16 Dicembre 2025
Molti medici volontari che vogliono recarsi a Gaza per cercare di portare cure ai più bisognosi stanno denunciando di essere rimasti in Israele a causa di un vero e proprio "blocco" specifico per i sanitari stranieri. I chirurghi hanno dichiarato: "Siamo stati respinti alla frontiera senza spiegazioni, noi vogliamo solo aiutare i 40 mila feriti della Striscia. Tel Aviv vuole far collassare il sistema sanitario già precario di Gaza".
Israele sta impedendo l’ingresso a Gaza di chirurghi statunitensi e di altri Paesi, nonostante decine di migliaia di palestinesi vivano con ferite di guerra catastrofiche e il sistema sanitario dell’enclave sia ormai al collasso. Lo rivela un’inchiesta del Washington Post, che documenta come medici specializzati in traumi, ortopedia e chirurgia ricostruttiva siano stati respinti senza spiegazioni dalle autorità israeliane.
Secondo il quotidiano, diversi chirurghi che in precedenza avevano lavorato a Gaza trattando casi di feriti di massa — e che avevano poi testimoniato pubblicamente sugli effetti dei bombardamenti israeliani — si sono visti negare l’accesso. Una decisione che arriva mentre oltre 40 mila palestinesi necessitano di interventi complessi, amputazioni, cure riabilitative e assistenza a lungo termine, in un territorio dove ospedali, cliniche e ambulanze sono stati in larga parte distrutti o resi inutilizzabili.
Le Nazioni Unite hanno più volte denunciato la situazione sanitaria a Gaza come una catastrofe umanitaria senza precedenti. Una commissione Onu ha affermato che le azioni israeliane nell’enclave presentano elementi compatibili con il crimine di genocidio, mentre il numero delle vittime ha superato le 70 mila persone uccise, in gran parte donne e bambini, secondo fonti locali e internazionali. Con i giornalisti stranieri quasi totalmente esclusi dalla Striscia, le équipe mediche internazionali rappresentano una delle poche fonti indipendenti in grado di testimoniare direttamente la portata della distruzione.
Proprio per questo, sottolinea il Washington Post, il blocco imposto ai medici assume un significato che va oltre l’aspetto sanitario. Impedire l’ingresso di chirurghi specializzati non solo priva migliaia di feriti di cure salvavita, ma riduce anche la presenza di osservatori qualificati in grado di documentare le conseguenze umanitarie delle operazioni militari.
Le organizzazioni mediche internazionali denunciano che molti pazienti, soprattutto bambini, rischiano amputazioni evitabili o la morte per infezioni e complicazioni trattabili. La mancanza di anestesisti, chirurghi vascolari e fisioterapisti rende impossibile persino una minima riabilitazione. Nonostante le ripetute richieste di accesso umanitario, Israele continua a limitare l’ingresso del personale sanitario straniero, aggravando una crisi che, secondo medici e operatori umanitari, potrebbe segnare un’intera generazione di sopravvissuti.
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