05 Maggio 2022
Onorevole Gianfranco Librandi
Ai microfoni di Marco Antonellis per Il Giornale d’Italia Gianfranco Librandi ha ipotizzato di fare concessioni da parte dell’Occidente e dell’Ucraina per ottenere la pace. Per quanto riguarda l’energia, già nel 2014, con un’interrogazione al governo, Librandi aveva sollevato la questione del gas, dallo stock alla diversificazione, tema anche riproposto nell’ottobre scorso insieme ai deputati di Italia Viva al Ministro Roberto Cingolani.
Ci sono partiti come Lega, Conte che tentano di smarcarsi da Mario Draghi sulla politica estera e sulla politica interna. Si è ricreato a tuo avviso un nuovo asse giallo-verde? Ci sono rischi per il governo?
«Non vedo nessun rischio per il governo perché Mario Draghi è un titano dell’economia e della politica. È andato a Strasburgo e si è presentato come colui che, insieme a Macron, riuscirà a rafforzare la voce dell’Europa, trovare una soluzione alla guerra in Ucraina e poi accelerare verso un’Europa dal federalismo pragmatico, unita nelle politiche energetiche, della difesa, migratorie e fiscali».
«Dal mio punto di vista questa guerra è inspiegabile e bisogna cercare di trovare una via d’uscita. Tuttavia, quando si pone una trattativa bisogna essere pronti a fare delle concessioni, prima fra tutte potrebbe essere la concessione del Donbass, ovvero il problema principale del conflitto Russia-Ucraina. Prima delle risorse c’è la pace e la vita dei civili. Non può continuare così, bisogna trovare una soluzione».
Non si rischia però di creare un precedente?
«Non credo. Bisogna agire multilateralmente. Siamo di fronte a una questione eccezionale che va affrontata con cautela e lungimiranza. Ad esempio, un fatto che non capisco è perché Putin voglia il pagamento del gas in rubli, violando i contratti con l’Europa e l’Occidente. Ma se preferisce questa moneta al posto di euro e dollari, accontentiamolo. A breve vorrà tornare sui suoi passi per pagare il debito sovrano ed evitare il default. Perché per una questione di exchange rate dovremmo rischiare di chiudere le nostre aziende e costringere i cittadini europei al freddo. Il nostro obiettivo è uscire gradualmente dalla dipendenza cercando di trovare una soluzione che non traumatizzi la nostra economia. Quindi, chiunque faccia una trattativa con Putin deve essere pronto a concedere qualcosa».
Putin però che cosa concederebbe?
«Con la pace Putin porrebbe fine di fatto a un disegno espansionista e di influenza nell’Est dell’Europa. Lui fin dall’inizio ha sempre dichiarato di volere il Donbass. Il nostro obiettivo è terminare questa guerra e non vedere più morti civili e le armi che sono un veicolo di morte. Zelensky dovrebbe concedere temporaneamente il Donbass ed eventualmente cercare di riconquistarlo con la democrazia. Intanto, concentriamoci sul raggiungere il prima possibile una pace duratura e tendiamo la mano alla Russia per avvicinarla ai nostri valori, immaginando che un giorno un allargamento dell’Unione Europea fino a Mosca, con una Russia pacifica e democratica, possa essere possibile. In tal modo avremo di sicuro un futuro di pace e prosperità per tutti».
«Nel 2014 ho fatto un’interrogazione a risposta immediata al Ministro dello Sviluppo economico del momento - Federica Guidi ndr - nella quale si discuteva del problema del gas, del suo effettivo livello di stoccaggio, valutando anche i mesi di autosufficienza in caso di interruzione da parte dei russi e se il governo avesse una strategia alternativa».
E che ti avevano risposto?
«Il governo prese in considerazione di trovare altri fornitori. L'interrogazione è stata fatta anche l’ottobre scorso e siamo stati i primi a lanciare l’allarme a Roberto Cingolani sullo stato del gas. Vogliamo difendere gli imprenditori e l’economia italiana. Bisogna accelerare sul risparmio energetico e prendere decisioni di emergenza in questo momento di guerra. Eni, come braccio operativo della politica energetica dell’Italia, deve garantire innanzitutto i bisogni di famiglie e imprese italiane, tutelando l’interesse nazionale piuttosto che i profitti di breve periodo o gli azionisti, come nel caso del giacimento di Zohr in Egitto, ceduto per il 30% all’azienda russa Rosneft nel 2016. Per il futuro, ha già detto tutto il Presidente Draghi: nel Vecchio continente occorre un federalismo pragmatico. Energia, difesa, immigrazione e ambiente sono le grandi sfida che potranno essere vinte solo da un’Europa più unita e più forte».
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