29 Gennaio 2021
Un Giulio Andreotti inedito, ben diverso dall’immagine di uomo di potere che in molti hanno avuto di lui. Un marito innamorato che scrive alla moglie, che con lei si confida e scherza. E’ un profilo inedito quello che ci viene offerto dal giornalista del Corriere della Sera Massimo Franco, nella nuova edizione del suo libro “C’era una volta Andreotti – Ritratto di un uomo, di un’epoca e di un Paese”, pubblicato nel 2019 a 100 anni della nascita del “Divo”, come aggiornamento di un primo volume risalente al 2008.
L'autore, scavando ancora nell'immenso lascito di una figura unica nel panorama del potere in Italia per longevità, sopravvivenza agli scandali, dimestichezza con gli apparati dello Stato, ha trovato nuovi documenti che ci raccontano sia della sua attività pubblica che sulla sua sfera privata. Nell’opera si raccontano dettagli e retroscena sulla gestione del potere, incontri con personaggi di rilievo. il tutto attingendo dalle più disparate fonti, tutte di primo piano: i diari dello stesso Andreotti e l’archivio apostolico del Vaticano, ad esempio. Proprio da una serie di carte recuperate da quest’ultimo si capisce quanto l’influenza del più volte presidente del consiglio fosse particolarmente forte già a metà del secolo scorso. Basti pensare che, nel dopoguerra, i Savoia si raccomandavano ad Andreotti tramite la Santa Sede e il Vaticano era da lui consultato, anche, per la nomina di un giudice costituzionale. Legami e poteri che non stupiscono nessuno. A lasciare sorpresi è, invece, il lato umano e personale di Andreotti emerso dai carteggi con la moglie Livia, rinvenute dai figli in una busta in una vecchia scrivania. Frammenti di vita da padre lontano dai figli e dalla moglie, mentre, lui impegnato in tutte quelle attività e quegli obblighi che una posizione di rilievo come la sua richiedono. Alla moglie si rivolge chiamandola Liviuccia, altre volte in maniera scherzosa “caro scoglio”, ma sempre in modo affettuoso e sentito ben lontano dall’uomo austero che abbiamo conosciuto.
Ben trecento missive che ci raccontano di in un mondo oramai lontano, nel quale Andreotti non si faceva bastare il telefono per comunicare con la moglie, ma si confidava con lei, coltivando evidentemente anche il piacere della scrittura con la sua calligrafia minuta. Le raccontava minuziosamente le sue giornate: cosa e dove mangiava, chi incontrava, come le venditrici di sigarette che lo salutano calorosamente a piazza San Silvestro. Sullo sfondo della Roma del dopoguerra, spuntano qua e là anche frammenti di storia, come il racconto dell'ictus che colpisce il presidente della Repubblica Giovanni Segni nel 1964 o l'elezione di Papa Paolo VI nel 1963.
Andreotti concludeva la corrispondenza con lei firmandosi a volte Giulio, altre Iulius, in latino, anche sottolineando la firma. Curiosità, indizi, racconti che squarciano il velo su un rapporto durato 60 anni che Andreotti ha tenuto riservato per tutta la vita, e che oggi aiutano a comprendere una personalità complessa e centrale nella storia recente del nostro paese.
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