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Altagamma Consumer and Retail Insight: i top-tier trainano il lusso globale, rallenta il segmento aspirazionale per incertezza globale

All’undicesima edizione del Consumer and Retail Insight, Altagamma e BCG tracciano l’evoluzione del lusso: focus sui clienti high-spender e la crisi dei consumatori aspirazionali

08 Luglio 2025

Altagamma Consumer and Retail Insight: i top-tier trainano il lusso globale, rallenta il segmento aspirazionale per incertezza globale

Si è tenuta oggi presso il Centro Congressi di Fondazione Cariplo, a Milano, la undicesima edizione dell’Altagamma Consumer and Retail Insight nel corso della quale è stata illustrata un’analisi qualitativa dei consumatori luxury e dei nuovi trend nel retail.

Dopo l’intervento introduttivo del Presidente di Altagamma, Matteo Lunelli, le evidenze emerse dal True-Luxury Global Consumer Insight (Filippo Bianchi e Guia Ricci, Boston Consulting Group) e dal Luxury Retail Evolution (Luca Solca, Bernstein) sono state commentate insieme a Stefania Lazzaroni, Direttrice Generale di Altagamma, da Valeriano Antonioli, CEO di Lungarno Collection, Enrico Galliera, Chief Marketing & Commercial Officer di Ferrari, Luca Lisandroni, CEO di Brunello Cucinelli e Nicolas Luchsinger, CEO di Buccellati.

Il processo di democratizzazione ha generato una crescita straordinaria, con i consumatori aspirazionali che sono arrivati a rappresentare oltre il 74% del valore complessivo del mercato. Questo segmento sta ora mostrando alcune fragilità e, pur rappresentando ancora il 61% del mercato di alta gamma, registra una riduzione di 13 punti percentuali rispetto al 2013. Fra le cause vi è certamente il calo del potere d’acquisto dovuto alla situazione globale di incertezza e alla crisi geopolitica.

I clienti top-tier, con una spesa di oltre 50.000 euro l’anno in beni e servizi di lusso, sono oggi i veri protagonisti del mercato: non solo in  categorie come yacht o jet (in cui rappresentano la totalità del segmento) ma in una ampia varietà ampia di acquisti che includono design, vini e distillati, auto, benessere, orologi e gioielli che costituiscono la maggior parte del valore del loro consumo. Con una predilezione per il lusso esperienziale e per il nuovo trend  “health as wealth” che considera il benessere, l’estetica e la cura degli spazi personali come dimensioni prioritarie tanto che si prevede un aumento della spesa intorno al 10% nei prossimi 18 mesi.

Le parole di Matteo Lunelli

“Il profilo del cliente di alta gamma è in continua evoluzione e i brand sono chiamati ad elaborare strategie più personalizzate, coinvolgenti e  mirate”, dichiara Matteo Lunelli, Presidente di Altagamma. “Lo studio BCG evidenzia che il 35% dei  consumatori aspirazionali hanno diminuito gli acquisti, a causa della perdita di potere di spesa e della flessione dei consumi in Cina. Dall’altra parte, il segmento più alto della piramide, che rappresenta lo 0,1% del totale in termini numerici, ha incrementato la propria spesa arrivando a generare il 37% in valore. Per i prossimi 18 mesi i consumatori aspirazionali dichiarano per il 75% di mantenere invariata o di incrementare la propria spesa e questa percentuale sale all’85% per i clienti top-tier. Per cogliere questa opportunità le aziende dovranno continuare ad investire su una relazione sempre più personalizzata ed efficace  con i clienti, a consolidare il rapporto di fiducia con gli stessi fondato su una solida  condivisione di valori e a far leva sull’eccellenza delle proprie creazioni e dei propri servizi innovativi”. 

Emerge, dall’analisi dei consumatori top-tier, ciò che viene richiesto oggi ai brand del lusso: connessione, intimità, eccellezza, riconoscimento.

Focus consumatori

L’indagine True-Luxury Global Consumer Insight è stata presentata da Filippo Bianchi, Managing Director e Senior Partner, Global Head of Luxury, e Guia Ricci, Managing Director e Partner di Boston Consulting Group.

