17 Marzo 2023
Pietro Labriola, AD di TIM, come accaduto per Kkr, ha mercoledì 15 marzo rimandato al mittente l’offerta non vincolante per acquisire NetCo presentata da CDP Equity con Macquaire. La motivazione è la seguente: “non riflette il valore dell’asset e le aspettative della società”, fornendo alla società “alcuni specifici elementi informativi” e “ulteriori indicazioni necessarie”.
Intanto tutto rimandato al prossimo 18 aprile: sia KKR, sia la cordata CDP- Macquaire avranno tempo fino a questa data per presentare una nuova proposta. Sono stati comunicati anche i risultati 2022 della telco, che hanno fatto registrare una crescita dei ricavi totali del 3,1% a (15,7 mld). L’indebitamento finanziario netto contabile è pari a 25,37 miliardi di euro, quello rettificato al netto di contratti di lease è di 20,015 miliardi, in aumento di 2,442 miliardi. NetCo invece ha chiuso l'anno con un calo del 4% dei ricavi totali e del 4% dei ricavi da servizi.
La matassa tuttavia potrebbe sciogliersi con una convergenza delle due offerte. In tal caso CDP non deterrà la maggioranza di NetCo, ma probabilmente un 30%, mentre KKR potrebbe salire al 40%. Il resto della fetta andrà a Macquaire più altri azionisti di minoranza. Macquaire d’altronde è una banca d'investimenti australiana ed un gruppo di servizi finanziari diversificati, che raccoglie tra l’altro fondi pensionistici, quindi più interessata al rendimento che al controllo al controllo della società.
La proposta di Kkr è strutturata, approssimativamente, su 10 miliardi di debito e 10 di equity (tanto verrebbe valorizzata Fibercop in cui il fondo americano ha investito due anni fa 1,8 miliardi aggiudicandosene il 37,5%). Nel 2021 Telecom aveva rifiutato un’offerta della società statunitense per l’acquisto dell’intera attività per 10,8 miliardi di euro. Tim, dopo che è sfumata invece la possibilità di un'offerta congiunta tra Cdp e Kkr, si troverà quindi due offerte alternative per l'acquisto della sua rete. In gioco i valori economici delle due offerte, ma anche gli impatti sociali e occupazionali.
La Cassa offrirebbe più cash, fino a 10 miliardi, e poi 8 miliardi di debito più un earn-out da 2 miliardi che verrebbero pagati all’avveramento di alcune condizioni. Entrambe le proposte restano comunque ben distanti dai 31 miliardi delle valutazioni di Vivendi, lo scontro si potrebbe così spostare in assemblea e lì, alla conta, risulterebbe determinante il voto dei fondi e quindi del mercato.
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