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Chatgate, JD Vance critica Trump e obietta al bombardamento degli Houthi, considerati non nell'interesse degli USA

Mentre l'America si interroga sugli interventi militari, l'Europa è diventata il difensore della linea più aggressiva

27 Marzo 2025

Convention del Gop, J.D. Vance candidato vice presidente di Donald Trump, 39enne e senatore dell’Ohio, il tycoon: "Il più adatto"

Fonte foto: @JDCocchiarella

Nello scandalo della chat su Signal riguardante l'attacco allo Yemen, emerge un aspetto interessante: il vicepresidente JD Vance ha esordito dicendo che "stiamo facendo un errore" e ha poi criticato la posizione del presidente Donald Trump, definendola contraddittoria in merito alla difesa degli interessi europei. Questi interventi, resi pubblici a causa dell'errore di includere il giornalista Jeffrey Goldberg nella chat, offrono uno spaccato delle divergenze interne all'amministrazione statunitense e sollevano interrogativi su quanto il tycoon cambierà effettivamente la politica militare americana, al di là della sua retorica ostile nei confronti degli europei.

La critica di Vance si basava su due aspetti. In primo luogo, si è chiesto se il pubblico americano capirà il motivo di questi attacchi. Questa domanda riflette un elemento chiave dei movimenti populisti degli ultimi anni: l'opposizione al fatto che le istituzioni adottino politiche autonome, spesso ignorando l'opinione pubblica. Per anni, dopo l'iniziale fervore a favore di una risposta decisa agli attacchi terroristici dell'11 settembre, il governo di Washington ha condotto numerose operazioni militari nonostante un progressivo calo del sostegno tra gli elettori. Donald Trump ha sfruttato questa frattura tra popolo e classe politica nelle sue campagne elettorali, promettendo che avrebbe smesso di intraprendere guerre, in Medio Oriente e altrove, perché non rientrano nel vero interesse della nazione.

Il vicepresidente articola questo ragionamento in modo chiaro – e, secondo alcuni, anche cinico. Nella chat ha sottolineato che solo il 3 per cento del commercio americano transita attraverso il canale di Suez, mentre per l'Europa la percentuale sale al 40. Dunque, ha accusato il presidente di avere un messaggio "incoerente" nei confronti dell'Europa. Ponte la domanda in modo diretto: perché l'America dovrebbe intraprendere azioni di guerra quando i suoi interessi nel commercio che attraversa il Mar Rosso sono minimi? Sarebbero piuttosto gli europei a dover proteggere se stessi.

Altri membri del gruppo dei "principali" – gli alti funzionari della sicurezza nazionale e della difesa nel governo americano – mostrano invece un atteggiamento più in linea con quello dei repubblicani tradizionali. Il Consigliere per la sicurezza nazionale, Michael Waltz (colui che ha incluso il giornalista per errore), ha affermato che solo gli Stati Uniti hanno la capacità di mantenere aperte le rotte commerciali nel Mar Rosso. Il segretario alla Difesa, Pete Hegseth, si è espresso in termini simili, scrivendo che "siamo gli unici sul pianeta (almeno dalla nostra parte del bilancio) in grado di farlo".

Osserviamo così che, tra gli alti consiglieri di Trump, non domina una visione di ritiro degli Stati Uniti dai conflitti internazionali. E il presidente stesso si dichiara impegnato a mantenere aperte le rotte del trasporto marittimo. Ci si aspetterebbero elogi da parte degli europei e degli internazionalisti in generale per l'operazione contro gli Houthi: il presidente americano, nonostante tutto, si assume la responsabilità di garantire il commercio internazionale. Non è certamente isolazionismo, né un atteggiamento che ignora gli effetti delle sue scelte sull'Europa.

Questa vicenda mette in luce non solo le contraddizioni interne al movimento populista-trumpiano, come evidenziato da Vance, ma anche quelle nella risposta europea al secondo mandato del Tycoon. È pericoloso per l'ordine mondiale quando Trump vuole limitare le operazioni militari degli Stati Uniti? A quanto pare sì: l'insistenza sulla diplomazia con la Russia per raggiungere un cessate il fuoco è accolta con freddezza a Bruxelles, che tuttavia ha dovuto in buona parte accettare il metodo della Casa Bianca. E il personaggio più ostile all'Europa è proprio il vicepresidente Vance, colui che frena gli altri membri della cerchia ristretta di Trump, inclini a interventi militari più decisi in Medio Oriente.

Negli ultimi anni, la politica estera americana è cambiata, sia in risposta alle pressioni popolari sia per il riconoscimento che il vero rivale dei prossimi decenni sarà la Cina. Anche l’Europa ha cambiato approccio, abbracciando e difendendo quelle posizioni interventiste che a Washington ora vanno meno di moda.

di Andrew Spannaus

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