28 Maggio 2025
“La scena del crimine era pesantemente alterata. E l’avvocato Tizzoni rifiutò di ascoltare le mie scoperte sulle gemelle Cappa”. Con queste parole il supertestimone Gianni Bruscagin, ha scelto di rivelare la propria identità. Dopo anni di silenzio e anonimato, Bruscagin ha deciso di raccontare pubblicamente i dettagli sul giorno dell’omicidio di Chiara Poggi e comportamenti sospetti della cugina Stefania Cappa, mai indagata.
Si chiama Gianni Bruscagin ed è l’uomo che il pubblico ha imparato a conoscere come il “supertestimone di Garlasco”, protagonista di un’intervista andata in onda su Le Iene, e ora al centro di nuove attenzioni da parte della Procura di Pavia.
Bruscagin ha deciso di rompere l’anonimato dopo essere stato, a suo dire, “pubblicamente diffamato” dall’avvocato Gian Luigi Tizzoni, storico legale della famiglia Poggi. “Ho deciso di metterci la faccia – ha spiegato davanti alle telecamere – perché voglio confutare quanto detto su di me. Non ho nulla da nascondere e non temo la verità”.
Nel cuore del suo racconto ci sono le rivelazioni ricevute da 2 persone oggi decedute e che, secondo quanto riportato, gli avrebbero parlato di comportamenti sospetti tenuti da Stefania Cappa, cugina della vittima Chiara Poggi, il giorno dell’omicidio, il 13 agosto 2007. Secondo quanto riferito, la donna – mai formalmente indagata – sarebbe stata vista in stato di agitazione mentre cercava di entrare nella casa della nonna, portando con sé un borsone.
Bruscagin sostiene che, dopo aver raccolto questi racconti, fu lo stesso avvocato Tizzoni a contattarlo. “Ci siamo visti a casa sua – racconta – e mi ha chiesto aiuto. Quando ho menzionato Stefania Cappa, però, mi ha subito interrotto dicendo che c’era già un’indagine in corso. Non mi suggerì mai di andare dai Carabinieri. Lo feci di mia iniziativa, parlando con un colonnello che conoscevo a Milano”. E proprio quest’ultimo, secondo Bruscagin, lo avrebbe messo in guardia: “Mi disse che rischiavo di finire coinvolto e che chi seguiva il caso non era affidabile”.
A rafforzare la sua testimonianza, Bruscagin ha mostrato per la prima volta alcuni foglietti di carta scritti a mano, risalenti a 18 anni fa, dove annotò minuziosamente ciò che gli venne riferito in ospedale. “Li ho conservati per non dimenticare nulla. Sono appunti presi sul momento, nero su bianco”.
Ma le dichiarazioni più forti arrivano quando accusa apertamente una parte dell’apparato giudiziario e investigativo di aver “pesantemente alterato la scena del crimine”, lasciando intendere che la verità, per motivi oscuri, non sia mai stata veramente cercata fino in fondo. Il riferimento è anche al ruolo delle gemelle Cappa, Stefania e Paola, che secondo il supertestimone avrebbero avuto comportamenti mai approfonditi dalle autorità.
La Procura di Pavia sta ora valutando se e come integrare queste nuove informazioni nel fascicolo riaperto dopo il servizio televisivo. Intanto, Bruscagin si dice pronto a testimoniare nuovamente, stavolta “in piena luce”. “Ho detto per filo e per segno quello che ho vissuto. È la verità. Per questo non ho paura di niente”, ha dichiarato in conclusione.
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