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Arcuri assolto da reato di abuso d’ufficio abrogato da Meloni per affidamenti di € 1,25 mld per acquisto di 800 mln di mascherine, l'ex commissario al GdI: "Non commento"

Il giudice ha accolto la richiesta della procura di inviare gli atti alla Consulta per l’attuale formulazione del reato di traffico di influenze illecite; l'ex commissario straordinario per "l'emergenza del coronavirus" si è trincerato dietro un "no comment"

01 Febbraio 2025

Vaccino Covid, Arcuri: 'Italia accelera, Pfizer in ritardo'

Domenico Arcuri (fonte LaPresse)

L’ex commissario straordinario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri è stato assolto dall’accusa di abuso d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta sulla maxi fornitura di 800 milioni di mascherine dalla Cina durante la prima fase dell’emergenza Covid nel marzo 2020. Secondo l’accusa la commessa costò circa 1,25 miliardi di euro allo Stato per delle mascherine che furono poi giudicate non conformi agli standard di sicurezza.

Secondo i giudici infatti “il fatto non è più previsto dalle legge come reato”. La sentenza di Arcuri è stata emessa con rito abbreviato, con i pm che avevano chiesto 16 mesi di carcere. Nei mesi scorsi erano già state archiviate le accuse di corruzione e peculato.

L'ex commissario straordinario "per l'emergenza del coronavirus" Domenico Arcuri, raggiunto da Il Giornale d'Italia, non ha voluto rilasciare dichiarazione e si è limitato ad un "Non commento".

Arcuri assolto dall'accusa di abuso d'ufficio sulla maxi commessa da 1,25 mld € per l'acquisto di 800 mln di mascherine

Con lui erano imputate altre dieci persone che avevano scelto il rito ordinario, il giudice per le indagini preliminari ha accolto la richiesta della procura di Roma, trasmettendo gli atti alla Corte Costituzionale presso cui è stata sollevata la questione di costituzionalità sulla formulazione del traffico di influenze illecite.

Per i pm infatti l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio incluso nel ddl Nordio approvato dal governo Meloni lo scorso luglio genera un restringe il margine d’azione minore da parte della giustizia rispetto alla configurazione del reato di traffico di influenze.

I giudici infatti avevano scritto che il ddl Nordio aveva introdotto un’inversione di tendenza “nel trend che aveva caratterizzato, prima con l’introduzione del reato e poi con il suo ampliamento, l’ipotesi di traffico d’influenze”.

Sollevato la questione di costituzionalità per il reato di traffico di influenze 

Seconndo il procuratore aggiunto Paolo Ielo il ddl Nordio avrebbe ristretto “il possibile perimetro applicativo” del reato. “Il profilo della mediazione illecita deve consistere nell’utilizzazione intenzionale di relazioni esistenti con l’agente pubblico, con esclusione di quelle vantate, e devono essere relazioni esistenti, non meramente asserite. Sotto altro angolo di visuale, s’individua il profilo di illiceità della mediazione onerosa nella circostanza che essa sia finalizzata alla commissione di un reato da parte dell’agente pubblico, dal quale possa derivare un vantaggio indebito. Sotto ulteriore profilo, infine, l’utilità è limitata ai casi di denaro o altra utilità economica”.

Secondo i pm infatti uno dei reati che più spesso occorrono nell’ambito del traffico di influenze e proprio quello dell’abuso d’ufficio abrogato dal ddl Nordio, “sì che più che di soffocamento più propriamente occorrerebbe ritenere l’esistenza di una totale asfissia applicativa, tale da portare in concreto all’ineffettività di ogni profilo sanzionatorio”.

Concretamente, secondo gli inquirenti che hanno sollevato la questione di costituzionalità con l’attuale formulazione dell’art. 346 bis del codice penale relativo al traffico di influenze “non sono incriminate (e sono stati anzi depenalizzate) le condotte di chi si faccia promettere o consegnare utilità, anche non economiche, a titolo di remunerazione della influenza esercitata su titolari di pubbliche funzioni per atti illegittimi di loro competenza o atti contrari ai doveri di ufficio”.

 

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