17 Agosto 2025
Londra: una lettera firmata da più di 100 dipendenti della BBC ha scosso l'emittente pubblica britannica, accusandola di aver agito come "portavoce del governo israeliano" nella copertura dei continui attacchi dal cielo e da terra che lo Stato occupante di Israele compie dal 7 ottobre 2023 a danno dei palestinesi di Gaza. Il documento, reso pubblico nel luglio 2025, rappresenta una denuncia senza precedenti dall'interno di una delle più prestigiose organizzazioni giornalistiche al mondo.
La lettera, indirizzata al Direttore Generale Tim Davie, denuncia "decisioni editoriali opache e censura" nella copertura del conflitto israelo-palestinese. I firmatari sostengono che "troppo spesso è sembrato che la BBC stesse facendo propaganda per il governo e l'esercito israeliano".
I giornalisti, che hanno firmato anonimamente per timore di ripercussioni sulla carriera, accusano l'emittente di non aver rispettato i propri standard editoriali. "Non stiamo chiedendo alla BBC di prendere una posizione. Stiamo chiedendo di poter fare il nostro lavoro nel fornire fatti in modo trasparente e con il dovuto contesto", si legge nel documento.
Al centro della controversia c'è il rifiuto della BBC di trasmettere il documentario "Gaza: Doctors Under Attack", realizzato da registi vincitori di Emmy e Peabody Award. Il documentario, che racconta la situazione dei medici palestinesi sotto attacco, è stato bloccato nonostante fosse stato approvato secondo le linee guida editoriali della BBC.
La decisione è stata presa dalla dirigenza senior "nonostante il contenuto fosse stato approvato in conformità alle linee guida e alla politica editoriale della BBC". I firmatari della lettera definiscono questa "una decisione politica che non riflette il giornalismo del film".
Un elemento centrale della denuncia riguarda Sir Robbie Gibb, membro del CDA della BBC e del comitato per gli standard editoriali, che ha guidato un consorzio per acquistare il Jewish Chronicle (settimanale ebraico in lingua inglese) nel 2020.
La lettera esprime preoccupazione per il fatto che "un individuo con stretti legami con il Jewish Chronicle, una pubblicazione che ha ripetutamente pubblicato contenuti anti-palestinesi e spesso razzisti, abbia voce nelle decisioni editoriali della BBC".
Il Jewish Chronicle ha recentemente dovuto ritrattare diverse storie su Gaza dopo che sono emerse evidenze che contenevano citazioni inventate da parte di funzionari israeliani. Lo scandalo ha portato alle dimissioni di diversi columnists di alto profilo, tra cui Jonathan Freedland del Guardian.
La lettera arriva a denunciare che gran parte della copertura BBC del conflitto israelo-palestinese è condotta attraverso quella che definiscono come "razzismo anti-palestinese". Gli staff accusano l'emittente di aver fallito nel:
• Fornire analisi significative e puntuali del coinvolgimento del governo britannico nella guerra
• Fornire un preciso report sulle vendite di armi o le loro implicazioni legali
• Mantenere standard giornalistici coerenti quando si tratta di Israele.
Un rapporto del Centre For Media Monitoring ha rivelato che la BBC ha dato alle morti israeliane una copertura 33 volte maggiore (per ogni vittima) rispetto a quelle palestinesi, nonostante il numero di vittime palestinesi sia 34 volte superiore a quelle israeliane.
La lettera ha ottenuto il supporto di oltre 400 figure del mondo della cultura e dell'arte, inclusi attori come Miriam Margolyes, Alexei Sayle, Juliet Stevenson e il regista Mike Leigh, i quali hanno chiesto alla direzione della BBC la rimozione di Sir Robbie Gibb da membro del CDA. Anche personalità come Susan Sarandon hanno sostenuto pubblicamente la causa, chiedendo la trasmissione del documentario censurato. Il Muslim Council of Britain ha scritto alla BBC esprimendo "profonde preoccupazioni" sul ruolo di Gibb, affermando che "non può giudicare obiettivamente l'imparzialità della BBC su un argomento così sensibile".
