18 Luglio 2024
Youtube
Questa sentenza - che l’utile idiota commenta come positiva - è una tragedia. In estrema sintesi, il Tribunale afferma che un utente può validamente rinunziare a un proprio diritto Costituzionale aderendo a un contratto di natura privatistica. Leggetela dal lato del contraente forte: può inserire nelle sue condizioni generali ciò che vuole! All’utente non sta bene? Rinunci al servizio! Quando in ospedale ci imporranno qualsiasi cosa, inizierete a capire…
1) la libertà di stampa non ammette censure.
2) se formalmente il contratto tra utenti e YouTube sembra lecito a qualcuno, per me - come tutti i contratti relativi ai social media - non lo è. Infatti, l’esercizio di una forma di censura lo rende in contrasto con la Costituzione.
3) il punto non è l’assenso dell’utente, qui non c’è nessuna scelta: o accetti e posti ciò che piace al gestore o rifiuti e non posti. Con questo sistema si silenzia il dissenso.
4) non mi stancherò mai di ripetere che tutto il mondo liberale può stare in piedi soltanto se regge la normativa anti trust. L’abuso di posizione dominante di YouTube, Facebook, X eccetera rende il sistema dell’informazione illiberale in quanto non c’è alternativa. Siamo finiti su Telegram dove piccole bolle di dissenso sono ancora tollerate, ma dalle bolle non si esce.
Mi scuso ma non ho il tempo di approfondire: anticipo che i gestori dei social non sono editori per certi aspetti (ad esempio nel caso di diffamazione a mezzo stampa / social il Direttore non risponde), ma lo sono per altri. Comunque l’Art. 21 è chiarissimo: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria".
Notate "altro mezzo di diffusione".
Di Alfredo Tocchi
La comunicazione di Avvocati Liberi:
"Il prof. Avv. Augusto Sinagra e l’Avv. Lorenzo Minisci hanno ottenuto un grande successo giudiziario contro la CENSURA e contro l’abuso della DISINFORMAZIONE da parte della piattaforma YouTube di Google Ireland Ltd.
La decisione avrà un impatto dirompente nei confronti di tutti gli Utenti di YouTube, in particolare per coloro che in forma individuale o associata o professionale, si siano dedicati a produrre o condividere contenuti, attività giornalistica o informativa in ambito sanitario durante l’epoca pandemica.
Nel casus belli è accaduto che Google, nel febbraio 2021, disattivava la funzione di monetizzazione di YouTube (che consente di beneficiare di inserzioni a pagamento) ad una nota emittente radiofonica della capitale, adducendo che sul quel canale venivano caricati alcuni video 'disinformativi' in ambito sanitario Covid-19 non conformi alle policy del Programma partner della piattaforma - e, dunque, contrarie alle previsioni contrattuali- che avrebbero consentito al gestore del social network l’esercizio della facoltà di disattivare unilateralmente la funzione di monetizzazione.
La sentenza del Tribunale di Roma dichiarava che le Norme sulla monetizzazione previste da YouTube nel contratto stipulato con l’Utente - tra cui sono comprese le cd. norme della community -, non prevedevano 'che la questione della epidemia da Covid-19' rientrasse nel catalogo delle espresse condizioni legittimanti l’esercizio della sospensione dei servizi contrattuali contemplate dalle Norme stesse quali spam, pratiche ingannevoli, frodi, nudità e contenuti di natura sessuale, sicurezza dei minori, molestie e cyberbullismo.
Il Giudice capitolino precisava che, 'sebbene la convenuta abbia prodotto in giudizio una pagina web contenente un elenco per materia della norme della community, tra le quali figurano anche le Norme sulla disinformazione in ambito medico relativamente al Covid-19 … è del tutto evidente che tali regole siano state introdotte dopo la conclusione del contratto tra le parti, cioè dopo il manifestarsi della nota epidemia, sicché su di esse non può essersi formata quella concorde volontà negoziale dei contraenti che è invece indispensabile affinché le disposizioni contrattuali possano essere efficaci e avere forza di legge tra le parti (art. 1372 c.c.)'.
E siccome in astratto si potrebbe pensare che, in presenza di particolari condizioni in un preciso contesto storico, sia consentito al Gestore di modificare nel corso del tempo le regole sui contenuti dei video da caricare nei canali YouTube, nel caso di specie le modifiche contrattuali da apportare al contratto sulla adesione al 'Programma Covid', per renderle efficaci, avrebbero dovuto essere oggetto di specifica comunicazione scritta da Google all’Utente prima della loro applicazione (cosa che non risultava essere stata effettuata).
In definitiva, quanto fatto da YouTube (Google) - così come fatto da altri gestori delle principali piattaforme social e dei principali motori di ricerca a livello planetario - nella aggressiva e pervicace condotta di salvaguardia della particolare politica sanitaria Covid19 sfruttando la propria posizione dominante nel contratto per reprimere il pensiero critico, l'opinione opposta, la preoccupazione, la conoscenza o l’analisi sanitaria nociva alla policy interna, è stata considerata come una condotta contrattuale abusiva del Gestore, il quale ha modificato unilateralmente un contratto avente ad oggetto una attività lecita dell’Utente (cioè la divulgazione di opinioni sull’epidemia contrarie o scettiche rispetto alle indicazioni delle autorità sanitarie).
Principio applicabile non solo per chi è stato demonetizzato, ma anche per chi ha subito cancellazioni di contenuti, di post o, addirittura, di interi canali o pagine, o anche da chi è stato messo in ombra (cd shadow banning).
Risultato?
Google è stata condannata a pagare all’utente abusato ben 200.000 euro di risarcimento (circa 5.000 euro al mese)".
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