Per gli esperti di Boston Consulting Group:

"Guardando alla genesi dei brand del lusso a partire dal 1800, il lusso era riservato a pochi. Ma nel corso degli ultimi 50 anni, gran parte del settore ha sacrificato l’esclusività per la scala, la stabilità per la volatilità. I consumatori aspirazionali, che 15 anni fa rappresentavano circa il 75% del mercato, oggi sono scesi al 60%, e il 35% di loro dichiara di aver ridotto la spesa in beni di lusso negli ultimi 18 mesi. Le conseguenze sono chiare: i brand che contano più della metà della propria clientela tra gli aspirazionali registrano i cali più marcati, con performance nettamente inferiori negli ultimi 12 mesi. Al contrario, quelli che sono rimasti fedeli al proprio ‘core’, ovvero i clienti top-tier (lo 0,1% dei clienti che genera il 37% del valore del mercato del lusso –inclusivo di beni personali, esperienziali e mobilità di lusso come auto, yachts), non solo resistono alla crisi: prosperano." Afferma Filippo Bianchi, Managing Director e Senior Partner, Global Head of Luxury di BCG.

" Il futuro del lusso? Riparte dal “core”, dai fondamentali. I clienti più importanti del lusso chiedono meno invasività e caos comunicativo e più personalizzazione. Il 60% si sente sopraffatto da un marketing eccessivo e impersonale: in media, interagiscono attivamente con 57 brand e ricevono 40-50 comunicazioni al mese. L’80% desidera spazi esclusivi e intimi, non esperienze retail standardizzate e affollate. Il 90% considera la qualità del prodotto un elemento imprescindibile – e c’è ancora spazio per rafforzare artigianalità e trasparenza lungo la filiera. Rafforzare il settore del lusso significa tornare a ciò che lo ha reso straordinario fin dall’inizio, soprattutto per i clienti top-tier: connessioni profonde, intimità, qualità e fiducia." Aggiunge Guia Ricci, Managing Director e Partner di BCG.

Evidenze emerse dallo studio 

Uno scenario in trasformazione: il rallentamento dei consumatori Aspirazionali

Nel 2024, il segmento dei beni personali di lusso ha registrato una contrazione dell’1%, la prima dopo la crisi del 2008 (Covid escluso). Le cause? Un mix di tensioni macroeconomiche, calo della domanda cinese e un marcato ritiro dei consumatori Aspirazionali – coloro che spendono meno di 5.000 euro l’anno in beni e servizi di lusso.

Circa il 35% degli Aspirazionali ha ridotto o sospeso gli acquisti di lusso nell’ultimo anno, con picchi del 45% in Cina e del circa 30% in Europa e Stati Uniti. Le principali ragioni sono l’aumento dei prezzi percepiti come ingiustificati, una minore percezione di valore e maggiore cautela finanziaria. Questo segmento, un tempo motore della democratizzazione del lusso, rappresenta oggi il 61% del mercato, in calo di 13 punti percentuali rispetto al 2013 (74%).

I clienti top-tier: pochi ma determinanti

I veri protagonisti della ripresa sono i consumatori top-tier, definiti come coloro che spendono oltre 50.000 euro l’anno in beni e servizi di lusso. La loro spesa media annua nel lusso è di 360.000 euro su categorie di lusso personale[1], ospitalità, design, vini e distillati, e di 500.000 euro includendo anche auto di lusso e benessere/longevità. Rappresentano appena lo 0,1% della clientela globale, ma generano oltre il 37% della spesa complessiva del mercato del lusso (23% se si escludono le categorie mobilità di lusso, benessere e longevità). Questi clienti non solo detengono il 100% del valore di mercato di categorie come yachts/jets, ma una quota di mercato particolarmente rilevante in settori come il design e arte (71%), i vini e spirits (66%) e i beni iconici del lusso personale come gioielli e orologi (34%).

