14 Febbraio 2024
L'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo è stato condannato a un anno e otto mesi nel processo d'appello per la tragedia di Rigopiano, avvenuta il 18 gennaio del 2017 é costata la vita a 29 persone che morirono nell'hotel travolto da una valanga. La decisione dei giudici della Corte d'Appello dell'Aquila è arrivata al termine della camera di consiglio durata quasi 5 ore. Nel processo di primo grado Provolo era stato assolto.
Il disastro risale al 18 gennaio 2017 quando, alle 16.49, una valanga travolse e distrusse il lussuoso resort alle pendici del versante pescarese del Gran Sasso, provocando la morte di 29 persone che si trovavano nell'hotel.
Francesco Provolo, ex prefetto di Pescara, è stato condannato a un anno e otto mesi per falso e omissioni di atti d'ufficio. Condannati anche Enrico Colangeli, tecnico comunale di Farindola, e Leonardo Bianco, ex capo di gabinetto della Prefettura di Pescara. Tutti e tre erano stati assolti in primo grado dal Tribunale di Pescara.
Confermate 22 assoluzioni: ad esempio, le sentenze di condanna del primo grado per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, ai 2 funzionari della provincia, Mauro Di Blasio e Paolo D'Incecco, responsabili della viabilità e pulizia della strada che conduceva al resort. Condanne confermate anche per Bruno Di Tommaso, gestore dell'albergo, deceduto e condannato per falso, reato estinto e Giuseppe Gatto, il consulente che produsse la relazione tecnica, su richiesta della Gran Sasso spa società che gestiva il resort, per tettoie e verande che poi cedettero con la valanga. Confermata anche l'assoluzione per l'ex presidente della provincia di Pescara, Antonio Di Marco.
“Una sentenza che ripaga, seppur in parte, la delusione di quella di primo grado. Certo, non ci sono vincitori né vinti, ma si intravede la luce della verità. Così Alessandro di Michelangelo, fratello del poliziotto Dino Di Michelangelo morto il 18 gennaio del 2017 sotto la valanga.
"Abbiamo l'umore a pezzi ma vogliamo sperare fino alla fine ed essere ottimisti" aveva detto la madre Loredana Lazzari, in attesa della sentenza.
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