17 Settembre 2025
“L’assalto alla residua popolazione palestinese di Gaza non è solo un crimine ma un errore strategico di Israele, figlio della retorica di Netanyahu, finito prigioniero di se stesso quando ha posto come obiettivo della guerra - ormai più che sovraestesa su innumerevoli fronti, tutti aperti, nessuno chiuso - la distruzione totale di Hamas, fino all’alba del 7 ottobre finanziato in collaborazione con Qatar ed Egitto, per dividere i palestinesi, machiavellismo di cui Bibi andava (va ancora?) particolarmente fiero”.
E ancora: “Dopo essersi inchiodato alla sua propaganda, il premier israeliano sta trascinando nel gorgo la patria. Israele affronta lo scenario dell’orrore che nelle scuole militari di tutto il mondo è modello da evitare come la peste: la guerra urbana. Aggravata dal fatto che di Gaza City ce ne sono molte: quella di superficie, ormai azzerata, più i vari strati disegnati da centinaia di chilometri di tunnel dove si annidano ancora miliziani di Hamas. Israele si assume davanti alla storia la responsabilità della liquidazione di una popolazione civile trattata quale banda di terroristi. Peggio: “animali”. Non bastasse, Netanyahu sacrifica gli ostaggi, a rischio di finire uccisi per errore dai suoi stessi soldati e/o di essere usati quali scudi umani da Hamas”.
Cosa aggiungere al commento che Lucio Caracciolo ha affidato a Repubblica? Poco. Ma prima è bene pesare quanto scrive il fondatore di Limes perché ci consente successivamente di fare delle altre, nostre, considerazioni.
Lucio Caracciolo, uno dei pochi cultori della politica estera tanto da aver dato vita a un periodico di analisi e dalla cui scuola pescano anche altre esperienze simili (Dario Fabbri, per esempio, è uno della “canterà” di Limes), ha messo lucidamente in colonna alcuni fatti e alcune considerazioni. L’assalto alla “residua popolazione palestinese di Gaza” è un fatto; la finalità di voler distruggere Hamas è un altro fatto; l’aver finanziato fino al 7 ottobre con Qatar ed Egitto la stessa Hamas “per dividere con logica machiavellica i palestinesi” è un altro fatto. Infine è un fatto la scelta di voler ingaggiare una modalità di guerra che è la peggior scelta possibile o la migliore se il tuo fanatismo è disposto a sacrificare uomini, donne e bambini, per realizzare il tuo disegno. E in questo delirio di onnipotenza ha già messo in conto la vita o i corpi degli ostaggi del 7 ottobre, tant’è che i parenti hanno manifestato davanti alla casa del premier israeliano in segno di totale critica e disaccordo.
Dalle cronache di Gianluca De Feo prendiamo questo racconto degli accadimenti: “La battaglia di Gaza City è iniziata lunedì nel pieno della notte come un assedio medievale, con le truppe scelte israeliane che nell’oscurità hanno occupato le postazioni avanzate nei sobborghi da cui scagliare l’assalto finale contro Hamas. Non ci sono informazioni neutrali e non esiste una verità, ma c’è una certezza: per la prima volta nella storia si combatte casa per casa in un centro urbano popolato da 600mila persone. Non era accaduto neppure a Stalingrado nel 1942 e, per andare a tempi più recenti, nemmeno a Grozny, la capitale della Cecenia rasa al suolo dall’armata russa nel 1994 e nel 1999. È facile prevedere che quella di Gaza City sarà una carneficina, il culmine della feroce campagna lanciata da Israele all’indomani delle stragi jihadiste del 7 ottobre 2023 che, stando alle fonti sanitarie palestinesi, ha già causato oltre 65 mila morti”.
Ora, ditemi se questa situazione che tiene Israele impegnata nella sua più lunga stagione di guerra, non genererà un odio che pagheremo ad altissimo prezzo. Un odio verso Israele e verso quel cosiddetto Occidente democratico a cui ascrivono lo stato ebraico. “L’assalto a Gaza City si ritorce contro Gerusalemme, mentre ha fatto di Hamas il simbolo della causa palestinese su scala globale”, fa notare Caracciolo.
C’è chi dice che il lavoro delle diplomazie sia quello di allontanare i vertici di Hamas verso la Tunisia: se così fosse sarebbero da registrare due elementi, il primo è che Hamas è un player che i mediatori arabi, americani e turchi, non vogliono eliminare, a differenza di Nethanyahu; il secondo, è che avere Hamas in Tunisia significherebbe esporci a un pericolo non solo di attentati ma anche alla possibilità che la marea umana di palestinesi espiantati dalla Striscia e dalla Cisgiordania (si parla di circa 5 milioni di esseri umani) si riversi in Europa attraverso i primi approdi nel Mediterraneo, quindi Italia in testa.
Lo dico a tutti coloro che ancora vanno dietro in maniera acritica alla narrazione filo-israeliana “senza se e senza ma”. A costoro, infine, ricordo che quello stesso Qatar con cui facciamo affari d’oro attraverso il loro fondo sovrano ha finanziato e finanzia tuttora Hamas. E la riprova è data dalla presenza dell’emiro Al Thani ai funerali dei membri di Hamas uccisi nel bombardamento ordinato da Netanyahu. Allora fatemi capire: se Hamas è il nostro nemico, chi lo finanzia come può essere non solo amico ma persino partner nei più importanti e strategici asset industriali e finanziari? Non ci avete pensato?
Di Gianluigi Paragone
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