18 Giugno 2020
Vannacci, fonte: Facebook @Antenna LGBT
Si chiama Roberto Vannacci il generale dei baschi amaranto salito agli onori delle cronache nazionali per aver ricoperto il ruolo di secondo in comando alla coalizione internazionale anti-Isis impegnata in Iraq dal settembre 2017 all'agosto 2018 contro le milizie dello stato islamico.
Proprio a questo periodo si riferisce l'esposto presentato alla Procura militare di Roma dal paracadutista, nel quale vengono ipotizzate: "Gravi e ripetute omissioni nella tutela della salute e della sicurezza del contingente militare italiano, costituito da migliaia di militari impiegati in Iraq e sottoposti, tra l’altro, all’esposizione all’uranio impoverito senza che alcuna informazione fosse fornita al riguardo e senza che alcuna mitigazione dei rischi fosse attuata". Una vicenda, quella che Vannacci intende evidenziare, che ricorda drammaticamente discussioni già sentite nella seconda metà degli anni '90, quando a vedere l'intervento dei nostri reparti non erano le distese irachene, ma i Balcani.
Un paragone, quello tra i due teatri, fortemente sbilanciato a favore dell'ultimo: secondo le stime, sarebbero dalle 300 alle 450 le tonnellate di Uranio impoverito utilizzate in Iraq dal 1991 ad oggi, una quantità superiore di almeno 30 volte (!) a quella riscontrata tra il '94 ed il '99 in Kosovo. "L’uso su larga scala di uranio impoverito in Iraq sin dal 1991 - riporta il generale Vannacci nel suo esposto - era di pubblico dominio perché oggetto di numerose pubblicazioni ufficiali". Tra queste pubblicazioni, lo Studio Impatto Genotossico nelle Unità Militari (Progetto Signum, nato nel 2011).
Altro elemento riportato da Vannacci nell'esposto da lui presentato, la questione della durata della ferma dei militari impiegati in missione. Il Parà smentisce l'oggi capo di stato maggiore della Marina, ammiraglio Cavo Dragone, che in occasione della commissione parlamentare d'inchiesta sul tema dell'utilizzo dell'uranio impoverito nei teatri di guerra e sulle eventuali conseguenze per i militari operativi, avrebbe affermato che la durata della ferma nelle missioni all'estero variasse tra i 4 ed i 6 mesi. Alle parole pronunciate durante la commissione presieduta il 23 febbraio 2017 da Gian Piero Scanu, Vannacci ribatte assicurando che la durata del servizio è al minimo semestrale, ma che in molti casi viene addirittura posticipato il rientro, con missioni che "spesso, in corso d'opera, eccedono significativamente tale periodo".
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