17 Giugno 2023
Dice: ma non puoi essere sempre così negativo, così disfattista, devi trovare il buono, mandare messaggi positivi. Ma io non sono un politico patriota e non sono un giornalista di potere e dei messaggi edificanti me ne fotto. Disfattista, eccessivo? Allora sentite qui: la magistratura voleva arrestare il padre di Manuel, il bimbo di 5 anni morto ammazzato da un bolide pirata guidato da un tossico riconosciuto e schedato in prefettura con su 4 carogne da social che poi hanno filmato la piccola Smart col bambino dentro, agonizzante, già morto, senza un moto di orrore, di ritegno, di vergogna, ridevano e filmavano, volevano far soldi anche dal loro crimine, sono arrivati i genitori e hanno riso con loro, tutto a posto dicevano, adesso sistemiamo tutto, uno è un dipendente del Quirinale e gira col figlio in Ferrari, il figlio ha noleggiato una Lamborghini da 300 all’ora abusivamente da un concessionario che adesso si nega al telefono, i balordi assassini filmavano, ridevano, il padre impazzito di dolore ha fatto per andargli addosso, i vigili dopo due giorni di scorribande potenzialmente omicide sono intervenuti, infine, bloccando il padre, e sui social non si contano quelli che difendono questa giovane feccia con argomenti ignobili, da fare schifo ai cannibali: poteva succedere anche a voi, stavano lavorando, siete rosiconi, nessuno tocchi Caino (ad Abele pisciamogli addosso da cadavere, dai), il tiktoker è una professione dura, non hanno fatto niente di male, li odiate perché si divertivano. Fino all’incredibile commento di un avvocato a difesa: sono ragazzi di buona famiglia. Sì, anche di quelli del Circeo, di Angelo Izzo, si diceva lo stesso. Il classismo cinico e fetido: siccome stanno nel generone in osmosi col potere dovrebbero avere un salvacondotto, una scriminante? Ma ce l’hanno già, nessuno è stato arrestato, il garantismo sacro nel nome di Enzo Tortora impone le sue cautele e le sue liturgie. Anche se Tortora sarebbe stato il primo a odiare questo scempio sul suo nome.
Io sarò anche disfattista, apocalittico, ma so solo che di un piccolo Manuel morto tritato per la “challenge”, la “sfida estrema” di cinque teste di cazzo con troppi soldi e pochi neuroni, non frega davvero niente a nessuno: le solite rotture di coglioni coreografiche dei ciao angelo, i pupazzi, le dita a cuore come le zoccole che vanno a Dubai, adesso, vedrete, le fiaccolate, “mai più mai più”, giustizia non vendetta, io vi perdono ma vi dovete pentire che è la frase ignobile, sciagurata, inventata 30 anni fa dalla figlia di una vittima di mafia e mai più rimossa perché slogan perfetto per l’Italia miserabile nei secoli dei secoli. Ma di quel bambino non importa niente-a-nessuno. Diversamente, assisteremmo a ben altre manifestazioni sociali. Invece ci sono i social. Complici. Invece la società, che sa di essere marcia fino al midollo, pullulante di mostriciattoli come gli assassini di Manuel, non vuol fare i conti con se stessa, si rifugia nel perdonismo pretesco, esorcizza, guarda altrove, i politici opportunisti vorrebbero regolamentare le strade della Rete e quelle di Roma, vorrebbero escogitare nuove fattispecie criminali, nuovi reati che poi nessuno metterà in pratica. Come quando l’allora premier Renzi lanciò il delitto di omicidio stradale, come fosse stato un film per ragazzi, con una coreografia da Zecchino d’Oro o da Corea del Nord, tutti i bambinetti intorno, e dopo un anno c’erano più morti ammazzati sulle strade e il capo della polizia ammetteva: non è servito a niente, solo a infognare i tribunali e a complicare la vita a noi. Ragione per cui hanno fatto la riforma Cartabia che non cancella tanto i reati ma la possibilità di perseguirli con procedure alienanti, con una burocrazia demente.
La società è dissociata, il suo sistema immunitario saltato. Questo è stato il più barbaro, inutile, infame, osceno degli omicidi ma non ha insegnato niente a nessuno, ha solo eccitato i cani rabbiosi, gli opportunisti, i così fan tutti, gli apostoli di Chiara Ferragni, del “duro lavoro” a culo per aria o al volante di un bolide proibito ma esibito su Instagram e TikTok. Con testate come Repubblica che in modo ignobile danno voce ai coinvolti nel crimine fingendo di crederli degli alias come tale “Cristiano F.” (ma certo): “La loro vita è distrutta, non hanno fatto niente di male, non c’è bisogno di insultarli”. Ma sul serio? No, non è la loro di vita ad essere distrutta: è quella di un bimbo e dei genitori che l’hanno perso per un gioco lurido e adesso i criminali cercano ancora di guadagnarci. È vero, non c’è bisogno di insultarli, per questi ci vuole Paul Kersey, il Giustiziere di Charles Bronson.
Per cosa è vissuto 5 anni Manuel, per cosa è morto a 5 anni uscendo dall’asilo? C’è chi ha avuto il coraggio di scrivere: eh, però la madre se l’è cercata, anche lei, viaggiare su una Smart, e poi non ha visto i ragazzi che correvano. Ecco, io questi li andrei a prendere e poi butterei la chiave. Anche per loro. A cosa serve se un piccolino muore schiacciato, annientato in una scatoletta di plastica e metallo e tutti ridono e filmano, sapendo che non rischiano niente? Non li hanno arrestati, non li hanno fermati, ma il pericolo di reiterazione del reato c’è, chi gli impedisce di saltare su un altro missile e ripartire? Solo perché sono “ragazzi di buona famiglia”? Perché hanno gli occhi addosso? Ma questo per certa schiuma disumana è se mai un incentivo, il profilo di uno di questi, detto er Motosega, dopo l’incidente, che non era un incidente ma un crimine, ha raddoppiato i cosiddetti follower. E alla società dissociata e merdosa tutto questo torna comodo perché è il tutti colpevoli nessun colpevole, più siamo e più diventa impossibile processarci, condannarci, anche solo moralmente. Va bene, io sarò negativo, uno che rompe le palle con il suo pessimismo cosmico, ma guardatevi intorno e ditemi se trovate motivi per voler stare in questa fogna che chiamano comunità. Sapendo che potrebbe toccare a voi, a vostro figlio la fine che è toccata al piccolo Manuel, celebrato dagli orsacchiotti e dalle dita a cuore.
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