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Da Gaza al Sud Sudan: il folle piano di deportazione dei palestinesi della Striscia congegnato da Netanyahu e Trump; esperti diritti umani denunciano: "È pulizia etnica"

Mentre i negoziati proseguono, il destino di oltre due milioni di palestinesi rimane in bilico, in quello che molti considerano uno dei momenti più critici della storia moderna del Medio Oriente

13 Agosto 2025

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Trump e Netanyahu, fonte: imagoeconomica

Secondo fonti diplomatiche confermate dall'Associated Press, Israele è in trattative con il Sud Sudan per tentare di trasferire/deportare i palestinesi dalla Striscia di Gaza al Paese dell'Africa orientale devastato dalla guerra. Il piano, parte di uno sforzo sionista più ampio per spingere i palestinesi fuori da Gaza, ovvero dalle loro terre, ha immediatamente scatenato un'ondata di condanne internazionali. Se confermato ed effettuato, il folle piano comporterebbe il trasferimento di persone da una terra devastata, e a rischio di carestia, a un'altra.

Le motivazioni di Netanyahu e Trump

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu afferma di voler realizzare la visione del presidente americano Donald Trump di trasferire gran parte della popolazione di Gaza attraverso quella che Netanyahu definisce "migrazione volontaria". Durante una riunione di gabinetto, il ministro delle comunicazioni Shlomo Karhi ha definito il programma un "piano di deportazione", contraddicendo le affermazioni di "migrazione volontaria".

Netanyahu ha dichiarato che la popolazione palestinese di Gaza "sarà spostata, per la sua protezione" durante una nuova offensiva intensiva. L'operazione potrebbe arrivare fino alla conquista dell'intera enclave, secondo fonti anonime.

Sud Sudan: un Paese alla ricerca di alleati

Il Sud Sudan, uno dei Paesi più instabili e poveri al mondo, vede in questo accordo un'opportunità per rafforzare i legami con Israele e gli Stati Uniti. "Il Sud Sudan ha bisogno di qualsiasi alleato, guadagno finanziario e sicurezza diplomatica possa ottenere", ha commentato Peter Martell, giornalista e autore di un libro sul Paese. Il Paese africano desidererebbe che l'amministrazione Trump revochi il divieto di viaggio e rimuova le sanzioni imposte ad alcune élite sudanesi. In buona sostanza il Sud Sudan viene preso per il collo in tale contesto da USA e Israele, difficile che possa permettersi di dire di NO.  

La situazione drammatica del Sud Sudan

Il Sud Sudan è tutt'altro che un rifugio sicuro per potenziali rifugiati. Il Paese ha lottato per riprendersi da una guerra civile scoppiata dopo l'indipendenza, che ha ucciso quasi 400.000 persone e ha gettato alcune parti del Paese nella carestia. Ricco di petrolio, il Sud Sudan è afflitto dalla corruzione e dipende dagli aiuti internazionali per nutrire i suoi 11 milioni di abitanti. Con il 57% della popolazione che affronta insicurezza alimentare acuta, 2,1 milioni di bambini a rischio di malnutrizione e 63.000 persone sull'orlo della carestia, il Paese è sull'orlo di un nuovo conflitto civile dopo che il leader dell'opposizione Riek Machar è stato posto agli arresti domiciliari. Alla luce di tutto questo, non mi sembra esattamente il luogo migliore dove pensare di impiantare ulteriori due milioni di persone, in maggioranza donne e bambini.

Le condanne della comunità internazionale

I funzionari delle Nazioni Unite hanno condannato l'idea di deportare persone da Gaza, notando che è "rigorosamente vietata" dal diritto internazionale. Il capo dei diritti umani dell'ONU Volker Turk è stato definitivo: "Qualsiasi trasferimento forzato o deportazione di persone da territorio occupato è rigorosamente vietato".

Francesca Albanese, Relatore Speciale ONU sui territori palestinesi occupati, ha avvertito di un "grave pericolo di pulizia etnica di massa" e ha chiesto un cessate il fuoco immediato. Ha definito il piano di Trump "illegale, immorale e completamente irresponsabile" e "incitamento a commettere spostamento forzato, che è un crimine internazionale".

