08 Settembre 2025
Nella tarda mattinata di lunedì 8 settembre, un attentato ha sconvolto Gerusalemme. Dalle prime ricostruzioni appare che siano stati due uomini palestinesi a compiere l'azione, sparando con armi da fuoco contro un autobus israeliano e alcune auto che passavano in quella zona. Il bilancio, per ora, è di 5 morti e di almeno 15 feriti. Gli attentatori sono stati uccisi da un soldato dell'Idf e da un passante israeliano armato.
È stata una mattinata di sangue a Ramot, quartiere di Gerusalemme Est, dove due palestinesi hanno aperto il fuoco contro un autobus e alcune auto in transito. Il bilancio è per ora di 5 israeliani uccisi — un uomo di 60 anni, tre trentenni e una donna di 50 — e almeno 15 feriti, di cui sette gravi. I due attentatori, provenienti dai villaggi palestinesi di Kubiba e Katna, sono stati immediatamente uccisi da un soldato e da un passante armato.
L’attacco, secondo molti analisti, era prevedibile: pochi minuti prima, il ministro della Difesa israeliano Israel Katz aveva annunciato che “oggi un potente uragano colpirà i cieli di Gaza City, e i tetti delle torri del terrore tremeranno”, prefigurando bombardamenti massicci sulla popolazione civile. Le parole di Katz, definibili come incitamento alla guerra, hanno reso chiara la natura provocatoria e pianificata della reazione palestinese, inserita in un contesto di sterminio quotidiano a Gaza.
Per Hamas, che ha elogiato l’azione pur senza rivendicarla, la sparatoria di Ramot è stata "una risposta naturale ai crimini dell’occupazione e alla guerra di sterminio contro il nostro popolo".
Le immagini mostravano panico e caos: vetri infranti, corpi sull’asfalto, i soccorsi del Magen David Adom in azione con massaggi cardiaci e trasfusioni d’urgenza. I feriti sono stati trasportati negli ospedali Shaare Zedek e Hadassah.
Israele ha reagito blindando tutti gli ingressi a Gerusalemme e convocando il gabinetto di sicurezza. Ma il contesto non lascia dubbi: la guerra genocida di Israele a Gaza — con oltre 64 mila palestinesi uccisi, il 90% delle infrastrutture distrutte e un milione di civili senza riparo — alimenta una spirale di violenza che inevitabilmente si estende anche in Cisgiordania e Gerusalemme.
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