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Ritiro di Biden “questione di ore”, Pelosi, Obama e i leader del Congresso in pressing, possibile una mini-primaria tra i Dem - ESCLUSIVA

Il piano di anticipare la nomina formale al 21 luglio ha avuto l'effetto contrario, costringendo a una retromarcia che promette di essere fatale

19 Luglio 2024

Guerra in Ucraina: Biden presto a Kiev

Fonte: Imagoeconomica

Ormai sembra fatto. Di ora in ora escono nuove notizie sulla presa di coscienza da parte del presidente Joe Biden che non potrà andare avanti. L'onda era cresciuta gradualmente nelle due settimane dopo il disastroso dibattito del 27 giugno, nonostante l'insistenza di Biden che non pensava minimamente di farsi da parte. Che i suoi dinieghi valessero poco era evidente dalle dichiarazioni di personaggi come Nancy Pelosi, ex presidente della Camera, che ripeteva: Biden deve decidere cosa fare, ignorando quanto aveva già detto il presidente fino a quel punto.

Poi l'attentato a Donald Trump ha congelato la situazione per qualche giorno, facendo pensare alla Casa Bianca che Biden potesse sopravvivere grazie alla necessità di limitare le polemiche pubbliche. Così il partito democratico è andato avanti con il piano di svolgere la procedura di nomina formale in modo virtuale, chiamando le delegazioni di ogni stato a votare online già dal 21 luglio.

All'inizio questo metodo era diventato necessario a causa di una scadenza legale per la scheda elettorale in Ohio, ma il parlamento dello stato ha poi esteso il termine a settembre. Il tentativo dei dirigenti del partito di approfittarne comunque ha provocato una rivolta tra i membri del Congresso, che hanno preparato una lettera con numerose firme.

A quel punto si è deciso di rimandare la procedura ad agosto, ma ormai è verosimile che non avverrà nemmeno. Il passo indietro mostra che le pressioni su Biden non possono più essere ignorate. Deputati e senatori temono non solo la sconfitta netta a novembre contro Donald Trump, ma anche la perdita del Senato e l'impossibilità di riprendere la Camera come effetto collaterale della debolezza di Biden.

Sempre più rappresentanti eletti si sono fatti sentire in questi giorni, coordinati dietro le quinte proprio da Nancy Pelosi, ormai 84enne ma con grande influenza dietro le quinte visti i suoi numerosi anni alla guida del partito al Congresso. Si guarda anche alle intenzioni di Barack Obama, ma l'ex presidente preferisce rimanere in sordina, anche perché i rapporti con i Biden non sono i migliori: aveva sconsigliato la candidatura già nel 2016 e nel 2020, e la sua opposizione potrebbe provocare una reazione contraria da parte del presidente.

Ieri l'escalation: discussioni a porte chiuse tra i congressisti e il presidente, seguite da indiscrezioni attribuite a Pelosi (che non conferma né smentisce): Biden sarebbe vicino a ritirarsi, ormai consapevole della situazione.

La decisione potrebbe arrivare presto, con l'obiettivo di gestire l'annuncio nel modo migliore. Il presidente dovrebbe dare l'appoggio alla vice Kamala Harris, vista dagli apparati come la scelta più sicura per evitare una rissa all'interno del partito. C'è anche la questione finanziaria, in quanto Harris potrebbe accedere direttamente agli oltre 100 milioni di dollari nelle casse della campagna Biden. Nel caso di un altro candidato, i fondi andrebbero al partito.

Tuttavia, imporre la candidatura di Harris dall'alto sarebbe un errore, dando l'immagine di poca democrazia. Cresce la probabilità di una "mini-primaria", in cui 5-8 candidati contendono la nomina nello spazio di poche settimane, per poi scegliere il vincitore nella convention di agosto. In pole position ci sono i governatori degli stati importanti, come Gretchen Whitmer del Michigan e Josh Shapiro della Pennsylvania, sebbene le pressioni per spianare la strada a Harris saranno forti. Michelle Obama, molto gettonata sulla stampa internazionale, non avrebbe alcuna intenzione di buttarsi nella mischia. Sarebbe l'ultima ratio in caso di stallo pericoloso nel partito.

di Andrew Spannaus

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