Nel nuovo contesto post-pandemico e post-democratizzazione, questi clienti guidano la crescita soprattutto in categorie ad alto contenuto esperienziale: design, arte, benessere/longevità, enogastronomia, hotellerie, auto di lusso. Non a caso, le categorie con maggiore slancio futuro sono quelle legate alla visione “health-as-wealth”, che integra estetica, benessere e valore personale, per cui è previsto un’aumento della spesa del 10% nei prossimi 18 mesi

Nuove geografie e nuovi comportamenti

Lo studio evidenzia che la ricchezza globale sta crescendo e si sta diversificando: mentre il Nord America resta il baricentro degli HNWI (High Net Worth Individuals), si affermano nuovi bacini in India e Sud-est asiatico. La popolazione HNWI globale ha superato i 940.000 individui e si prevede una crescita di questo target con un CAGR del 9% in termini di numero e dell’8% in termini di patrimonio entro il 2030.

I clienti top-tier non si distinguono solo per capacità di spesa, ma anche per aspettative: richiedono connessione personale, intimità, eccellenza artigianale e riconoscimento. Tuttavia, molti non si sentono adeguatamente serviti. Il 65% si dichiara sopraffatto da comunicazioni eccessive e impersonali, l’80% chiede spazi esclusivi e riservati in boutique e solo due dei nove brand presso cui acquistano abitualmente li riconoscono come clienti ad alto potenziale. Il 70% dei potenziali clienti, infatti, non viene intercettato dalle aziende a causa di sistemi CRM e segmentazioni non abbastanza sofisticate.

Ricominciare dal “core”

Lo studio invita i brand a ricentrarsi sul “core”: il futuro del lusso si costruisce partendo dalle origini, mettendo i clienti top-tier al centro. Non è tempo di rincorrere il volume, ma di riscoprire la precisione, la relazione e la personalizzazione. I brand che sapranno ricentrare la propria strategia sul consumatore core del lusso e le sue esigenze  saranno quelli che guideranno il nuovo corso del settore.

Definire e offrire valore per il cliente top-tier: quattro principi fondamentali per i brand Per conquistare i clienti di fascia alta, le aziende devono puntare su quattro principi fondamentali spesso trascurati, ognuno legato a punti critici comuni e azioni concrete:

  • Rimettere al centro la relazione 1:1 con il cliente, guidata dal client Advisor ma potenziata da GenAI

Problema: Comunicazioni generiche, non personalizzate e troppo numerose.

Azione: Favorire il clienteling guidato dall’interazione umana, potenziato dalla GenAI, per offrire una personalizzazione su larga scala.

  • Rimettere al centro l’esperienza del cliente

Problema: Ambienti di vendita impersonali e sovraffollati.

Azione: Realizzare spazi esclusivi e curati, offrendo esperienze fluide e coerenti attraverso tutti i canali, anche fuori dalla boutique

  • Rimettere al centro la qualità del prodotto

Problema: Erosione del valore percepito dovuta all’industrializzazione del lusso.

Azione: Integrare verticalmente i fornitori chiave per garantire eccellenza e artigianalità.

  • Rimettere al centro l’identificazione del cliente

Problema: Clienti ad alto potenziale non intercettati causa di una segmentazione obsoleta o mono-variabile basata sulla spesa.

Azione: Sofisticare i sistemi CRM con dati  “enriched” e modelli di segmentazione avanzati.

Focus Retail

Lo studio REINVENTING MULTI-BRAND RETAIL, indaga l’evoluzione e le prospettive delle strategie retail delle imprese di alta gamma. Il retail monomarca ha conosciuto, a partire dal 2010, un impetuoso sviluppo: la sua crescita si è concretizzata in negozi di dimensioni sempre maggiori, differenti tra città e città, e piu strettamente coerenti con il DNA del marchio. La distribuzione online non ha cambiato questa tendenza, con i grandi marchi che dominano internet con i loro siti brand.com. 

Diversa la traiettoria di sviluppo del multi-marca, al centro dell’edizione di quest’anno dello studio, che esplora questo canale ed individua alcuni possibili attori protagonisti per estrarne valore.

