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Dove lo Stato di Israele pensa di deportare i palestinesi di Gaza: Libia, Somaliland, Uganda, Sud Sudan, Indonesia, ancor peggio del 1948

Dopo due anni di bombardamenti, di distruzioni, di uccisioni di donne e bambini, di centinaia di morti causate dalla fame o direttamente dalle uccisioni sui centri di distribuzione degli aiuti umanitari, ecco l'ultima terrificante trovata del criminale triumvirato (Netanyahu/Smotrich/Ben-Gvir) a capo dello Stato sionista di Israele: la deportazione della popolazione palestinese di Gaza. Uno scenario peggiore di quello del 1948, se possibile

19 Agosto 2025

Gaza, la morte del 75% dei palestinesi è attribuibile a ferite da esplosione, il 48% di queste vittime sono bambini – il REPORT di MSF

Gaza, fonte: MSF

Dopo due anni di bombardamenti, di distruzioni, di uccisioni di donne e bambini, di centinaia di morti causate dalla fame o direttamente dalle uccisioni sui centri di distribuzione degli aiuti umanitari, ecco l'ultima terrificante trovata del criminale triumvirato (Netanyahu/Smotrich/Ben-Gvir) a capo dello Stato sionista di Israele: la deportazione della popolazione palestinese di Gaza. Questi piani, sostenuti dal Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dall'amministrazione Trump, hanno suscitato enorme scandalo e gran dibattito internazionale senza precedenti su diritti umani, diritto internazionale ed etica della gestione dei conflitti. Dal 1998, in seguito alla ratifica dello Statuto di Roma, la deportazione è annoverata tra i crimini contro l'umanità. Human Rights Watch ha definito "ripugnanti" le notizie secondo cui il governo israeliano sarebbe in trattative con cinque Paesi – Indonesia, Somaliland, Uganda, Sud Sudan Libia – per trasferire palestinesi sfollati da Gaza.

La folle proposta di Trump per Gaza

Nel febbraio 2025, il presidente americano Donald Trump ha dichiarato di voler "prendere il controllo" della Striscia di Gaza, con l'intenzione di trasformarla nella "Riviera del Medio Oriente", deportando i palestinesi in Paesi terzi. Il piano prevederebbe lo sfollamento forzato di circa 2 milioni di palestinesi verso "sei comunità sicure" situate "un po' lontano" da Gaza. Purtroppo l'iniziativa dichiarata è talmente sconcertante e scandalosa da lasciare ben poco spazio al sarcasmo.

La posizione di Netanyahu

Il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato una proposta sconvolgente per facilitare l'emigrazione palestinese da Gaza, con il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich (colui che si è autodichiarato fascista, razzista e omofobo) che ha annunciato l'approvazione di un piano per organizzare "un trasferimento volontario per i residenti di Gaza che esprimono interesse a trasferirsi in Paesi terzi".

Netanyahu ha dichiarato in un messaggio video che la popolazione palestinese di Gaza "sarà spostata, per la sua protezione" nell'ambito di una nuova offensiva militare intensiva. Il Primo Ministro (sotto processo in patria per corruzione ed altri reati) ha affermato che circa il 75% di Gaza è già sotto controllo militare israeliano e che Gaza City e le aree centrali del territorio saranno "liberate" dai civili.

Le possibili destinazioni

Secondo le fonti giornalistiche israeliane e americane, diversi Paesi sono stati identificati come possibili destinazioni per i palestinesi di Gaza:

Libia

L'amministrazione Trump sta lavorando su un piano per ricollocare permanentemente fino a 1 milione di palestinesi dalla Striscia di Gaza in Libia, con discussioni già avviate con la leadership libica. In cambio del reinsediamento dei palestinesi, l'amministrazione potrebbe rilasciare alla Libia miliardi di dollari di fondi congelati dagli Stati Uniti più di un decennio fa.

Sud Sudan

Il caso più specifico riguarda proprio il Sud Sudan, dove la viceministra degli Esteri israeliana, Sharren Haskel, è atterrata per incontri istituzionali. Tuttavia, il Sud Sudan ha respinto le affermazioni che sia impegnato in discussioni con l'occupazione israeliana riguardo al potenziale reinsediamento dei palestinesi da Gaza, definendo tali rapporti "infondati" e bollando la notizia come "priva di fondamento".

Indonesia

Secondo Channel 12 (canale televisivo israeliano gratuito di proprietà di Keshet Media Group), l'Indonesia è uno dei Paesi che mostra "maggiore apertura nell'accettare l'immigrazione volontaria dalla Striscia di Gaza". Tuttavia, il Ministero degli Esteri indonesiano ha negato categoricamente qualsiasi negoziazione con Israele, affermando che "non ci sono colloqui con Israele".

Somaliland

Il Somaliland, regione separatista della Somalia, secondo quanto è dato di sapere, è interessato a ottenere il riconoscimento internazionale attraverso un tale accordo. Fonti diplomatiche hanno nominato in particolare Indonesia e Somaliland come Paesi che mostrano maggiore apertura.

