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“Gaza Riviera”, il piano di Trump: deportazione dei palestinesi in cambio di token digitali e costruzione fino a 8 città basate su AI – IL DOCUMENTO

Il progetto implicherebbe la deportazione di oltre 2 milioni di persone, definite nel testo come “partenze volontarie”, verso altri Paesi o in aree abitative temporanee all’interno della Striscia. Gli abitanti che accettassero di lasciare Gaza riceverebbero un pacchetto di 5.000 dollari, quattro anni di sussidi per l’affitto e un anno di sussidi alimentari. Previsto anche un hub industriale intitolato a Elon Musk e un’amministrazione fiduciaria statunitense di almeno 10 anni

03 Novembre 2025

"Gaza Riviera", il piano post-guerra di Trump: Striscia spopolata, centro per Amazon e Tesla e sotto controllo Usa per 10 anni - IL DOCUMENTO

Gaza Riviera e Trump

Un documento di 38 pagine svela nei dettagli il piano per la Gaza del dopoguerra che mira a trasformare l’enclave devastata dal genocidio in una scintillanteGaza Riviera”, secondo la visione del presidente Donald Trump. Il progetto, al vaglio della futura amministrazione repubblicana, prevede la deportazione di massa della popolazione palestinese – sotto forma di “trasferimento volontario” – in cambio di token digitali e la costruzione di 6/8città intelligenti basate sull’intelligenza artificiale”. Previsto anche un hub industriale intitolato a Elon Musk e un’amministrazione fiduciaria statunitense di almeno 10 anni.

“Gaza Riviera”, il piano di Trump: deportazione dei palestinesi in cambio di token digitali e costruzione fino a 8 città basate su AI

Il piano, intitolato Gaza Ricostituzione, Accelerazione Economica e Trasformazione Fiducia – acronimo GREAT Trust – mira a realizzare la controversa visione della “Gaza Riviera” di Donald Trump, trasformando la Striscia in un centro turistico e tecnologico. Secondo il documento, Gaza rimarrebbe sotto la fiducia degli Stati Uniti per circa un decennio, “fino a quando una politica palestinese riformata e deradicalizzata non sarà pronta a mettersi nei suoi panni”.

Il progetto, rivelato dal Washington Post, implicherebbe la deportazione di oltre 2 milioni di persone, definite nel testo come “partenze volontarie”, verso altri Paesi o in aree abitative temporanee all’interno della Striscia. Gli abitanti che accettassero di lasciare Gaza riceverebbero un pacchetto di 5.000 dollari, quattro anni di sussidi per l’affitto e un anno di sussidi alimentari. Il piano calcola che il 25% della popolazione sceglierebbe di trasferirsi altrove e che, di questi, il 75% non farebbe ritorno.

Gli autori sostengono che “questo metodo avrebbe risparmiato 23.000 dollari su ogni trasferimento palestinese rispetto ai costi di sostegno a coloro che rimangono all'interno di Gaza”. In nessun punto del documento, tuttavia, si affrontano le implicazioni sul diritto internazionale o l’opposizione palestinese e araba al trasferimento di massa, né viene menzionata la prospettiva di uno Stato palestinese indipendente.

Secondo quanto riportato, il piano è stato sviluppato da alcuni degli stessi israeliani dietro la Gaza Humanitarian Foundation (GHF), organizzazione sostenuta da Stati Uniti e Israele e già criticata dalle Nazioni Unite per essere stata “sfruttata per programmi militari e geopolitici segreti in grave violazione del diritto internazionale”.

Il GREAT Trust prevederebbe inoltre la concessione al trust del 30% dei terreni pubblici di Gaza per un periodo fino a 99 anni, utilizzati come base patrimoniale per generare “flussi di entrate autogenerantistimati in 300 miliardi di dollari. Il documento afferma che “la ricostruzione aumenterà anche il valore di Gaza di 324 miliardi di dollari e migliorerà notevolmente la qualità della vita”.

Gli autori assicurano che non saranno necessari fondi federali, ma che l’intero piano sarà sostenuto da investimenti pubblici e privati in “mega-progetti”: dai data center alle fabbriche di veicoli elettrici, fino agli appartamenti di lusso e alle località balneari. Tra questi è previsto anche un hub produttivo intitolato a Elon Musk.

I palestinesi che lascerebbero la loro terra riceverebbero ungettone digitale” – o token dal GREAT Trust in cambio del diritto di sviluppo della proprietà, che potrà essere riscattato per “la proprietà di residenze ricostruite”. Lo “stato finale” del piano sarebbe l’“autogoverno” di Gaza nell’ambito degli Accordi di Abramo, quadro diplomatico che lega diversi Paesi arabi a Israele.

Il Dipartimento di Stato e la Casa Bianca non hanno risposto alle richieste di commento della CNBC.

Donald Trump aveva già evocato la sua visione di una “Gaza Riviera” a febbraio, provocando reazioni immediate nel mondo arabo. Arabia Saudita, Giordania ed Emirati Arabi Uniti hanno espresso condanna e sorpresa di fronte a quella che molti osservatori considerano una proposta di “ingegneria demografica mascherata da sviluppo economico”.

Mentre i gruppi per i diritti umani continuano ad accusare Israele di “pulizia etnica e genocidio a Gaza”, accuse che il governo israeliano, ovviamente, nega con forza. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha invece elogiato l’idea di Trump, definendola “una visione pragmatica per la sicurezza e la prosperità regionale”. Infatti, questo piano sarebbe totalmente a favore di Usa e Israele, mentre ai gazawi non resterebbe nulla della loro terra.

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