10 Febbraio 2023
Fonte: Fanpage
L’Unione europea svolta a destra. Il Consiglio europeo, che raccoglie i capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri Ue, ha invitato la Commissione a “finanziare misure da parte degli Stati membri che contribuiscano direttamente al controllo delle frontiere esterne dell’Ue” e a rafforzare il “controllo delle frontiere nei Paesi chiave sulle vie di transito verso l’Unione europea”. È un sostanziale via libera ai muri anti-migranti richiesti in particolare dall’Austria nonostante il parere contrario di Ursula von der Leyen.
“Mobilitare immediatamente ingenti fondi e mezzi dell’Ue per sostenere gli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere, dei mezzi di sorveglianza (compresa la sorveglianza aerea) e delle attrezzature”. È il passaggio delle conclusioni con cui i leader dell'Unione europea, al termine di una lunga notte di negoziati, hanno sancito il via libera alla costruzione di muri per bloccare i profughi. Nonostante l'opposizione della Germania e le rassicurazioni della Commissione sul fatto che le risorse dell’Ue serviranno a finanziare solo telecamere e attrezzature, e non mattoni, nel concreto dal summit di Bruxelles è emersa un’Europa divisa su come affrontare le sfide economiche, ma non sul pugno duro contro la migrazioni in ingresso.
Nel 2018 InfoMigrants aveva rivelato che i muri anti-migranti in giro per il continente avevano raggiunto già i 1.000 chilometri. Ma Bruxelles si è sempre rifiutata di finanziare “filo spinato e muri” (parole di von der Leyen pronunciate un anno fa). Da allora, però, il presidente della Commissione sembra aver perso l'appoggio di un pezzo importante del suo partito, il Ppe, sul tema migrazione. E l’ultimo Consiglio europeo ha sancito una sconfitta per la leader dell'esecutivo Ue in tal senso: le conclusioni del vertice sono una chiara sollecitazione a Bruxelles di finanziare le “infrastrutture di protezione delle frontiere”, così come richiesto dal presidente del Ppe, Manfred Weber, dall'Austria e da altri 11 Paesi, tra cui l'Ungheria di Viktor Orban, ma anche il governo di centrosinistra della Danimarca. E l’Italia? L’accordo Ue sulle politiche per l'immigrazione non può dirsi un grande successo diplomatico per il governo di Giorgia Meloni. Nonostante l'appoggio del leader popolare Weber e di alcuni governi Ue, le conclusioni del summit non citano l'istituzione di un codice di condotta per le Ong, uno dei pilastri del manifesto con cui Meloni si era approcciata al Consiglio.
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