06 Novembre 2025
Un professore di storia ed educazione civica israeliano, Meir Baruchin, ha denunciato la situazione in cui si è ritrovato nel suo stesso Paese per aver mostrato dissenso nei confronti della politica di Benjamin Netanyahu. L'insegnante è stato infatti arrestato per aver postato sui social dei contenuti pro-Palestina che mostravano le morti dei palestinesi a Gaza. Poi, è stato detenuto per 4 giorni in una prigione di massima sicurezza, in isolamento, mentre le guardie lo umiliavano. Oltre a ciò, appena tornato in libertà, è stato schernito dai suoi studenti, che gli hanno addirittura sputato addosso.
Meir Baruchin, 62 anni, insegnante di storia e educazione civica a Petah Tikva, è diventato il simbolo della repressione del dissenso in Israele. Arrestato e licenziato per aver pubblicato su Facebook post che denunciavano le uccisioni di civili palestinesi a Gaza, Baruchin ha raccontato di essere stato accusato di “tradimento” e “disturbo dell’ordine pubblico”.
Portato in manette nella prigione di massima sicurezza di Moscovia, a Gerusalemme, il docente è rimasto quattro giorni in isolamento, senza libri né contatti con l’esterno. “Mi hanno trattato come un criminale solo perché ho voluto umanizzare i palestinesi”, ha dichiarato. Le autorità hanno sospeso la sua licenza d’insegnamento e gli hanno vietato di lavorare in altre scuole.
Dopo una lunga battaglia legale, il tribunale ha ordinato la sua reintegrazione, ma al rientro è stato accolto da proteste violente di studenti che lo hanno insultato e aggredito. “Mi auguravano la morte, dicevano che i miei figli dovevano morire. Nessuno è intervenuto”, ha raccontato.
Baruchin denuncia una deriva autoritaria nella società israeliana: “Chiunque mostri empatia verso Gaza viene perseguitato, isolato, o perde il lavoro”. Pur condannando gli attacchi di Hamas, sostiene che “nulla può giustificare le atrocità commesse contro i civili palestinesi”.
“Il sogno”, ha concluso, “è che un giorno ebrei e palestinesi possano vivere insieme in pace, dignità e uguaglianza. Ma oggi in Israele, dire questo ti costa la libertà”.
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