La BBC ha difeso la propria copertura del conflitto. Un portavoce ha dichiarato: "Agiamo sempre con trasparenza quando commettiamo errori o apportiamo modifiche al modo in cui riportiamo notizie". L'emittente sostiene di essere "pienamente impegnata a coprire il conflitto in modo imparziale".
Tuttavia, la crisi interna sembra profonda. Fonti interne riferiscono: "alla BBC, l'atteggiamento anti-Gibb è palpabile. Nei corridoi di New Broadcasting House, il personale confabula sulle decisioni illogiche e incoerenti prese dalla dirigenza".
Questa controversia solleva questioni di importanza fondamentale sull'indipendenza giornalistica e l'influenza politica nei media pubblici. Gibb, ex Direttore delle Comunicazioni dell'ex Primo Ministro britannico Theresa May, è stato descritto da Emily Maitlis (ex presentatrice del programma Newsnight della BBC e famosa per la sua intervista al Principe Andrew del 2019) come "agente attivo del Partito Conservatore" che influenza la produzione giornalistica della BBC.
Il caso evidenzia le grandi tensioni nel giornalismo britannico riguardo alla copertura del conflitto israelo-palestinese, come d'altronde accaduto anche in Francia dove taluni giornalisti tunisini si sono dimessi da Canal+ per protesta contro la copertura giornalistica di Gaza che minimizzava le sofferenze civili.
Il nuovo Presidente della BBC, Samir Shah, ha indicato che il prossimo ampio controllo degli standard della BBC sarà probabilmente una revisione della copertura della guerra di Gaza, supervisionata dal Comitato per le linee guida editoriali di cui comunque Gibb fa ancora parte, dimessosi nel frattempo dal ruolo di direttore del Jewish Chronicle nell'agosto 2024, seppur continui ad essere membro del CDA della BBC e del comitato per gli standard editoriali.
La controversia nata in UK nell'ambito BBC, e non solo, così come anche in Europa, negli USA o nello Stato di Israele (dove il 24 novembre 2024 il governo israeliano ha approvato una proposta del ministro delle Comunicazioni Shlomo Karhi che impone a tutti gli enti finanziati dal governo di interrompere qualsiasi rapporto con la testata giornalistica Haaretz: niente comunicazioni con i giornalisti del quotidiano, niente pubblicità governativa, niente abbonamenti per i dipendenti pubblici) evidenzia le difficoltà che i media affrontano nel preservare credibilità e imparzialità in conflitti polarizzati, dove ogni scelta editoriale viene filtrata attraverso lenti ideologiche.
In tal senso ricordo qui velocemente quanto accaduto anche in Italia attraverso "il caso Ghali" quando il cantante, durante la finale del Festival di Sanremo 2024, concluse la sua esibizione con la frase "Stop al genocidio", riferendosi chiaramente alla situazione a Gaza. L'AD RAI, Roberto Sergio, fece leggere in diretta a Mara Venier durante il programma "Domenica In" un comunicato ufficiale che esprimeva "solidarietà sentita e convinta al popolo di Israele e alla Comunità Ebraica", ribadendo come i telegiornali Rai raccontassero "la tragedia degli ostaggi nelle mani di Hamas" e "la strage del 7 ottobre". Il Comitato di redazione Approfondimento della Rai reagì con forza, pubblicando un comunicato in cui denunciava il "clima di questi giorni" caratterizzato da "reprimende, censure, tirate di orecchie". I giornalisti rivendicarono che "non ci sono parole vietate, ma solo parole sulle quali ognuno ha diritto di dire la sua. E questo vale anche per la guerra. Il racconto della guerra non può essere dettato dalla collocazione internazionale del nostro Paese"
di Eugenio Cardi
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