Uganda e altri Paesi

Quinto Paese con il quale Israele starebbe trattando la deportazione dei palestinesi di Gaza è l'Uganda ma delle cui trattative al momento non se ne conoscono esiti né contenuti, né si esclude che possano entrare nel novero ulteriori Paesi potenzialmente ospitanti, dato che al momento tra tutti quelli indicati nessuno sarebbe interessato.

Le reazioni internazionali: condanna delle Nazioni Unite

I funzionari delle Nazioni Unite hanno condannato l'idea di deportare persone da Gaza, notando che è "rigorosamente proibita" dal diritto internazionale. Il Direttore del Dipartimento Diritti Umani dell'ONU, Volker Turk, è stato definitivo nella sua risposta: "Qualsiasi trasferimento forzato o deportazione di persone da territorio occupato è rigorosamente proibito".

Posizioni dei Paesi arabi

Il Re Abdullah II di Giordania ha respinto la proposta del Presidente Trump per la Giordania di assorbire i palestinesi che vivono a Gaza. L'Egitto ha respinto i piani americani di annettere Gaza e non ha accettato di prendere nel proprio Paese i palestinesi sfollati.

Reazioni europee

I Ministri degli Esteri di Spagna, Portogallo, Norvegia e altri Paesi europei hanno firmato una lettera congiunta che critica il piano di Israele, affermando che peggiorerebbe la crisi umanitaria a Gaza. La Germania, uno dei sostenitori storici più fedeli di Israele, ha annunciato che smetterà di esportare equipaggiamento militare verso lo Stato sionista che potrebbe essere utilizzato nella Striscia di Gaza.

Crimini di guerra e crimini contro l'umanità

Human Rights Watch ha concluso che lo sfollamento forzato dei palestinesi a Gaza è "diffuso, sistematico e intenzionale, e ammonta a un crimine contro l'umanità". Il rapporto rileva che "le azioni delle autorità israeliane a Gaza sono le azioni di un gruppo etnico o religioso per rimuovere i palestinesi, un altro gruppo etnico o religioso, dalle aree all'interno di Gaza con mezzi violenti".

Pulizia etnica

Sebbene non sia un termine legale formale o un crimine riconosciuto in base al diritto internazionale, la "pulizia etnica" è stata definita dalla commissione di esperti delle Nazioni Unite sulla ex-Jugoslavia come una politica deliberata da parte di un gruppo etnico o religioso di rimuovere, con mezzi violenti e terroristici, la popolazione civile.

Sfollamento forzato

Lo sfollamento forzato intenzionale di una popolazione civile in un territorio occupato è un crimine di guerra. Le leggi di guerra richiedono anche che l'evacuazione sia temporanea. Israele è tenuto a facilitare il ritorno delle persone sfollate nelle proprie abitazioni e nelle proprie terre il prima possibile dopo la fine delle ostilità nell'area. Non ultimo, la Risoluzione ONU 194 (III), adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite l'11 dicembre 1948, stabilisce che "i rifugiati che desiderano tornare alle loro case e vivere in pace con i loro vicini dovrebbero essere autorizzati a farlo alla prima data praticabile, e che dovrebbe essere pagato un risarcimento per la proprietà di coloro che scelgono di non tornare e per la perdita o il danno alla proprietà che, secondo i principi del diritto internazionale o dell'equità, dovrebbe essere riparato dai Governi o dalle autorità responsabili(così come ulteriormente richiamato e chiarito dalla Risoluzione dell'Assemblea Generale 169 del 1980 e dalla Risoluzione 237 del Consiglio di Sicurezza del 14 giugno 1967).

Le implicazioni umanitarie: condizioni di vita a Gaza

Diciotto mesi di continui attacchi israeliani hanno ucciso più di 52.000 palestinesi a Gaza, inclusi migliaia di bambini, e ferito quasi 120.000 altri. Israele ha imposto un assedio totale su Gaza tagliando elettricità, acqua e carburante, mantenendo un blocco soffocante e illegale.

Sfollamento interno

Attraverso i suoi ripetuti ordini di "evacuazione", Israele ha sfollato quasi 1,9 milioni di palestinesi – il 90% della popolazione di Gaza – in sacche di terra sempre più ridotte e non sicure in condizioni disumane, alcuni di loro fino a 10 volte.

Ad ogni modo, le possibili destinazioni menzionateLibia, Uganda, Somaliland, Sud Sudan, Indonesia – hanno in gran parte respinto o negato qualsiasi coinvolgimento in tali scandalosi, illegali e disumani piani di deportazione. La realtà sul terreno presenta sfide logistiche, economiche e umanitarie enormi che renderebbero qualsiasi piano di deportazione di massa estremamente difficile da concretizzare.

La sfida rimane quella di trovare una soluzione che rispetti i diritti fondamentali del popolo palestinese, soffocato da 80 anni di feroce apartheid da parte dello Stato di Israele, non solo nella Striscia di Gaza ma anche in Cisgiordania e Gerusalemme Est, aderendo ai principi del diritto internazionale e promuovendo una pace giusta e duratura nella regione.

Di Eugenio Cardi

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