11 Novembre 2023
Filippo Giribaldi
Il sostituto procuratore Eugenia Menichetti ha chiesto la condanna per Filippo Giribaldi, il portuale che haucciso Manuel Di Palo, ex militante di CasaPound, con un colpo di pistola in via Polleri, nel centro di Genova, il 25 aprile scorso. Le indagini hanno rivelato che dietro al delitto si celano questioni legate alla droga e alla gelosia. Entrambi i protagonisti, Giribaldi e la vittima, condividevano non solo l'uso di stupefacenti, in particolare crack, ma frequentavano anche la stessa donna. Il pm durante la sua requisitoria, al termine della quale ha chiesto una pena di 24 anni e sei mesi per l’imputato, ha tentato di dimostrare che, nonostante Giribaldi si sia consegnato e abbia collaborato con le forze dell'ordine, merita una pena senza particolari attenuanti per il suo comportamento. L’omicidio, secondo il pm, è stato influenzato da un contesto di grande abuso di droga, smentendo la versione dell'imputato che affermava di essere sul luogo per salvare la donna coinvolta. La difesa, composta dagli avvocati Paolo Scovazzi e Chiara Antola, ha insistito sul fatto che Giribaldi ha sempre ammesso le proprie responsabilità. Hanno sottolineato la mancanza di precedenti penali significativi e l'atteggiamento mite del loro assistito, chiedendo di considerare la particolare dinamica dei fatti di quel tragico giorno. Il processo si è concluso con la sentenza prevista per il 7 dicembre, nella Corte d'assise presieduta da Massimo Cusatti.
Giribaldi è accusato di omicidio volontario, detenzione di arma clandestina, ricettazione, detenzione di cannabis ai fini di spaccio e porto abusivo di un coltello e un tirapugni. Si trova in una cella della casa circondariale di Marassi dal giorno del delitto. L’uomo si era rifugiato in una chiesa vicina a via Polleri e aveva aspettato l’arrivo della polizia insieme a un prete, consegnandosi alle forze dell’ordine e confessando quello che aveva fatto.
La difesa aveva invocato la semi-infermità mentale, sostenendo che il camallo avesse agito sotto effetto di droghe, ma la consulenza psichiatrica disposta dal pm aveva stabilito che era totalmente capace di intendere e di volere al momento dei fatti, pur con la mente disturbata dall’abuso di crack. Giribaldi ha detto di aver ucciso Di Palo dopo aver fumato stupefacenti ininterrottamente per due giorni senza bere né mangiare. Nonostante la confessione dell’omicidio, però, il camallo nelle sue dichiarazioni ha lasciato alcuni punti oscuri. Il più importante riguarda l’arma del delitto: ha riferito di avere trovato la pistola, una Beretta calibro 22, al Righi (zona sulle alture di Genova frequentata dai runner) e di averla nascosta in un cespuglio sul luogo di lavoro in porto perché voleva portarsela dietro quando andava in cerca di droga nei vicoli. Motivo? Difesa personale, perché era stato vittima di svariate rapine.
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