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Lettera al mio Giudice Andrew Napolitano, conduttore di Judging Freedom, protagonista della conferenza 'I diritti sul serio'

Conferenza del Giudice Andrew Napolitano questa sera a Milano, ospite dell'Istituto Bruno Leoni

09 Maggio 2024

Lettera al mio Giudice Andrew Napolitano, conduttore di Judging Freedom, protagonista della conferenza 'I diritti sul serio'

Andrew Napolitano

Caro Giudice,

Temo che questa sera mi verrà impedito di rivolgerle domande, così mi vedo costretto a scriverle questa lettera.

Sono un vecchio liberale: il mio bisnonno fu tra i rifondatori del Partito Liberale Italiano dopo la Seconda Guerra Mondiale e io – avvocato e giornalista - scrivo su Il Giornale d’Italia, che fu, fin dalla sua fondazione oltre un Secolo fa, e resta un quotidiano liberale.

Lei Giudice è uno dei miei eroi. Ascolto spesso Judging Freedom e ho avuto modo di imparare a conoscere Lei e i Suoi ospiti, primo fra tutti il Colonnello Douglas MacGregor.

La sua lucidità di analisi, abbinata a una non comune competenza, capacità di sintesi e onestà intellettuale, fa di Lei un commentatore straordinario.

Giudice, io vivo in Italia. E’ una piccola Nazione lontana dagli Stati Uniti che è stata per quasi 50 anni il confine orientale europeo dell’Impero americano. Stivale al centro del Mediterraneo, il mio Paese è il luogo ideale dove tenere le armi nucleari: più di 120 basi NATO oltre – pare - a 20 basi americane segrete.

Già la presenza di queste basi è motivo di preoccupazione. Ma il punto è che gli Stati Uniti non possono consentire che gli italiani eleggano un Governo antiamericano.

Giudice, parliamoci chiaro: l’omicidio di Enrico Mattei, quello di Aldo Moro e l’indagine di Mani Pulite dopo Sigonella portano una firma: CIA.

L’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica è stata voluta da Matteo Renzi, uomo legato ai servizi segreti.

Così, Sergio Mattarella incarna la voce del (o forse sarebbe il caso di dire che prende ordini dal) Dipartimento di Stato americano.

Giudice, io queste cose Le scrivo a Lei ma non le posso scrivere sui social media o sui quotidiani mainstream.

Per cui - mio fortunato amico che vive in un Paese Sovrano – di cosa parliamo quando parliamo di libertà in Italia?

Un sentimento di ribellione contro la prepotenza, la strafottenza, la spregiudicatezza ma soprattutto l’idiozia del Dipartimento di Stato americano sta crescendo. Per ora - a parte i soliti marxisti che non contano più nulla dopo la svolta liberista del Partito Democratico - siamo in pochi "intellettuali". Pubblichiamo i nostri articoli contro Victoria Nuland, gli Straussiani, la lobby sionista e/o quella della finanza (BlackRock, Vanguard e State Street hanno fatto shopping a prezzi di saldo anche qui) e soprattutto contro il filantropo Bill Gates, le sue teorie malthusiane sulla riduzione della popolazione e le sue campagne vaccinali ma non per questo siamo antiamericani. In Nord America spesso abbiamo studiato (io in Canada, all’Università dell’Alberta). Sappiamo che l’America ha enormi problemi ma anche enormi risorse. Ascoltiamo Lei, Jeffrey Sachs, John Mearsheimer e (quando non difende il criminale Benjamin Netanyahu) Robert F. Kennedy junior.

La lotta tra Joe Biden e Donald Trump ci delude profondamente, perché è la prova visibile che la democrazia si è trasformata in plutocrazia e per candidarsi il primo requisito è il denaro.

Tuttavia, ascoltando Judging Freedom, nutriamo la speranza che le cose possano cambiare, negli Stati Uniti e di conseguenza in quella parte di mondo che resterà sotto la loro influenza.

Se non ci fossero autorevoli voci di dissenso – come la Sua – noi saremmo costretti a rivolgerci verso Est in cerca di un’impossibile liberazione dal nostro status di colonia: sarebbe la nostra fine, verremmo sacrificati come gli sventurati ucraini. Non li cito a caso: ero a Kiev, in Piazza Maidan all’interno delle barricate nell’inverno 2013/2014. Ho ascoltato le promesse fatte da Victoria Nuland e John McCain ai giovani. Oggi oltre mezzo milione di quei giovani sono morti in una guerra oscena, una guerra di prestigio, una “guerra per l’egemonia”, la più esecrabile nell’oscena gerarchia delle guerre, quella più deprecata dal filosofo Bertrand Russell, che resta – almeno per noi liberali e pacifisti – il filosofo di riferimento.

Caro Giudice, Le scrivo da amico: faccia sapere che il sostegno all’Impero americano non è qualcosa di scontato. Se è pur vero che abbiamo un debito di riconoscenza per il ruolo svolto dagli Stati Uniti nella nostra liberazione dal nazifascismo, è anche vero che ne abbiamo abbastanza di essere trattati come una colonia popolata da una disprezzabile razza inferiore.

Qui è nato il diritto moderno, qui potremmo dare un contributo alla rinascita della legalità internazionale, agonizzante a causa degli abusi del Dipartimento di Stato.

Grazie per l’attenzione.

 

Avv. Alfredo Tocchi, LL.M.

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