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Gaza Humanitarian Foundation, Usa e Israele cedono nel "piano di pace" per Striscia: smantellamento Ghf, al suo posto Onu e Mezzaluna Rossa

La bozza dell’accordo di Sharm el-Sheikh restituisce all’Onu il controllo sugli aiuti a Gaza e mette da parte la società monopolista con bandiera americana Gaza Humanitarian Foundation voluta da Israele e Usa, colpevole di crimini di guerra

08 Ottobre 2025

Gaza, oltre 170 ong chiedono chiusura Ghf: "Alternativa mortale per distribuzione aiuti, non protegge civili né soddisfa bisogni di base"

Fonte: X, @MiddleEastEye

Il "piano di pace" proposto dal presidente americano Donald Trump apporterebbe una vera e propria rivoluzione a Gaza. Non solo un cessate il fuoco, il rilascio di ostaggi e detenuti da ambo le parti e una revisione politica e militare, ma anche lo smantellamento della Gaza Humanitarian Foundation. La società statunitense fortemente voluta dallo stesso Trump e dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, a oggi monopolista nel distribuire gli aiuti umanitari nella Striscia, sarebbe infatti liquidata. Al suo posto rientrerebbero organismi indipendenti dagli Stati, come l'Onu e la Mezzaluna Rossa.

Gaza Humanitarian Foundation, Usa e Israele cedono nel "piano di pace" per Striscia: smantellamento Ghf, al suo posto Onu e Mezzaluna Rossa

Da Sharm el-Sheikh arriva un segnale di possibile svolta nella gestione della crisi umanitaria di Gaza. Nelle bozze dell’accordo, trapelate durante le trattative, emerge infatti la decisione di sradicare la Gaza Humanitarian Foundation, la società americana, ma fortemente voluta anche da Israele, accusata di aver gestito gli aiuti in modo parziale e politico, escludendo le agenzie internazionali riconosciute.

Come Il Giornale d'Italia ha anticipato, la Ghf è stata progettata dalla società di consulenza strategica americana Boston Consulting Group sotto richiesta dell'intelligence e degli alti gradi della politica israeliana e statunitense. Una società che di facciata era addetta alla gestione e alla distribuzione degli aiuti umanitari, ma che in realtà si è macchiata di ogni tipo di crimine: dagli spari ingiustificati sui civili in attesa di cibo, alla non somministrazione dei generi di prima necessità. In definitiva, una "trappola mortale" per i palestinesi, inclusa già nel piano "Aurora", sempre ideato dalla BCG: indebolire, spiare, schedare e deportare i gazawi, prima nel sud della Striscia, poi in altri Paesi.

Il cosiddetto punto 8 dell’intesa stabilisce che le operazioni umanitarie torneranno sotto la gestione diretta delle Nazioni Unite, della Mezzaluna Rossa e di altri enti indipendenti, senza interferenze né di Israele né di Hamas. È un passaggio cruciale: dopo due anni di guerra e oltre 64 mila bambini uccisi o mutilati, la comunità internazionale sembra voler ripristinare i principi di neutralità, umanità e imparzialità previsti dal diritto internazionale.

Dietro questa apparente vittoria umanitaria si cela anche un riconoscimento implicito: gli aiuti erano stati deliberatamente limitati. Lo ammette indirettamente il punto 7” della bozza, che impone l’immediato invio di cibo, acqua e attrezzature nella Strisciauna volta accettato l’accordo”. Un atto d’accusa velato verso il governo israeliano, già nel mirino della Corte penale internazionale per presunti crimini di guerra

Il premier Benjamin Netanyahu, stretto tra la pressione americana e il rischio di incriminazione, ha dovuto cedere su un punto simbolico: la Ghf, presentata come soluzione “neutrale”, si è rivelata uno strumento politico per controllare la narrativa sugli aiuti, escludendo l’Unrwa – l’agenzia Onu che dal 1949 assiste i rifugiati palestinesi.

La restituzione delle operazioni umanitarie all’Onu segna dunque una parziale rivincita per il diritto internazionale e un passo verso la responsabilizzazione di Israele come potenza occupante

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