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Sudan, oltre 7mila residenti uccisi dalle Rsf dopo la presa di Al-Fashir, colpiti anche gli ospedali, Msf: "Sistema sanitario al collasso"

Secondo un report, migliaia di donne sono state stuprate e abusate in quella che emerge come una "vera e propria operazione di pulizia etnica", portata avanti dalle Rsf anche durante la fuga dei civili verso Tawila

13 Dicembre 2025

Sudan

Twitter: @UNICEF

The Killing Fields è il nome di una vasta inchiesta condotta da Sky News, Sudan War Monitor e dal pool di giornalismo investigativo The Lighthouse Reports, che documenta i massacri avvenuti ad Al-Fashir, nel nord del Darfur, dopo la caduta della città a fine ottobre, al termine di un assedio durato un anno e mezzo.

A prendere il controllo della città sono stati i paramilitari delle Rsf, le Forze di supporto rapido. I difensori, l’esercito sudanese, avrebbero negoziato la propria fuga, lasciando la popolazione civile in balia delle milizie. L’inchiesta, basata su immagini satellitari, fotografie e video di deportazioni ed esecuzioni di massa diffusi dagli stessi combattenti, ha rivelato che almeno 7000 residenti — ma il numero potrebbe essere molto più alto — sono stati catturati e uccisi in base all’appartenenza a tribù non arabofone.

Sudan, oltre 7mila residenti uccisi dalle Rsf dopo la presa di Al-Fashir, colpiti anche gli ospedali, Msf: "Sistema sanitario al collasso"

Secondo il report, migliaia di donne sono state stuprate e abusate in quella che emerge come una "vera e propria operazione di pulizia etnica", portata avanti anche durante la fuga dei civili verso Tawila, dove è sorto un campo profughi per accogliere decine di migliaia di sopravvissuti. Le immagini satellitari raccolte dallo Humanitarian Research Lab della Yale School of Public Health hanno mostrato nei giorni scorsi vaste fosse comuni — veri e propri campi di sterminio — ricoperte da terra arrossata dal sangue.

Al-Fashir resta isolata, ma l’inchiesta ha avuto almeno il merito di riaccendere, seppur per pochi giorni, l’attenzione sulla disumanità della guerra civile sudanese. Un conflitto che da due anni e mezzo produce massacri ripetuti nell’indifferenza globale. All’inizio di dicembre è emersa anche la strage dell’asilo di Kologi, nello Stato del Sud Kordofan, denunciata dal Sudan Doctors Network. Le Rsf avrebbero colpito deliberatamente la struttura e un vicino ospedale rurale, uccidendo — secondo l’Organizzazione mondiale della sanità — 114 civili inermi, tra cui 63 bambini e 17 paramedici accorsi a prestare soccorso.

Dal mese di aprile 2023 il Sudan è teatro di uno scontro per il potere tra due signori della guerra: il generale Abdel Fattah al-Burhan, capo dell’esercito, e il generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemedti, comandante delle Rsf. Il conflitto prosegue anche grazie al sostegno esterno alle milizie paramilitari, in particolare da parte degli Emirati Arabi Uniti e dei loro alleati regionali — Sud Sudan, Etiopia, Libia orientale, Ciad e Kenya. Secondo diversi osservatori, Abu Dhabi punta su Dagalo per il controllo del Mar Rosso, delle miniere d’oro e dell’agricoltura sudanese, oltre che per contrastare i Fratelli musulmani, alleati di settori dell’esercito in cui cresce il peso delle fazioni islamiste.

In caso di fallimento del progetto di conquista dell’intero Paese — per il quale è cruciale il controllo delle province del Kordofan — Dagalo sarebbe pronto a proclamare l’indipendenza del Darfur, creando uno scenario simile a quello libico, gradito agli Emirati, che in Libia sostengono il generale Khalifa Haftar.

Sul fronte opposto, l’esercito sudanese può contare sull’appoggio di Turchia, Egitto, Arabia Saudita e Iran, interessati a contrastare l’espansione emiratina e a vendere armamenti. In un’intervista ad Al Jazeera, il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdel Ati ha ribadito che il Cairo non accetterà tentativi di divisione del Sudan. 

Accanto alla popolazione continua a operare Medici Senza Frontiere. Nella zona di Abyei, area di confine tra Sudan e Sud Sudan, arrivano civili in fuga dalla guerra che ora incendia il Kordofan, regione contesa per il controllo di petrolio e risorse agricole. La ong riferiscce: "La zona a nord della città di Abyei è diventata un riparo per i civili che scappano con viaggi molto lunghi con l'intensificazione degli scontri. Il sistema sanitario è al collasso e anche i farmaci che ci sono spesso non vengono usati bene, come gli antimalarici. Registriamo ovunque un aumento dei casi di violenza sessuale, spesso sotto stimato. In Sudan i dati di malnutrizione sono impressionanti, molte volte sopra la linea di emergenza della malnutrizione acuta. Cresce la malnutrizione negli adulti, segno ancora più grave della carestia. I tagli degli aiuti sono vergognosi, ma ancor più il fatto che l'appello della crisi umanitaria più grande del mondo è finanziato solo al 24%. Gli effetti si vedranno ancor più l’anno prossimo".

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