23 Ottobre 2025
L'ex riservista dell'Idf Yuval Green è stato intervistato da Piazza pulita. Un'intervista nella quale il 27enne, che è stato 50 giorni sul fronte di Gaza, ha ammesso diversi crimini commessi dall'esercito israeliano: "Abbiamo distrutto un intero Paese. Guardando quelle foto di Gaza, vedi un'apocalisse. E l'ho visto con i miei occhi. Credo che parte di ciò che volevo fare da bambino, fosse diventare un soldato. Ovviamente, è qualcosa di cui si sente parlare fin da piccoli in Israele. Tutti fanno il servizio di leva e senti racconti continuamente. Mio padre ha prestato servizio nell'esercito come ufficiale, quindi io ho prestato servizio principalmente come medico da combattimento nei paracadutisti, principalmente di fronte alla Striscia di Gaza. Sorvegliavo il confine e anche a, Hebron", premette Green.
"In molti posti mi sono sentito come se non fossi dalla parte giusta. Hebron è solo uno di questi. Il modo in cui molestiamo i palestinesi lì, il modo in cui li trattiamo, il modo in cui sono stati sfollati da tutte le loro case in tutti i quartieri vicini alle colonie israeliane... L'equazione di forza è così sbilanciata e quindi ho capito, beh, non sto dalla parte di nessuno che aiuti a fermare il conflitto, come soldato. Stavo per lasciare l'esercito, mi è servito tempo per arrivare a questa conclusione e ho deciso proprio durante le festività prima del 7 ottobre, quindi ho scritto una lettera ai miei amici ma poi è scoppiata la guerra e mi sono ritrovato ad essere un soldato in questa guerra", spiega.
"Dovevo essere a Gaza, credo fosse la decisione giusta in quel momento. È stato abbastanza difficile all'inizio perché l'esercito israeliano non era preparato per una cosa del genere, abbiamo ricevuto equipaggiamenti che erano terribilmente, terribilmente malfunzionanti, eravamo dei novellini. Pochi giorni dopo il 7 ottobre ho pensato "ok li abbiamo scacciati, ora dovremmo firmare un accordo per ottenere il rilascio degli ostaggi", ma Israele non l'ha fatto. Nei primi mesi pensavo che sarebbe finito nel giro di una settimana, non possiamo uccidere i nostri ostaggi, non possiamo combattere a Gaza senza ucciderli, quindi semplicemente non combatteremo a Gaza, giusto? Ovviamente mi sbagliavo di grosso, siamo entrati a Gaza 50 giorni dopo l'inizio della guerra, siamo stati a Khan Younis 50 giorni, sono entrato in case palestinesi e ci abbiamo vissuto, lì ti proteggi dai cecchini, ma puoi trattare quelle case come quello che sono, semplici case di persone innocenti, almeno innocenti fino a prova contraria", aggiunge Green.
L'ex riservista prosegue: "Oppure puoi convincerti che quelle case sono di potenziali terroristi e la maggior parte del mio gruppo distruggeva quelle case per motivi che non erano operativi: facevano graffiti, saccheggiavano per piccoli souvenir, e più i giorni passavano, più le mie preoccupazioni e i miei dubbi crescevano. Sentivo che quello che stavamo facendo diventava sempre peggio. Dopo 50 giorni a Khan Younis il nostro comandante ci ha detto di bruciare la casa in cui eravamo dopo essere usciti. Sono andato da lui e ho chiesto: "Perché stiamo bruciando la casa?". Lui mi ha risposto: "Perché non abbiamo più mine o bulldozer". Era solo il modo più facile per distruggere qualcosa. Israele giustifica sempre tutto ciò che fa per ragioni militari. Abbiamo visto così tanti bulldozer solo per distruggere case, non so chi l'abbia deciso, non ho idea se dietro ci fossero ragioni militari o solo il desiderio di vendetta, e ce n'era tanto, o qualcosa nel mezzo. Fare qualcosa per ragioni militari che non erano sufficienti, ma alla fine lo facevamo, non ci importa delle vite dei palestinesi".
Green conclude: "Come io non sostengo la violenza del mio Paese, chiedo ai palestinesi di non sostenere la violenza della loro parte, di non sostenere la violenza di Hamas. Conoscevo persone che sono morte in questa guerra a causa dell'attacco brutale di Hamas che non è giustificabile. Mi sento in colpa per non esser stato lì prima, avrei dovuto essere lì, non mi sono reso conto di quanto essenziale avrei potuto essere. Quanto essenziale ogni soldato avrebbe potuto essere perché sei abituato a fidarti del tuo esercito. L'esercito si è semplicemente rotto quel giorno, tutto si è sgretolato. Ora il mio rifiuto di essere a Gaza non era solo per proteggere i palestinesi, era anche perché mi importavano gli ostaggi. Stando lì sentivo di ucciderli. Come soldato sul campo non ti dicevano praticamente nulla sugli ostaggi. È stato chiaro quando i soldati israeliani hanno effettivamente ucciso tre ostaggi identificandoli come miliziani in modo sbagliato, in uno scenario che non aveva nessun senso".
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