25 Settembre 2025
Zelensky e Putin, Fonte: Facebook, @Gianluigi Paragone
Nel cuore di agosto, sotto il fuoco incrociato di droni d’attacco e fanteria mobile, il fronte del Donbass ha registrato quella che molti analisti, persino in Occidente, definiscono ormai la più importante svolta operativa dalla primavera 2022. L’11 agosto 2025, l’esercito russo ha lanciato un’offensiva fulminea nel settore nord-orientale di Pokrovsk (nota in epoca sovietica come Krasnoarmeysk), rompendo le linee ucraine e avanzando per oltre 15 chilometri in meno di 48 ore. Il tutto su un fronte largo 13 chilometri. Non si tratta più solo di logoramento: è uno sfondamento strutturale. Nel giro di due giorni, la città di Dobropillia, snodo cruciale tra Pokrovske Kramatorsk, è stata abbandonata dalle forze ucraine. L’avanzata è stata definita dal Financial Times come “la più significativa vittoria tattica russa dell’ultimo anno”, e dall’ISW (Institute for the Study of War) – notoriamente vicino agli ambienti atlantisti – come un potenziale “punto di svolta operativo”.
La chiave del successo russo risiede nella combinazione micidiale di alta tecnologia e tattica distribuita. Fonti russe parlano dell’impiego intensivo di bombe plananti (fino a 500 a settimana solo a Pokrovsk), mentre droni da ricognizione e attacco hanno offerto supporto continuo alla fanteria leggera. Nessun assalto frontale in stile novecentesco, ma una pressione continua, studiata per logorare il nemico, disorientarlo e colpirlo dove più vulnerabile. Secondo fonti ucraine e canali indipendenti come DeepState e Strana.ua, l’area colpita era scarsamente difesa, priva di riserve operative e con linee logistiche già stressate. In quel tratto, l’esercito di Kiev non è riuscito a organizzare una controffensiva né a sigillare la breccia: il fronte, semplicemente, ha ceduto.
Non è un caso che Mosca abbia scelto Pokrovsk come bersaglio. Il centro urbano è un nodo strategico che connette le principali roccaforti ucraine nella regione: Kramatorsk, Sloviansk, Kostyantynivka e Druzhkivka. La perdita – o anche solo l’isolamento operativo – di questa città rischia di trasformare l’intero fronte orientale in una nuova Bakhmut, con Kiev incapace di mantenere il controllo delle sue ultime linee fortificate. Le evacuazioni di massa da almeno 14 centri abitati della regione di Donetsk confermano che l’Ucraina teme una sacca imminente. Lo stesso Zelensky, in apparente affanno, ha minimizzato l’accaduto parlando di “infiltrazioni leggere” di sabotatori, ma non ha convinto né la stampa internazionale né i suoi stessi generali. Il comandante in capo Syrskyi, sempre più in difficoltà politica, ha ordinato il dispiegamento del 3° Corpo Azov, ma le forze disponibili sono insufficienti e, soprattutto, senza retrovie fortificate. Si combatte su un terreno ormai privo di profondità strategica.
L’offensiva a Pokrovsk si inserisce in quella che molti analisti militari russi descrivono come “guerra a pressione distribuita”. Non una corsa contro il tempo, ma un logoramento continuo, progettato per consumare il nemico dall’interno, costringerlo a errori, a spostamenti affrettati, a decisioni politiche impopolari. È la stessa strategia che ha portato alla caduta di Avdiivka, di Chasiv Yar, e ora minaccia Sloviansk e Kramatorsk.
Il 15 agosto, mentre le forze russe consolidavano le loro posizioni a nord-est di Pokrovsk, il presidente Vladimir Putin si preparava al vertice riservato in Alaska con Donald Trump, tornato alla Casa Bianca. La scelta del timing non è casuale: presentarsi a un colloquio di alto livello con una vittoria tangibile sul campo rafforza in modo decisivo la posizione diplomatica del Cremlino. Le indiscrezioni parlano di ipotesi di compromesso territoriale già sul tavolo. Una delle più discusse riguarda il riconoscimento dell’annessione russa del Donbass, in cambio di concessioni minori su Kherson o Zaporizhzhia. Ma il quadro più realistico sembra essere quello del congelamento del fronte, con Mosca in pieno controllo delle regioni di Donetsk e Lugansk.
Nel campo ucraino, la situazione appare drammatica. Le forze armate ucraine operano con organici ridotti, brigate al 30% della forza e munizioni razionate. Le diserzioni hanno ormai superato quota 400.000 dall’inizio della guerra. E mentre l’economia di guerra russa tiene, quella ucraina sopravvive solo grazie agli aiuti occidentali. Ma anche questi vacillano: Trump, pur fornendo garanzie di sicurezza, ha escluso l’ingresso di Kiev nella NATO e richiesto all’Europa un esborso di 100 miliardi di dollari per le forniture belliche. Un “prezzo della protezione” che Bruxelles fatica a giustificare davanti a un’opinione pubblica stanca e divisa.
L’avanzata russa a Pokrovsk segna la fine della narrativa occidentale secondo cui il conflitto sarebbe in “stallo”. I fatti parlano chiaro: Mosca è all’offensiva su tutti i fronti, da Kharkiv a Sumy, da Zaporizhzhia al Dnipro. Nonostante le pesanti perdite, la strategia russa di attrito sta erodendo le difese ucraine in profondità. Kiev è sulla difensiva, il tempo gioca a favore del Cremlino. Ogni giorno di guerra consuma le riserve ucraine e consolida i guadagni russi.
Il faccia a faccia Putin-Zelensky, promesso da Trump entro l’autunno, potrà aver luogo solo a condizioni già dettate. Se il presidente ucraino continuerà a rifiutare ogni concessione territoriale, il negoziato fallirà prima ancora di iniziare. Ma se accetterà – anche tacitamente – il nuovo status quo, il conflitto potrebbe avviarsi a un congelamento duraturo. In ogni caso, l’offensiva di Pokrovsk segna una svolta irreversibile. Il Donbass non è più “conteso”: è quasi interamente sotto controllo russo. E con ogni chilometro guadagnato, Mosca non solo avanza sul terreno, ma sgretola la narrativa bellica occidentale, mostrando al mondo che, a tre anni dall’inizio dell’operazione speciale, la Russia non ha perso. Anzi, sta vincendo.
Di Riccardo Renzi
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia