11 Agosto 2023
Michela Murgia, fonte: LaPresse
Si confessi: senza aver letto nemmeno un suo libro un rifinito giudizio su Michela Murgia resta una sparata da salotto televisivo, triste solitario y final, ma soprattutto in bianco e nero, modello ospite spaesato in un "Bontà loro" di un Maurizio Costanzo ancor quasi giovine. Purtuttavia se di uno/a (eh già) che scrive si deve valutare la produzione cartacea, per lo meno ben conterà qualcosa anche la salva di opinioni espresse, ed amplificate da un fuoco spesso amico di grancasse ben liete di parlar di celie sessiste pur di parlar MAI di problemi reali di in paese ormai prossimo alle glorie del Venezuela. Michela Murgia fu certamente quella di rapiderrime intuizioni e di spumoso fiuto per il polemicone up-to-date. Partita forte con la denuncia della cosiddetta "gig economy" da call center, pur essendo meno graziosetta di una Isabella Ragonese che in qualche modo la incarnò nel film di Virzì in sostanza tratto dalle sue esperienze lavorative descritte poi in libro, rimase poi lost in translation proprio in cotal abuso di frasine fatte yankee, pure lei che era sarda e non milanese imbruttita, passando dalla protesta anticapitalista alla peggiore torta confezionata proprio dal turbocapitalismo: il conformismo wokista sbandierato come ragion d'essere; come se "God save the queer" potesse far dimenticare certe sue passioni per un tale che fu noto in passato, tal Adinolfi, anche lui meno graziosetto di altri e soprattutto integralista vetero-catto-giocatore di poker. Oppure dimenticare di aver scorto l'ennesimo fascista su Marte in un povero ignaro ufficiale di Marina con mano a paletta rivolta al cielo, laddove i saluti nazifascisti si fanno in tutt'altro modo, con mano a vanga rovesciata rivolta ai camerati, mica a Giove Pluvio. Ma vabbè. Non ne azzeccava quasi mai manco una, la Michela Murgia, ma si giustificava dicendo cose tipo che volete da me, sono antimilitarista quindi mica sono tenuta a sapere di cose militari, pure se le giudico nel merito. Se poi si vedono i fascisti anche nel pane carasau e nei culurgiones non è veramente importante che ci siano davvero: si sa, conta il pensiero, vuoto o pieno che sia. Bongré malgré anche la baggianata dello schwa fu una idea a suo modo genialina: si biasima forse l'attore sul palco per la battuta paradossale e ficcante? Ma no. E quando si ha fortuna (e meriti, senz'altro anche sol di talento di autopromozione) d'aver pubblico grasso d'ascolti, stupido o meno che sia, vien facile sentirsi in grado di pisciar nell'anfore e catafottersene d'ogni buon senso, e nel contempo farsi dire che le pulci rosicano, mentre te sei sul pulpito. Son meriti o demeriti? Ci meritiamo che dopo una tradizione di scrittori ideologhi del boom economico lo sboom sia stato appaltato a Murgia e Saviano, agiati visori seriali di bracci tesi impervenuti, di letteruzze rovesciate e di brodi conformistici pronti a tutto pur di dribblare ciò che conta, ovvero che la miseria sta nei piatti vuoti e non nelle BOYATE di fonemi fantasma? Non è forse anche ciò lo stigma del prolasso di una nazione quasi finita, ma che dico nazione, società occidentale nella sua totalità defecatoria? Li vedemmo mai Murgia e Saviano a difendere i portuali di Trieste, gli operai avvelenati di Taranto o gli inoccupati depredati perfino di un sussidio di sopravvivenza? Dio ci salvi: God save the Queer, mica the Poor. Del resto si sa, se sei povero non hai avuto successo, quindi rosichi, mica è sfortuna o circostanze avverse o mercato del (non) lavoro da favela brasiliana: è invidia sociale. Noi facciamo le famiglie allargate, queer, gpa, uteri in affitto e vacanze romane (o meglio a Patmos, se non Capalbio che non se po' più dì, mo che la etichetta di radical-shit comincia a pesare); gli altri se la vanno a pigliare in saccoccia, un tempo a Ladispoli, adesso direttamente alla Caritas.
Le prefiche di regime oggi hanno un nuovo lamento di obito: per dire se possan mai aver ragione alcuna bisognerebbe aver conosciuto in precedenza di persona l'oggetto iconografico a miglior vita. In absentia si dica: la schwa era e resta una cagata pazzesca. In saecula saeculorum, amen. E la preghiera, laica o religiosa, vada allo umanissimo universale dispiacere di una dipartita infelicemente anticipata, non alle idee sgonfie dette in vita, a cui rispetto non si deve, né probabilmente chi le espresse avrebbe gradito granché ipocriterrimi omaggi post mortem.
Lapo Mazza Fontana.
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