26 Luglio 2023
Alain Elkann, fonte: Imagoeconomica
Poche decine di righe, quelle scritte sul numero del 24 luglio de La Repubblica da Alain Elkann, padre dell’editore John Elkann, sufficienti tuttavia a scatenare una tempesta di polemiche e discussioni che dura, ormai, da due giorni, tra chi plaude un articolo che, si dice, nonostante la crisi dell’editoria ed un crescente disinteresse (per lo meno percepito) per l’influenza culturale del mezzo scritto, riesce comunque a scuotere il dibattito pubblico ed a vivacizzarne la postura, e chi, invece, ha ritenuto il pezzo d’opinione intitolato Sul treno per Foggia con i giovani “lanzichenecchi” nient’altro che un’espressione di snobismo classista.
Molte le critiche sul “rapporto” scritto da Elkann su un suo viaggio in Frecciarossa (in prima classe, tiene a precisare) da Roma a Foggia, viaggio nel quale viene disturbato - mentre immerso nella lettura di quotidiani internazionali e di Proust, nonché nella scrittura con (tiene ancora a precisare) la sua penna stilografica – dalle chiacchiere di alcuni giovani, vergognosamente impegnati a discutere di calcio e di dove andare a ballare e cercare ragazze quella sera.
Tra le voci che si sono alzate contro un pezzo considerato da molti “fuori dal mondo”, hanno provato a far sentire il proprio dissenso anche quelle di alcuni dei giornalisti de La Repubblica stessa. Hanno provato a farsi ascoltare attraverso i canali della propria testata, scrivendo una nota nella quale si dissociano da quanto scritto da Elkann, arrivando a definire l’articolo, appunto, “classista”. Il tentativo di critica, tuttavia, non ha potuto vedere la luce del sole del giornale fondato da Eugenio Scalfari: secco, infatti, il rifiuto del direttore Maurizio Molinari a pubblicare la lettera del Cdr, critica nei confronti dell’articolo scritto dal padre dell’attuale editore.
Nonostante quella che da alcuni è stata definita “censura”, Molinari si è detto d’accordo con i principi di quanto espresso dai suoi giornalisti, ai quali nelle ultime ore è arrivata una mail da parte del Cdr che recita: “Questo pomeriggio abbiamo chiesto alla direzione la pubblicazione della nota interna che vi avevamo inviato, visto che ormai e purtroppo era diventata di dominio pubblico. Era giusto che i lettori leggessero quelle parole direttamente sul nostro sito e sul nostro giornale e non altrove. Il direttore ha deciso di non pubblicarla, ritenendola una ingerenza del Cdr sulle scelte editoriali. Posizione che non condividiamo. Dopodiché il direttore ha detto di comprendere e condividere ciò che avevamo scritto e nei prossimi giorni questa consapevolezza ‘verrà resa chiara sulle nostre pagine’. Questo per il dovere di trasparenza che vi dobbiamo”.
Quel “verrà resa chiara sulle nostre pagine” prende infine forma il 26 luglio in un contro-reportage affidato allo scrittore Paolo di Paolo. Di Paolo si ritrova sullo stesso treno, nella stessa tratta: l’umanità che lo circonda è nel suo insieme la stessa indistinta poliedricità. Avvicinandosi alle individualità atomiche, tuttavia, si scioglie in nuovi colori e luci. A cambiare, poi, è lo sguardo di chi scrive, forse per imposizione editoriale, forse per trasparente benevolenza rivolta all’altro. Ne esce un nuovo pezzo, su un viaggio che è lo stesso ma che comunque muta, nel quale non si perde la, decisamente, classista categoria di “lanzichenecco”, ma con bonaria accettazione se ne riconosce la normalità comune. Scrive di Paolo: “La verità è che tutti possiamo essere il lanzichenecco vicino di posto di qualcun altro”. Forse, una frecciata a chi, con il suo vestito di lino e gli occhi persi nelle pagine di Proust, si è seduto per un giorno tra le righe di un quotidiano.
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