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Raid Idf a Doha (Qatar), 6 morti “tra cui due leader di Hamas”, Trump mette le mani avanti: “Iniziativa di Netanyahu”, oggi riunione Onu - VIDEO

Attacco israeliano nella capitale del Qatar, volto a decapitare la leadership di Hamas, anche se fallito. Gli Usa sapevano del raid, ma hanno avvisato in ritardo l'alleato qatariano

10 Settembre 2025

Nel pomeriggio di martedì 9 settembre, Israele ha compiuto un raid con droni e missili su Doha, la capitale del Qatar, prendendo di mira l'edificio in cui la leadership di Hamas stava discutendo, insieme a diplomatici qatariani, una proposta di tregua firmata Usa. A oggi, si contano 6 morti nell'attacco perpetrato dall'Idf, tra cui il figlio di Khalil al-Hayya, Hammam, uno fra i principali leader di Hamas, e Jihad Lubbad, direttore del suo ufficio.
Il presidente americano Donald Trump ha messo le mani avanti sui social: "Gli Stati Uniti sono stati avvertiti da Israele dell'attacco, ma è stata al 100% un'iniziativa del premier Benjamin Netanyahu". Gli Usa avrebbero avvisato il Qatar del raid imminente, ma troppo tardi: le telefonate dell'inviato speciale in Medio Oriente Steve Witkoff sarebbero giunte solamente a offensiva iniziata.
Nella giornata di oggi si terrà una riunione straordinaria delle Nazioni Unite, vista la gravità dell'attacco di Tel Aviv su un Paese sovrano e leader nelle trattative di pace fra Hamas e Israele.

Raid Idf a Doha (Qatar), 6 morti “tra cui due leader di Hamas”, Trump mette le mani avanti: “Iniziativa di Netanyahu”, oggi riunione Onu

Israele ha colpito il cuore di Doha con un raid aereo mirato contro la leadership di Hamas riunita nella capitale del Qatar. Un’azione senza precedenti, condotta dalle forze armate israeliane con la supervisione dello Shin Bet, che ha provocato almeno sei vittime ma non ha centrato l’obiettivo dichiarato: eliminare i vertici politici del movimento palestinese.

Secondo fonti palestinesi, tra i morti ci sono Hamam al-Hayya, figlio del capo negoziatore e leader politico di Hamas a Gaza Khalil al-Hayya, e Jihad Lubbad, direttore del suo ufficio. Con loro sono rimaste uccise tre guardie di sicurezza palestinesi e un ufficiale della Qatari Internal Security Force, che garantiva la protezione della delegazione. La leadership di Hamas – tra cui Khaled Meshaal, Zaher Jabarin e Nizar Awadallah – è invece sopravvissuta, nonostante le prime notizie diffuse da media sauditi parlassero erroneamente della loro uccisione.

L’attacco, definito da Doha “terrorismo di Stato”, rappresenta una violazione flagrante della sovranità del Qatar. Il ministro degli Esteri Majed Al Ansari ha denunciato che gli Stati Uniti avrebbero informato l’emirato “dieci minuti dopo l’inizio delle esplosioni”, smentendo le fonti israeliane secondo cui Doha sarebbe stata avvisata in anticipo. “È stato un atto infido, scoperto solo quando le bombe già cadevano su di noi”, ha dichiarato il primo ministro Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, accusando Israele di minare la sicurezza dell’intera regione.

Il ruolo di Washington è ambiguo. Mentre media israeliani hanno sostenuto che l’attacco fosse stato autorizzato dalla Casa Bianca, lo stesso Donald Trump – citato come mediatore della proposta di tregua discussa a Doha – ha scaricato ogni responsabilità su Benjamin Netanyahu: “La decisione di attaccare il Qatar è stata del premier israeliano e non mia”, ha scritto il presidente su Truth. Ma il fatto che un inviato statunitense, Steve Witkoff, sia stato incaricato di avvisare Doha a raid già avviato solleva pesanti dubbi sulla complicità americana.

Per Hamas, l’attacco non è che un fallimento clamoroso. “Israele non è riuscito a eliminare la nostra delegazione negoziale”, ha dichiarato il movimento, sottolineando che colpire i familiari e i collaboratori dei leader non fermerà la resistenza né il processo politico.

La comunità internazionale reagisce con allarme. Oggi è convocata una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dove Qatar e Palestina denunceranno la violazione della legalità internazionale e il pericolo di una nuova escalation. Israele, isolato, rivendica la piena responsabilità del raid, ma appare sempre più disposto a sabotare qualunque tentativo di tregua.

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