23 Febbraio 2024
Fonte foto: twitter
Due ex suore della Comunità di Loyola hanno denunciato il gesuita Marko Rupnik di "abusi di coscienza, di potere, spirituali, psichici, fisici e spesso anche sessuali" subiti. Si chiamano Gloria Branciani, italiana di 60 anni, e Mirjam Kovac, slovena di 62, hanno deciso di denunciare apertamente le violenze in una conferenza stampa organizzata presso la Federazione nazionale della stampa italiana, a Roma.
Gloria Branciani, italiana di 60 anni, e Mirjam Kovac, slovena di 62, due ex suore della Comunità di Loyola, hanno denunciato il gesuita Marko Rupnik di abusi sessuali e psichici. Le due donne hanno inoltre chiesto alla Chiesa di far cadere il "velo di omertà" che è stato messo davanti alla figura di Rupnik. Branciani durante l'incontro ha fatto sapere che dopo una serie di approcci in veste di padre spirituale, Rupnik sarebbe riuscito nel tempo a plagiarla al punto da costringerla "a rapporti sessuali, anche a tre. A un certo punto mi disse che sentiva nella preghiera che il nostro rapporto non era esclusivo ma doveva essere a immagine della Trinità, quindi dovevamo invitare un'altra sorella a vivere sessualmente con noi. Addirittura per convincermi a dei veri rapporti pornografici cominciò a portarmi in due sale cinematografiche di Roma, sulla Salaria e sulla Nomentana, e si vedeva che lui era un habituè di questi posti".
Le due presunte vittime hanno inoltre chiesto di essere ascoltate, rivolgendosi direttamente a Papa Francesco. "Finora ci siamo trovate davanti a un muro di gomma. Che il muro si sgretoli, il Papa non riduca noi e tutte le altre vittime al silenzio". Secondo Mirjam e Gloria, le donne coinvolte negli abusi all'interno della comunità sarebbero almeno "una ventina su un totale di 40 membri".
Gloria Branciani ha poi aggiunto che "Rupnik è stato in grado di manipolare molte persone attorno a sé, creando una rete di contesto molto ampia. Mi sono perdonata e ho perdonato Rupnik molti anni fa, altrimenti non sarei andata avanti con la mia vita, ma mi attendo un riconoscimento pubblico da parte delle autorità ecclesiastiche di tutto il male che io e le altre abbiamo subito. La gestione fin dall’inizio non è stata trasparente, noi speriamo che la nostra testimonianza stimoli una maggiore trasparenza”.
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