Le parole di Luca Solca

Sono anni che discutiamo di retail mono-marca nel lusso” dice Luca Solca, Managing Director, Head of Global Luxury Goods di Bernstein. “Il successo di questo canale è indiscutibile e non risulta scalfito dall’avvento della distribuzione multicanale. Mi sembra più interessante parlare quest’anno della distribuzione multi-marca. Della sua crisi, e del suo possibile futuro. La collaborazione di Amazon e Saks, le innovazioni di Seibu in Giappone, e gli sviluppi di Inditex sono tra gli sviluppi piu interessanti”.

I multi-marca tradizionali – grandi magazzini e boutique indipendenti – stanno vivendo con ogni evidenza un declino speculare alla crescita in potenza del retail mono-marca, in particolare se il focus di analisi è rivolto ad abbigliamento ed accessori. I marketplaces online sono arrivati con grandi ambizioni, ma nella gran parte dei casi hanno dato esiti fallimentari.

Il risultato è che la scelta per i consumatori si è molto ridotta, cosi come i canali distributivi disponibili per marchi piu piccoli senza la forza di sostenere una presenza retail mono-marca. Internet non risolve il problema, perche se è facile trovare brand conosciuti, è molto difficile scoprire qualcosa che invece non si conosce. La partita per reinventare il retail multi-marca abbigliamento è aperta. Ci sono i players tradizionali che tentano di milgiorare il formato “department store” tradizionale – molto interessante in questo ambito il nuovo negozio di Seibu Ikebukuro, cosi come Maxwell’s negli USA. Ci sono i mass fashion players – come Inditex – che stanno con successo espandendosi nel segmento premium. Ci sono infine nuovi players – giganti internet come Google o Amazon – che ciascuno a suo modo sta cercando una via. Molto interessante l’ibrido Amazon + Saks. Senza dimenticarsi dei grandi mass marketers online cinesi, come Shein o Temu.

Altre evidenze emerse dallo studio

  1. Il declino del retail multibrand tradizionale
  • I grandi magazzini statunitensi si sono consolidati e ridotti
  • Le boutique indipendenti europee hanno limitato il loro raggio d’azione
  • Anche i grandi magazzini giapponesi hanno dovuto cambiare strategia

Le formule tradizionali di department store e boutique multibrand, sia in Occidente che in Giappone, si trovano in difficoltà strutturale, nonostante la presenza in location ad alto traffico.

  1. I modelli digitali non hanno retto la sfida
  • Le piattaforme online multibrand non sono riuscite a costruire modelli sostenibili
  • I piani di Farfetch per dominare il mercato sono falliti

I tentativi di piattaforme digitali “neutrali” come Farfetch o altri marketplace generalisti non hanno costruito modelli sostenibili né per i retailer né per i brand.

  1. L’ascesa del monobrand ha ridotto l’offerta di fascia media
  • La diffusione dei negozi monomarca ha ridotto la scelta per i consumatori di fascia media
  • I brand di fascia media faticano a scalare con un modello monomarca
  • I marchi specialistici di fascia media appaiono promettenti all’inizio, ma diventano presto banali

La polarizzazione tra lusso e fast fashion ha eroso lo spazio per marchi intermedi, che non riescono a scalare né a difendere la propria distintività.

  1. Eccezioni e “category killers” I campioni della categoria multibrand continuano a prevalere in altri segmenti…
    • …nella cosmetica(es. Sephora, Ulta)
    • …nell’occhialeria(es. EssilorLuxottica)
    • …nell’orologeria(es. Rolex/Bucherer)
    • …nella calzatura(es. Level Shoes)

In alcune categorie specifiche, modelli multibrand iper-specializzati hanno prosperato grazie a forti economie di scala, consolidamento e competenze di categoria.

  1. Chi potrebbe plasmare il futuro del retail multibrand?
  • Attori già affermati con una specializzazione nell’abbigliamento maschile
  • Grandi magazzini giapponesi con un nuovo approccio espositivo
  • Retailer fast fashion con potenziale per salire di fascia (es. Zara, Shein, Temu)
  • I giganti del web (Google, ChatGPT)
  • Retailer ibridi fisico-digitale (es. Saks, Rebag, Amazon)

Il futuro del retail multibrand potrebbe essere guidato da attori ibridi, big tech, nuovi formati dipartimentali o retailer fast fashion che scalano verso l’alto.

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