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Manovra, tassa sull'oro dal 26% al 12,5% per quello non dichiarato, obiettivo far emergere 2 mld€ per evitare di colpire i dividendi

Per disinnescare le polemiche sull'aumento delle tasse sui dividendi delle holding, il governo vuole introdurre una tassa agevolata sull'oro al 12,5% per far emergere quello "nascosto" e ricavare 2 miliardi di euro

06 Novembre 2025

Manovra, il governo pensa a una tassa sull'oro agevolata al 12,5% per evitare quella sui dividendi, può fruttare fino a 2 miliardi

Il ministro dell'Economia Giorgetti e la presidente del Consiglio Meloni

Il governo vuole introdurre una tassa agevolata sull'oro, al 12,5% contro quella attuale del 26%. Si tratta di una sorta di condono fiscale per l'oro fisico posseduto dalle famiglie italiane. Dovrebbe raccogliere 2 miliardi di euro e potrebbe evitare l'aumento della tassa sui dividendi delle holding, per cui l'esecutivo sta subendo critiche dalle imprese.

La nuova tassa sull'oro per salvare i dividendi: un condono da 2 miliardi

La legge attuale sull'oro fisico prevede che, quando questo viene venduto, il compratore debba verificare i precedenti documenti d'acquisto in possesso del venditore. Se tali documenti, per qualsiasi ragione, non esistono, lo Stato applica una tassa del 26% sulla transazione intera e non soltanto sulla plusvalenza.

Il governo vuole dimezzare questa tassa e attivare un meccanismo di rivalutazione dell'oro fisico in possesso delle famiglie italiane. Questo permetterebbe di "regolarizzare" l'oro posseduto pagando una tassa del 12,5% sul suo valore entro il 30 settembre 2026. L'imposta potrebbe essere rateizzata in tre rate annuali, a cui sarebbero applicati interessi del 3% dalla seconda in poi.

Di fatto si tratta di una sorta di condono che vuole spingere le famiglie italiane a regolarizzare l'oro acquistato o ereditato ma mai dichiarato. In questo modo il governo sfrutterebbe anche l'altissima valutazione che il bene rifugio per eccellenza ha raggiunto di recente. I proventi, alla luce anche di quest'ultimo elemento, si aggirerebbero attorno ai 2 miliardi di euro.

Una cifra che dovrebbe coprire l'abolizione dell'aumento della tassa sui dividendi delle holding. Il governo sta ricevendo infatti forti pressioni dalla società civile per rimuovere dal testo della manovra la norma che fa salire dall'1,2% al 26% l'imposta sui profitti che le aziende ricavano dalle partecipazioni in altre società sotto il 10% dell'azionariato totale.

Una tassa che colpisce una parte importante del sistema finanziario italiano, tra cui anche molte delle partecipazioni su cui si gioca il cosiddetto Risiko bancario.

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