13 Maggio 2020
fonte foto @pixabay
Bergamo è stata una delle città più tristemente coinvolte dall’emergenza sanitaria per Covid. L’ospedale Papa Giovanni XXIII, il più importante della provincia, è immediatamente diventato il più grande reparto di terapia intensiva d’Europa, arrivando a contare al suo interno fino a 500 pazienti affetti da Covid, ricoverati contemporaneamente.
È qui che i medici hanno deciso di effettuare le autopsie sui pazienti Covid deceduti, seguiti in questa impresa poi anche dall’ospedale Sacco di Milano. Una decisione maturata nonostante le circolari ministeriali vietassero di effettuare autopsie: “Durante l'intera fase di emergenza, nessuna autopsia o esame diagnostico deve essere eseguito su un paziente adulto COVID-19, indipendentemente dal fatto che sia deceduto in un reparto ospedaliero o sia deceduto a casa”.
I medici sono però passati oltre e hanno effettuato le autopsie dalle quali è emerso che il COVID-19 presenta non solo polmonite grave, ma anche altre complicazioni. I medici patologi hanno quindi accertato che il virus può causare trombosi ancor prima che colpisca i polmoni. E la terapia di iperventilazione, in questi casi, può addirittura ritorcersi contro. Pertanto, a seguito di questi risultati sono stati messi in campo ulteriori trattamenti, come quello con l'eparina, un potente anticoagulante, e il Cytosorb, un filtro per la purificazione del sangue.
Molti pazienti infatti, soprattutto all’ospedale Giovanni XXIII, morivano improvvisamente e senza manifestare crisi respiratorie. In realtà ad ucciderli erano proprio le trombosi sulle quali si sarebbe potuto intervenire in tempo se solo fosse stato concesso effettuare sin da subito le autopsie, per capire come il virus si comporta nel corpo che lo ospita e cosa causa.
Man mano che i medici hanno proceduto con le autopsie, emergeva sempre più chiaramente che la maggiore causa di decesso non era l’infezione polmonare ma le complicazioni in seguito all’insorgenza di trombi.
“Più pazienti erano deceduti a causa di trombosi, un evento che spesso si è manifestato dopo la fase più acuta della polmonite, cioè dopo i sintomi più tipici provocati dal Coronavirus", ha spiegato a Il Giornale.it il dott.Gianatti. "La teoria più credibile, oggi, collegata a questa scoperta, è che il virus attacchi alcuni recettori che si trovano proprio lungo i vasi sanguigni. E più in generale che riesca a mettere in moto una serie di effetti che da un certo momento in poi non dipendono più da “lui”, ma ci sono e possono anche essere letali. Siamo ancora in fase di definizione, cioè non ci sono ancora certezze. Tutto va stabilizzato, ma queste sono valutazioni che spettano ai miei colleghi clinici.
La prima casistica di autopsie sui decessi da Covid-19, è stata inserita in uno studio pubblicato il 6 maggio su Annals of Internal Medicine, basata su 12 decessi avvenuti consecutivamente al Centro Medico Universitario di Amburgo- Eppendorf.
Lo studio mostra che in molti casi la causa di morte non è il Covid. Dalle autopsie effettuate per lo studio, è merso che un terzo dei pazienti è morto per embolia polmonare massiva, la cui origine è la trombosi profonda di entrambi gli arti inferiori o dei plessi prostatici.
Quattro pazienti hanno sviluppato un'embolia polmonare massiva, un'embolia derivante da trombosi venosa profonda bilaterale degli arti inferiori e otto hanno sviluppato una polmonite con danno alveolare diffuso. Altri tre pazienti presentavano recente trombosi venosa profonda bilaterale degli arti inferiori senza embolia polmonare e 6 pazienti di sesso maschile presentavano recente trombosi venosa del plesso prostatico.
Dunque, la grande presente nella maggior parte delle morti, anche all’estero, è la trombosi.
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