22 Settembre 2025
Putin, fonte: Wikipedia
Il 10 settembre 2025, l'Europa si è svegliata con praticamente tutta la NATO in allarme e l'intera Unione Europea in piena crisi isterica, perché la narrativa di tutti media occidentali raccontava che la Russia aveva attaccato la Polonia, con uno sciame di droni. Nonostante su numero e tipologia dei velivoli incriminati non fossero forniti dati certi e definiti, si sono immediatamente incendiate le prime dichiarazioni dei maggiori leader politici, cui hanno fatto subito eco quelle dei vertici dell'Alleanza e della UE, con la responsabile esteri, l'estone Kallas, che non perdeva di certo l'occasione di gettare ancora una volta benzina sul fuoco, parlando di “escalation sconsiderata”, dando così per certa e scontata la volontà di Mosca di allargare anche alla NATO il conflitto con l'Ucraina.
E qui, una prima considerazione appare indispensabile. Se per televisioni, giornali e social Media, pur se poco etico, il sensazionalismo che si può attribuire ad una “mosca fuori rotta” costituisce un appetibile fattore incrementale di vendita, invece per chi ha in mano le sorti di centinaia di milioni di persone, i criteri di valutazione dei fatti dovrebbero essere un tantino più razionali, equilibrati e, soprattutto, basati su elementi concreti ed accertati. Purtroppo, come ormai sembra essere prassi, così non é assolutamente stato, perchè le prime sommarie informazioni giunte dalla Polonia, nonostante fossero tutt'altro che confermate e dettagliate, sono state ritenute valide per innescare una “frenesia bellicistica” che é parsa essere tutt'altro che estemporanea ed improvvisata.
Una folata propagandistica anti-russa che non ha risparmiato neanche le più alte autorità nazionali, quelle che anzi dovrebbero cercare di garantire l'equilibrio istituzionale di uno Stato, sino all'ultima goccia di buon senso.
E l'aspetto più particolare, soltanto apparentemente più paradossale, è stato quello che a cercare di gettare acqua sul fuoco fossero i militari, gli stessi che il luogo comune, superficiale e scontato, vorrebbe come i più convinti guerrafondai. Infatti, l'Ammiraglio Cavo Dragone, italiano alla guida del Comitato Militare della NATO, in un'intervista rilasciata ad una TV di stato, immediatamente dopo la denuncia dell'evento, ha affermato “potrebbe essere un errore, o delle interferenze o qualcosa di voluto, però io qui andrei cauto sul trarre delle conclusioni, perché si inquadra in un momento di attacco dei Russi alla parte occidentale dell'Ucraina”. Parole chiare, precise e di assoluta cautela, ma che il giornalista curatore del servizio immediatamente ha violentato tramutandole in “dalla provocazione sino all'attacco deliberato”. Una logica perversa e deviante, per non dire disonesta verso la realtà, che è ricorsa alle parole “provocazione” e “attacco deliberato”, che l'Ammiraglio non ha volutamente pronunciato, indirizzando ad un preciso significato negativo il concetto generico “qualcosa di voluto” usato dal militare.
La giusta e razionale prudenza, sia morale che professionale, di Cavo Dragone contrapposta alla sentenza già scritta di un servitore cieco, sordo ed allineato con una propaganda che, in questo momento, sembra voler ripudiare a priori qualsiasi forma di approccio diplomatico alla soluzione del conflitto, che non può che basarsi sull'individuazione di nuove vie di mediazione.
Invece, si rimane annegati nell'impasse imposto da un atteggiamento, soprattutto europeo, di assoluta intransigenza, che risuona nel mantra, ormai tanto ossessivo quanto improduttivo, della “pace giusta” per l'Ucraina, che passa solo attraverso il suo supporto con forniture di armamenti. E in tale ottica, sembra quasi che l'Occidente stia cercando ogni pretesto per andare allo scontro o forse, e sarebbe probabilmente peggio, per fingere di volerlo fare, con l'asticella della propaganda che si alza sempre di più.
Tornando al “fattaccio polacco”, sono ormai trascorsi 10 giorni senza che sia stato definitivamente chiarito cosa veramente sia successo. C'è stata soltanto una sommessa ammissione che il tetto distrutto della casa polacca, lanciato in mondovisione e attribuito ai droni russi, in realtà è stato colpito da un missile di un aereo F 16 polacco, ma del numero di velivoli di Mosca (erano 19? 23? o quanti?), della loro tipologia e, soprattutto. della fine che hanno fatto neanche un cenno. C'è da chiedersi se un'organizzazione potente, moderna ed evoluta come la NATO non sia in grado di chiarire in poche ore un evento del genere.
Certo che si e sicuramente l'avrà fatto, ma probabilmente i risultati dei suoi accertamenti non sono in linea con quanto dichiarato dai vari suoi Leader, nazionali ed internazionali, nei primi minuti dal lancio mediatico dello sconfinamento russo.
Nel frattempo, ci sono state le denunce degli sconfinamenti di 10 km di un altro drone russo in territorio rumeno e di ben 3 caccia di Mosca nei cieli delle acque territoriali dell'Estonia per cui, con lo stesso cliché politico-medatico, si è gridato immediatamente alle gravissime violazioni del Diritto Internazionale, da parte di Putin. Un Diritto Internazionale che, peraltro, viene ormai evocato a corrente alternata, a seconda della convenienza contingente.
Anche in quest'ultimo caso sono ancora i militari che, con le loro dichiarazioni, tentano di mantenere salda la barra dell'equilibrio, perché violazioni di questo genere le conoscono perfettamente e ne hanno gestite a decine, sin dai tempi della Guerra Fredda, evitando sempre che degenerassero in pericolosi confronti armati.
