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LaPresse, il Presidente Marco Durante: "Con Barbara d'Urso non aveva più senso continuare il nostro rapporto lavorativo"

Marco Durante, Presidente e fondatore di La Presse, a Il Giornale d'Italia: "Sono stato io stesso ad andare da Barbara per parlarne. È stata una scelta presa in comune dopo anni di contratti molto buoni. Al punto in cui eravamo arrivati ultimamente non aveva più senso continuare"

05 Gennaio 2022

Marco Durante, Presidente e fondatore di LaPresse, racconta a Il Giornale d'Italia i quasi 30 anni di storia della celebre agenzia di stampa, l'incredibile cambio di passo avvenuto durante la pandemia e il suo rapporto con Barbara d'Urso, Jeff Bezos e Joe Biden.

In che modo è cambiato il modo di fare comunicazione nei 28 anni dalla nascita di LaPresse?

In questi anni il modo di fare comunicazione è cambiato tantissimo. Direi che è uno dei settori in cui le strategie aziendali sono cambiate di più. Fino a dieci anni fa avevamo avevamo i rullini fotografici, ora lavoriamo prettamente con i cellulari, sia per girare i video sia per scattare le foto. La tecnologia ha sostituito tantissimo il lavoro degli operatori e dei giornalisti.

E’ cambiata anche la modalità di lavoro: prima i giornalisti scrivevano e basta, ora fanno anche le riprese e le fotografie. La pandemia è stato un momento fondamentale per l’informazione, quella vera, delle agenzie di stampa. Le agenzie di stampa sono andate in prima linea, in trincea, come dico io. I giornalisti andavano sul campo e, a volte, purtroppo, ci hanno anche lasciato la vita. Molti si sono ammalati, anche in maniera grave, e hanno avuto ripercussioni per lungo tempo.

Come è cambiata la comunicazione con la pandemia e quali sono gli errori commessi?

In periodo di pandemia ci sono due tipi di informazione. Quella fatta dalle agenzie di stampa, che è quella vera, e quella sui social, che va controcorrente alla realtà dei fatti. Fin da gennaio 2020, LaPresse ha avvertito l’opinione pubblica che in Cina stava succedendo qualcosa. È stato un momento molto difficile ma se non ci fosse stata quella informazione puntuale da parte delle agenzie ci sarebbero stati più morti di quelli che poi abbiamo avuto. La pandemia, per me, è stata la terza Guerra Mondiale. Io sono stato tra quelli che si sono ammalati e hanno sofferto le conseguenze a lungo.

In piena pandemia LaPresse ha fatto una svolta epocale: abbiamo assunto 67 persone e aperto 18 uffici nel mondo. Quindi, completamente in controtendenza con gli altri settori, abbiamo deciso di estendere la nostra tendenza a livello internazionale. Anche in virtù del nostro rapporto con Associated Press. LaPresse oggi guarda al business worldwild e non solo al mercato Italia. Il nostro mercato purtroppo non è più quello di qualche anno fa.

I giornali, purtroppo, sono in crisi e non possono più pagare le cifre di una volta. La concorrenza con le agenzie porta alcune di noi ad abbassare i prezzi, creando così delle condizioni di mercato che saranno incontrovertibili. Non si potrà più tornare alle condizioni di prima. Chi lo fa non si rende conto della direzione in cui sta andando. Invece sui mercati stranieri, in particolare in America, stiamo facendo dei risultati buonissimi. Considerando che siamo partiti da zero, basandoci solo sull’esperienza, il nostro marchio ha raggiunto obiettivi importanti.

In futuro puntiamo all’informazione come agenzia di stampa ma, soprattutto alla parte video. Quindi realizzando riprese, interviste. Durante le elezioni statunitensi, eravamo gli unici alla Casa Bianca: avevamo l’esclusiva. Abbiamo quindi diffuso le immagini in tutto il mondo. Un aspetto importante del nostro mercato in Italia, è che le aziende vengono da noi per accrescere la propria visibilità all’estero. Esempio fra tutti ITA, la newco nata dalle ceneri di Alitalia, con la quale facciamo un lavoro meticoloso. Allo stesso modo con tante aziende, come Leonardo, Luiss o Stellantis.

In che cosa il mondo della comunicazione italiano può prendere spunto da quello estero e, soprattutto, statunitense?

Io sono considerato molto americano, avendo studiato e vissuto negli Stati Uniti. Ho un modo di pensare molto americano negli affari. Ad esempio, sono stato il primo a cambiare le macchine fotografiche normali con macchine fotografiche che facessero i video. In ambito comunicazione, l’Italia può imparare molto la parte video dagli americani. Noi come LaPresse siamo abbastanza allineati, ma in generale c’è ancora tanto lavoro da fare su questo. Fino a due, tre anni fa in Italia nessuno faceva video, a parte i broadcaster. Ora vengono fatti molto dalle agenzie. LaPresse fornisce La7, Mediaset, La Rai, i telegiornale di Discovery. I nostri ricavi dalle riprese negli ultimi tre anni hanno superato la parte fotografica. Quindi, il video è fondamentale per un’agenzia.

La sezione LaPresse Management and Press Office lavora con moltissimi personaggi dello star system italiano. Ha qualche ricordo legato a questo ambito?

Certo, lavoriamo con moltissimi personaggi dello spettacolo. Da Adriana Volpe che fa l’opinionista a Il Grande Fratello ad Andrea Iannone che ha fatto “Ballando con le stelle”, fino a giornalisti che vanno in televisione. È difficile scegliere un ricordo o una vicenda legata a questa parte di LaPresse.

Sono dinamiche quotidiane, ogni giorno c’è da fare tanto lavoro, a partire dal posizionamento delle personalità con i vari broadcaster o con le varie società che fanno produzione televisiva. Al giorno d’oggi, però, questo mercato non è più florido come una volta perché le televisioni non spendono più i soldi di una volta. Ad esempio, guardiamo come Mediaset ha cambiato il suo palinsesto negli ultimi 20 giorni. C’è molto più spazio per le news che per l’intrattenimento. Quindi i professionisti che in tv facevano intrattenimento si ritrovano ora un po’ spiazzati.

Qualche mese fa Barbara d’Urso ha lasciato LaPresse. Puoi dirmi il motivo?

È stata una scelta presa in comune dopo anni di contratti molto buoni. Abbiamo preso Barbara a una certa condizione economica. È stata un’amica e ci siamo stimati moltissimo. L’ultimo contratto che abbiamo rinnovato con Mediaset era di quattro anni e, intorno a lei, è stato fatto un buonissimo lavoro di comunicazione e di visibilità. Tuttavia, al punto in cui eravamo arrivati ultimamente, non aveva più senso continuare il nostro rapporto di lavoro. Sono stato io stesso ad andare da Barbara a marzo per parlarne. In quel momento lei aveva un contratto in essere e sono sicuro che quando arriverà il momento di rinnovarlo troverà un ottimo agente, essendo lei un talent molto importante. Lei è una grandissima professionista: lavora dalla mattina alla sera e non si tira mai indietro. Purtroppo, quello che potevamo fare insieme l’avevamo già fatto. Mi dispiace molto che attualmente i suoi programmi siano stati messi in disparte. Però non conosco le strategie e non ne so nulla.

Che rapporto ha con Jeff Bezos e Joe Biden?

Ho conosciuto Joe Biden alla Casa Bianca lo scorso 15 agosto. LaPresse ha una sede a Washinghton e gestisce i rapporti della Casa Bianca con il mondo italiano. In quell’occasione ho parlato con Biden per una decina di minuti ma il nostro rapporto finisce lì.
Jeff Bezos, invece, in quanto proprietario del Washinghton Post e socio di Ap, è anche un mio socio. Lo conosco bene, abbiamo rapporti di amicizia e di business. Io lo chiamo scherzosamente “Diabolik”. Riesce sempre a inventarsi delle idee fantastiche in ambito di affari. La pandemia per lui è stato un grande vantaggio, indubbiamente. Il livello economico di Amazon è aumentato tantissimo.

Amazon è stata durante criticata per la gestione della sicurezza dei suoi dipendenti durante la pandemia.

Questo è vero. C'è da dire, però, che Amazon è colosso talmente grande che in ogni paese funziona in maniera diversa. So anche, però, che la società ha chiarito la propria posizione in merito alla gestione della sicurezza. Indubbiamente il fatto che un'azienda di tali dimensioni venga in Italia è un aspetto importantissimo. Purtroppo nel nostro Paese ci sono solo aziende che se ne vanno. Aziende così grandi portano occupazione. Certo, devono abituarsi alla nostra mentalità, che è completamente diversa dal punto di vista lavorativo. Ogni paese ha una sua modalità e l'abbiamo visto bene durante la pandemia. L'Italia ha fatto moltissimo per le aziende italiane e penso che il governo attuale stia lavorando a testa bassa per portare risultati a tutt quanti.

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