Le accuse di genocidio

Il piano si inserisce in un contesto più ampio di accuse contro Israele. Due importanti ONG israeliane per i diritti umani, B'Tselem e Physicians for Human Rights Israel, hanno accusato Israele di "commettere genocidio contro i palestinesi a Gaza", diventando le prime organizzazioni ebraico-israeliane a fare tali accuse. Amnesty International ha concluso che Israele ha commesso e continua a commettere genocidio contro i palestinesi nella Striscia di Gaza occupata. Human Rights Watch ha definito lo spostamento forzato "diffuso, sistematico e intenzionale" e equivalente a un crimine contro l'umanità.

La resistenza palestinese

I palestinesi hanno respinto categoricamente qualsiasi reinsediamento permanente da quella che vedono come una parte integrante della loro patria nazionale. Temono che Israele non permetterà mai loro di tornare e che una partenza di massa consentirebbe l'annessione di Gaza e il ristabilimento di insediamenti ebraici. L'Egitto da parte sua è profondamente contrario ai piani di trasferire i palestinesi fuori da Gaza, con cui condivide un confine, temendo un afflusso di rifugiati nel proprio territorio. Due funzionari egiziani hanno detto di conoscere da mesi gli sforzi di Israele per trovare un Paese che accetti i palestinesi e delle forti pressioni fatte dallo Stato sionista sul Sud Sudan affinché accetti.

Altri Paesi coinvolti

L'AP ha precedentemente riportato di colloqui simili avviati da Israele e gli Stati Uniti con Sudan e Somalia, Paesi che stanno anch'essi affrontando guerra e fame, e la regione separatista della Somalia nota come Somaliland. Ma per il momento, anche lì, nulla di fatto.

La realtà di Gaza oggi

La proposta arriva mentre Gaza affronta una crisi umanitaria senza precedenti. Diciotto mesi di attacchi israeliani hanno ucciso più di 52.000 palestinesi a Gaza, inclusi migliaia di bambini, e ne hanno feriti quasi 120.000.

Attraverso i suoi ripetuti ordini di "evacuazione", Israele ha spostato quasi 1,9 milioni di palestinesi – il 90% della popolazione di Gazain sacche di terra sempre più piccole e non sicure in condizioni disumane, alcuni di loro fino a 10 volte.

Implicazioni legali e etiche

Il piano solleva serie questioni di diritto internazionale. Dato l'enorme numero di civili palestinesi a Gaza cacciati dalla loro terra, alla luce delle modalità dello spostamento, dei tentativi di rendere impossibile il loro ritorno e dello spostamento forzato diffuso, sistematico e intenzionale, tutto ciò costituisce un crimine contro l'umanità.

Sebbene non sia un termine legale formale o un crimine riconosciuto dal diritto internazionale, la "pulizia etnica" è stata definita dalla commissione di esperti delle Nazioni Unite come una politica deliberata di un gruppo etnico o religioso per rimuovere, con mezzi violenti e che ispirano terrore, la popolazione civile. 

Prospettive future

Mentre le trattative continuano in segreto, la comunità internazionale rimane divisa. Un sondaggio (Middle East Eye - Israeli Channel 12 News, 17-18 febbraio 2025) ha mostrato che il 68% del pubblico israeliano supporta il piano di Trump, ma l'opposizione internazionale è ferma.

Funzionari sudanesi hanno affermato che una delegazione israeliana prevede di visitare il Paese per esaminare la possibilità di allestire campi per i palestinesi.

In conclusione, il piano per trasferire/deportare i palestinesi di Gaza in Sud Sudan rappresenta una delle proposte più incredibilmente folli e controverse degli ultimi mesi del conflitto israelo-palestinese. Mentre Israele e i suoi sostenitori lo presentano come una soluzione umanitaria, chi si occupa di diritti umani lo denuncia come un tentativo di pulizia etnica che violerebbe il diritto internazionale.

La proposta evidenzia anche la complessità delle relazioni geopolitiche nella regione, con Paesi come il Sud Sudan che cercano di bilanciare le proprie necessità diplomatiche ed economiche con le considerazioni umanitarie e legali. Mentre i negoziati proseguono, il destino di oltre due milioni di palestinesi rimane in bilico, in quello che molti considerano uno dei momenti più critici della storia moderna del Medio Oriente.

di Eugenio Cardi

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