Indubbiamente, c'è comunque da chiedersi a che gioco stia giocando Putin, in un momento come questo in cui l'interesse comune, compreso il suo, sembrerebbe essere quello di addivenire ad una soluzione del conflitto con l'Ucraina. Pur se non è semplice definire la strategia che l'ex KGB ha realmente in testa, qualche valutazione oggettiva potrebbe aiutare a comprendere meglio il quadro.
In questo momento, il Leader russo, la cui posizione è chiara e non è cambiata dall'inizio della stessa guerra, ha davanti un Presidente USA che, in un certo senso, ha già lasciato intendere che sarebbe disponibile a delle concessioni, molto probabilmente anche territoriali, pur di far finire i combattimenti e di conseguire la pace. Questo perché, come apertamente dichiarato da Washington, il suo reale problema non è nel Vecchio Continente, ma nell'Indo- Pacifico, dove intende gravitare con le sue maggiori attenzioni e risorse.
Ma Putin ha anche davanti un'Europa che, appoggiandosi alla NATO e all'Unione Europea, non ne vuole sapere di concedere alcunché e intende appoggiare militarmente sino in fondo l'Ucraina. Una posizione strenua che viene mantenuta dai vertici politici, ma che, in realtà, non gode del ferreo sostegno popolare che necessiterebbe, perché molti sondaggi hanno chiaramente dimostrato una sostanziale e generale avversione degli Europei alle ipotesi di ingaggiarsi in confronti militari (non usiamo per ora la parola guerra), con elevati picchi di contrarietà in alcune Nazioni, tra cui l'Italia. Pertanto, qualora si dovesse procedere a qualche forma di mobilitazione, anche solo parziale e con il solo scopo di deterrenza, è molto probabile che questa determinazione politica dell'Europa troverebbe un contrasto forte dalla propria opinione pubblica, sino ad un possibile discredito, che è il vero incubo dei politici di professione nostrani.
Dall'altra parte invece, Putin sta continuamente dimostrando, a botte di centinaia di migliaia di soldati reclutati, che la Russia sembra non soffrire assolutamente di questo problema, con buona pace della propaganda occidentale che, più volte, ha affermato il contrario.
Ma c'è anche un aspetto economico, non meno importante ed incidente perché, pur di mantenere questo principio, la leadership europea ha recentemente accettato una sorta di capestro economico-finanziario da parte americana, che costringerà il Continente, nel breve/medio termine, ad enormi esborsi di centinaia di miliardi di Euro nel settore della Difesa, per risorse militari che, in gran parte, finiranno a Kiev. Un impegno così gravoso da avere pochi o nessun precedente nella recente storia europea, che andrà ad influire pesantemente sulle situazioni economiche dei nostri Paesi, già ampiamente provate da questi 3 anni di guerra. Un impatto finanziario che sta solo cominciando ad interessare le “economie domestiche” degli Europei che, contrariamente ai “voli pindarici” dei loro rappresentanti politici, sono abituati, perché costretti dalla vita, a confrontarsi quotidianamente con i cosiddetti conti della serva.
Anche questo problema non sembra però preoccupare più di tanto Putin, che ha rivolto verso altre direzioni i suoi commerci evitando, almeno per ora, quel disastro economico a cui, secondo la leadership europea, sembrava essere condannata la Russia sin dalle prime sanzioni. E neanche gli ultimi provvedimenti economici minacciati da Trump verso quei Paesi che commerciano con Mosca avranno riflessi, perché son tutte Nazioni, come Cina e India, che aspirano ad un nuovo ordine mondale affrancato dagli stessi USA, per cui difficilmente cederanno ai ricatti americani, per isolare i Russi.
In definitiva, volendo provare a chiudere il cerchio, si può affermare che, per vari motivi, Putin è perfettamente consapevole di tutti gli aspetti di questo quadro. In primo luogo conosce a fondo l'Occidente con tutti i suoi pregi, ma anche in tutte le sue vulnerabilità, perché nel suo passato, prima come funzionario dell'apparato statale (con il KGB fece servizio nella Germania Est, per cui a contatto con l'Occidente) e poi come politico ha avuto modo di interfacciarsi con continuità con l'Ovest. Inoltre, va ricordato che, sotto la sua guida, la Russia è stata per molti anni partner della NATO, per cui ha avuto modo di approfondirne mentalità, modus operandi e procedure. E per gli aspetti politici, il Leader russo sa bene che i governi europei che ha di fronte non godono della stabilità che necessiterebbe in una situazione del genere. Una solidità che, invece, per lui non é un problema, perchè, molto probabilmente, è riuscito a creare all'interno della Russia una sorta di “sindrome da accerchiamento” a cui, nella storia, il popolo russo ha sempre risposto senza mai sottrarsi.
Tuttavia, nonostante tutti questi suoi oggettivi punti di forza, Putin sa altrettanto bene che il “boccone Europa” è indigesto per chiunque, per cui c'è da presumere che, con buona probabilità, sotto il profilo militare non lo interessi assolutamente, mentre metterebbe la firma ad un riavvio delle relazioni commerciali. E forse, tutte queste punture di spillo che la Russia sta facendo ai fianchi dell'Europa, che difficilmente si interromperanno, potrebbero proprio essere finalizzate a portare al collasso nervoso degli Stati che, nonostante continuino ad abbaiare, molto difficilmente lo morderanno.
Di Marcello Bellacicco, Generale di Corpo d'Armata degli Alpini
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