolazione palestinese come gruppo".

Le voci dai protagonisti: un dolore senza precedenti

La direttrice esecutiva di B'Tselem, Yuli Novak, ha dichiarato durante una conferenza stampa a Gerusalemme: "Nulla ti prepara alla consapevolezza di far parte di una società che sta commettendo un genocidio. Questo è un momento profondamente doloroso per noi. Ma come israeliani e palestinesi che vivono qui e testimoniano la realtà ogni giorno, abbiamo il dovere di dire la verità nel modo più chiaro possibile: Israele sta commettendo un genocidio contro i palestinesi".

Guy Shalev, direttore di PHRI, ha aggiunto una dimensione personale alla denuncia: "Come nipote di un sopravvissuto all'Olocausto, è molto doloroso per me arrivare a questa conclusione. Ma dopo essere cresciuto in una società dove l'Olocausto era così importante, questo richiede una sorta di responsabilità".

La questione dell'intenzionalità: dalle parole ai fatti

Quando i giornalisti hanno chiesto della questione dell'intenzionalità - fondamentale perché il genocidio possa avere spessore legale - Novak ha risposto: "Sappiamo dalla storia che il sistema legale internazionale arriva alle conclusioni con grave ritardo, quando il danno è già stato fatto. Tutti hanno sentito il nostro Presidente, il primo Ministro e il Ministro della Difesa distribuire le colpe di Hamas su tutta la popolazione di Gaza. Li abbiamo sentiti definire, i gazawi, come 'animali umani' e 'amalek', i 'nemici eterni'. Abbiamo sentito le stesse parole poi dai comandanti sul campo, cantate dai soldati: 'non esistono innocenti, Gaza deve essere distrutta'. Abbiamo visto i risultati".

Il contesto internazionale: verso l'isolamento di Israele

Queste accuse si inseriscono in un quadro internazionale sempre più critico verso Israele. Il caso di genocidio intentato dal Sudafrica presso la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) è tuttora in corso, con diversi Paesi che si sono uniti al procedimento. Il 13 luglio 2025, il Brasile ha annunciato ufficialmente di volersi unire al caso del Sudafrica, mentre altri 14 Paesi hanno manifestato l'intenzione di intervenire nel procedimento.

Anche Amnesty International ha concluso nel suo rapporto 2024-2025 che "Israele ha perpetrato il crimine di genocidio a Gaza uccidendo civili palestinesi, causando gravi danni fisici o mentali e infliggendo deliberatamente condizioni di vita con lo scopo di provocare la distruzione fisica della popolazione palestinese".

I numeri del conflitto: una tragedia umanitaria senza precedenti

Secondo i dati più recenti, oltre 61.800 persone sono state uccise dall'inizio del conflitto (59.866 palestinesi e 1.983 israeliani), inclusi 217 giornalisti e operatori dei media, 120 accademici e oltre 224 operatori umanitari. Studiosi stimano che l'80% dei palestinesi uccisi siano civili, mentre uno studio dell'OHCHR ha rilevato che il 70% dei palestinesi uccisi in edifici residenziali erano donne e bambini.

La situazione umanitaria continua a deteriorarsi: il Ministero della Salute di Gaza ha riferito la scorsa settimana che almeno 115 palestinesi sono morti di fame nell'enclave dall'inizio della guerra, la maggior parte nelle ultime settimane.

La reazione israeliana: silenzio e negazione

Il governo israeliano non ha immediatamente commentato i rapporti di B'Tselem e PHRI. In precedenza, Israele come sempre ha negato anche l'evidenza, respingendo le accuse di genocidio con la solita scusa dell'antisemitismo, sostenendo di combattere una guerra esistenziale nel rispetto del diritto internazionale.

Il Ministero degli Esteri israeliano aveva definito un precedente rapporto di Human Rights Watch come "calunnioso", dichiarando che "Human Rights Watch sta ancora una volta diffondendo le sue sanguinose diffamazioni per promuovere la sua propaganda anti-Israele... Questo rapporto è pieno di bugie".

L'impatto simbolico: rompere il tabù israeliano

Il peso simbolico di queste accuse non può però essere sottovalutato. In Israele, fondato all'indomani dell'Olocausto, anche i critici più severi del governo si sono generalmente astenuti dal fare tali accuse. Questo perché il termine "genocidio" colpisce una corda sensibile in Israele, dove gli israeliani crescono imparando dell'Olocausto e sentendo le storie strazianti dei sopravvissuti, promettendo che non sarebbe mai più accaduto.

Fino ad ora, le critiche israeliane allo sterminio del popolo palestinese si sono concentrate unicamente sul modus operandi di Netanyahu e sulle sue decisioni in tempo di guerra, in particolare in relazione al ritardi nel ritorno degli ostaggi. Un esame più ampio della criminale condotta omicida e stragista di Israele a Gaza è stato limitato per molteplici ragioni, incluso il fatto che la maggior parte degli ebrei israeliani serve nell'esercito, rendendo difficile per la maggior parte delle persone immaginare che i loro parenti in uniforme potrebbero star commettendo un genocidio. Ma ormai son giocoforza cadute tutte le barriere di resistenza psicologica e finalmente molti israeliani, seppur con notevole ritardo, stanno iniziando a comprendere quel che sta accadendo al popolo palestinese, e non soltanto a Gaza, ma anche a Gerusalemme Est e in Cisgiordania.

Infatti B'Tselem avverte e accusa che Israele sta già replicando i suoi modelli di distruzione e annientamento anche in Cisgiordania, seppur su scala minore, e che esiste un rischio reale che il genocidio si estenda oltre la Striscia di Gaza. Entrambe le organizzazioni criticano poi duramente la comunità internazionale, che, sia attraverso il sostegno attivo che l'inazione, è complice degli attacchi israeliani su Gaza, e chiedono ai leader mondiali di utilizzare tutti i mezzi disponibili secondo il diritto internazionale per fermare quello che definiscono il genocidio israeliano contro i palestinesi.

Ad ogni modo la pubblicazione di questi rapporti rappresenta una svolta storica nel dibattito su Gaza e sul perenne conflitto Israelo-Palestinese, fin da quando, agli inizi del secolo scorso, gli inglesi pensarono bene di regalare la terra di Palestina agli ebrei sionisti.

Mentre il caso presso la Corte Internazionale di Giustizia continua il suo corso e la pressione internazionale su Israele aumenta, queste voci dall'interno della società israeliana potrebbero rappresentare un punto di svolta cruciale nel modo in cui il conflitto viene percepito sia in Israele che nel mondo.

L'eco di queste importanti e coraggiose denunce risuonerà naturalmente ben oltre i confini della Striscia di Gaza, ponendo interrogativi profondi sulla natura del conflitto, sulla responsabilità internazionale e sul futuro delle relazioni israelo-palestinesi in un momento in cui la tragedia umanitaria raggiunge livelli senza precedenti nella storia moderna del nostro Pianeta.

Di Eugenio Cardi

 

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