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Palestina, apprezzo sforzo su soluzione a 2 Stati ma oggi è inattuabile, parola "antisemitismo" usata con cecità e per difendere Israele

La soluzione dei due Stati, così come viene ancora evocata, mi appare ormai una formula svuotata. Non perché fosse sbagliata in origine, ma perché il mondo che avrebbe dovuto renderla possibile non esiste più. Il diritto internazionale ha perso forza, credibilità, capacità di vincolo

16 Dicembre 2025

Palestina, apprezzo sforzo su soluzione a 2 Stati ma oggi è inattuabile, parola "antisemitismo" usata con cecità e per difendere Israele

Fonte: Wikipedia

Sento il bisogno di esplicitare una distanza. Non morale, quanto politica e storica. La soluzione dei due Stati, così come viene ancora evocata, mi appare ormai una formula svuotata. Non perché fosse sbagliata in origine, ma perché il mondo che avrebbe dovuto renderla possibile non esiste più. Il diritto internazionale ha perso forza, credibilità, capacità di vincolo. Non solo nel caso israeliano, ma in modo sistemico. Israele, tuttavia, è uno dei luoghi in cui questo svuotamento appare con maggiore evidenza. Qui la maschera è caduta, e non tutto ciò che agisce lo fa alla luce del sole, certo. Dietro resta una “foresta oscura” di interessi, alleanze, pressioni geopolitiche, memorie strumentalizzate. Ma ciò che si vede basta già. Fatico ad accettare che la nascita di uno Stato, e la legittimazione continua dei suoi confini, venga separata dalla violenza che li ha prodotti. Le organizzazioni armate sioniste attive sotto il Mandato britannico (Haganah, Irgun, Lehi) non sono una nota a margine. Sono parte strutturale della genealogia dello Stato di Israele. Attentati, assassinii politici, stragi come quella del King David Hotel, azioni terroristiche rivolte tanto contro la popolazione araba quanto contro l’amministrazione britannica ed ebraica o europea non allineata. Nel 1948 queste formazioni confluiscono nell’IDF, quando Israele si autoproclama Stato. Israele nasce come esito di atti terroristici organizzati, e continuare a rimuoverlo significa costruire una narrazione pacificata che non regge alla prova dei fatti.

Anche il contesto coloniale britannico pesa enormemente. I Libri Bianchi, in particolare quello del 1939, segnano il fallimento definitivo dell’amministrazione imperiale; limitazione dell’immigrazione ebraica, promessa di uno Stato unico mai realizzata, gestione violenta delle rivolte arabe. Da questo punto di vista, ho anche letto con attenzione l'intervista a Ferruccio Pinotti e ho acquistato il libro, che leggerò con il rispetto dovuto a un lavoro di inchiesta serio. Apprezzo lo sforzo di distinguere, di non confondere ebraismo, sionismo e politiche di governo, e considero questo oggi un atto (aimè) non scontato.

Dopo la disgregazione dell’Impero ottomano, la Palestina diventa uno spazio di proiezione coloniale, non un laboratorio di autodeterminazione. Il modo in cui oggi utilizziamo la parola “antisemitismo” merita la stessa cautela. Non perché il fenomeno non esista o non sia grave, ma perché la parola viene sempre più sottratta al pensiero e consegnata al riflesso. “Semita” indica una famiglia linguistica e culturale precisa: l’ebraico, l’aramaico, l’arabo. Culture sorelle e storicamente intrecciate. La riduzione del termine a una sola identità è una costruzione storica novecentesca, legata alla tragedia della Shoah. Comprensibile in quel contesto. Ma trasformarla oggi in una categoria esclusiva e difensiva produce cecità politica e non tutela. Soprattutto quando viene usata per bloccare ogni analisi strutturale delle politiche di uno Stato.

Hannah Arendt aveva colto con grande lucidità questo nodo quando si espresse criticamente rispetto ai processi di Norimberga celebrati in Israele. Il rischio, secondo lei, era quello di trasformare un crimine contro l’umanità in un affare nazionale, identitario. Ciò che era accaduto negli anni Quaranta non riguardava un popolo soltanto, ma l’umanità intera. Trasformarlo in capitale politico o morale significava scivolare verso il giustizialismo, non verso la giustizia, e soprattutto perdere l’occasione di affermare un principio universale…. «questo non deve più accadere a nessuno».

Di Alessandra Giuli

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