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Dazi Usa, “dealmaker” Trump pronto al dietrofront, possibili tariffe minime del 15-20% all’Ue e proroga alla scadenza del 1° agosto

La strategia da dealmaker del tycoon avrebbe lo scopo di “testare la soglia di tolleranza” dell’Ue e ottenere concessioni aggiuntive in una fase di negoziato ancora incerta

19 Luglio 2025

Dazi Usa, “dealmaker” Trump pronto al dietrofront, possibili tariffe minime del 15-20% all’Ue e proroga alla scadenza del 1° agosto

Donald Trump

Donald Trump, il “dealmaker” per eccellenza, sarebbe pronto a un parziale dietrofront. L’ipotesi ventilata sarebbe quella di imporre tariffe minime del 15-20% su tutti i beni europei, una soglia comunque più bassa rispetto all’attuale 30% che grava su numerosi prodotti importati dall’Ue. Sul tavolo, anche l’ipotesi di prorogare oltre il 1° agosto la scadenza fissata da Washington per il raggiungimento di un accordo commerciale con l’Unione europea.

Dazi Usa, “dealmaker” Trump pronto al dietrofront, ipotesi tariffe minime del 15-20% all’Ue e proroga alla scadenza del 1° agosto

A rivelarlo è il Financial Times, che cita tre fonti a conoscenza dei negoziati. Secondo il quotidiano britannico, Trump avrebbe respinto l’offerta europea di riduzione bilaterale dei dazi sulle automobili. Il presidente Usa sarebbe intenzionato a mantenere in vigore l’attuale 30% di tariffe nel settore, ignorando le aperture giunte da Bruxelles, ma potrebbe fare dietrofront sul resto.

Il nuovo obiettivo fissato dalla Casa Bianca – un dazio minimo del 15-20% – rappresenta sì un allentamento rispetto all'attuale pressione fiscale sulle merci europee, ma resta ben lontano dall’intesa inizialmente discussa, che prevedeva una soglia intorno al 10%. Secondo le fonti citate dal FT, l’inasprimento della posizione americana avrebbe lo scopo di “testare la soglia di tolleranza” dell’Ue e ottenere concessioni aggiuntive in una fase di negoziato ancora incerta, strategia da dealmaker.

A Bruxelles, intanto, il commissario al Commercio Maros Sefcovic ha aggiornato gli ambasciatori dei 27 Stati membri, ammettendo – sempre secondo il Financial Times – una valutazione negativa dei più recenti colloqui condotti a Washington. L’Unione europea ha abbandonato l’idea di un “meccanismo di compensazione” per i produttori, inizialmente proposto dai costruttori tedeschi, puntando invece su una semplice riduzione reciproca delle tariffe nel settore auto.

Il Fondo Monetario Internazionale osserva la situazione con crescente preoccupazione e invita entrambe le parti a “risolvere le tensioni commerciali”, segnalando “rischi al ribasso” per la crescita globale.

Non manca la cautela nelle dichiarazioni ufficiali dei rappresentanti europei. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha definito “una tariffa alta” quella del 15%, aggiungendo: “Bisogna vedere come si conclude perché dire il 15%, flat, cioè uguale per tutti i settori, allora si può discutere. Anche il 10% sarebbe perfetto, ma se poi ti danno il 70% sul farmaceutico allora non va bene. Bisognerà vedere settore per settore”.

Dal G7 di Durban, in Sudafrica, è arrivato anche il monito del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: “L’indebolimento del tasso di cambio del dollaro Usa – ha detto – si sta cumulando all’effetto dell’aumento dei dazi commerciali”.

Infine, da Berlino, il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha sottolineato che è “irrealistico credere che sui dazi finiremo con un risultato di 0-0”. E ha avvertito: “Per il governo americano questo deficit commerciale riguarda le merci, non i servizi. Se il settore dei servizi fosse incluso, la bilancia commerciale tra America ed Europa sarebbe molto diversa. Quindi dobbiamo essere preparati al fatto che abbiamo un accordo doganale asimmetrico, ma ancora una volta alle aliquote più basse possibili da entrambe le parti”.

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