27 Novembre 2025
Fonte: Politico
L'attentato al ponte di Crimea dell'8 ottobre 2022 ha finalmente dei mandanti e degli esecutori chiari. Il tribunale russo di Rostov sul Don ha infatti condannato gli otto imputati all'ergastolo, ritenendo che l'attacco, che è costato la vita a cinque persone, è stata "un'operazione dei servizi segreti ucraini", che avrebbero fabbricato l'ordigno a Kiev e lo avrebbero caricato su un camion di un lavoratore a sua insaputa.
Otto ergastoli per l’attentato al ponte di Crimea dell’8 ottobre 2022. La corte di Rostov sul Don ha condannato tutti gli imputati ritenuti coinvolti nell’esplosione che causò la morte di cinque persone e gravi danni all’infrastruttura strategica che collega la penisola di Crimea alla Russia continentale. Secondo la ricostruzione fornita dagli investigatori russi, l’ordigno era stato preparato in Ucraina e poi introdotto clandestinamente in territorio russo, nascosto all’interno di un camion caricato all’insaputa del conducente.
L’esplosione, avvenuta nelle prime ore dell’8 ottobre, fu inizialmente attribuita a un razzo, ma l’ipotesi venne presto superata dalle indagini russe che puntarono sulla pista dell’autobomba. L’onda d’urto e l’incendio successivo distrussero parte della carreggiata stradale, compromettendo temporaneamente la viabilità del ponte di Kerch. Nello scoppio morirono il camionista e quattro persone che si trovavano nell’auto vicina.
Mosca ha sempre sostenuto il coinvolgimento diretto dei servizi segreti ucraini. E la tesi russa ha trovato, mesi dopo l’attentato, una parziale conferma quando alcuni funzionari ucraini, tra cui il capo dell’intelligence Sbu Vasyl Malyuk, avevano rivendicato l’operazione come un’azione legittima contro un obiettivo militare russo. Per il tribunale di Rostov, proprio Malyuk sarebbe stato l’ideatore del piano: l’ordigno sarebbe stato assemblato in Ucraina, trasferito oltreconfine attraverso una rete logistica clandestina e poi consegnato a intermediari incaricati di caricarlo su un camion diretto in Crimea. Il conducente, secondo la versione ufficiale russa, non sapeva nulla del carico letale.
L’attacco al ponte scatenò una delle reazioni più dure di Vladimir Putin, che due giorni dopo ordinò i primi bombardamenti sistematici contro le infrastrutture energetiche ucraine. Una campagna che, a distanza di tre anni, continua a colpire centrali, impianti elettrici e reti di distribuzione, considerati da Mosca obiettivi strategici in un conflitto che resta ad alta intensità.
Con la sentenza di oggi, la giustizia russa ribadisce la propria lettura dell’attacco: un atto di terrorismo organizzato da Kiev e punito con il massimo della pena.
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