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Fecondazione assistita, dopo il divorzio "consenso irrevocabile": così la consulta all'ex marito che ha cambiato idea

Sentenza n. 161/2023: l'irrevocabilità del consenso nella PMA tutela la salute e la dignità della madre e dell'embrione

24 Luglio 2023

Fecondazione assistita, dopo il divorzio l'ex-marito cambia idea: "Non voglio diventare padre"; Consulta: "Consenso irrevocabile"

La Corte costituzionale ha emesso la sentenza numero 161 del 2023, affermando che l'uomo non può revocare il suo consenso dopo la fecondazione di un ovulo nel contesto della procreazione medicalmente assistita (PMA). La questione è stata sollevata a seguito di un caso in cui una donna aveva richiesto l'impianto di un embrione crioconservato, nonostante la separazione dal coniuge, il quale si era opposto ritirando il consenso precedentemente prestato.

Fecondazione assistita, dopo il divorzio l'uomo revoca il consenso ma la Consulta glielo nega: "Grave onere per la donna"

In un caso specifico, una donna ha chiesto l'impianto di un embrione crioconservato, nonostante la separazione dal marito. L'uomo si è opposto affermando di non voler essere obbligato a diventare padre e ha ritirato il consenso precedentemente dato.

Il giudice Antonini ha commentato: "Il grave onere per la donna di mettere a disposizione la propria corporalità, con un importante investimento fisico ed emotivo in funzione della genitorialità che coinvolge rischi, aspettative e sofferenze, e che ha un punto di svolta nel momento in cui si vengono a formare uno o più embrioni."

Ha inoltre aggiunto: "Corpo e mente della donna sono quindi inscindibilmente interessati in questo processo, che culmina nella concreta speranza di generare un figlio, a seguito dell’impianto dell’embrione nel proprio utero. A questo investimento, fisico ed emotivo, che ha determinato il sorgere di una concreta aspettativa di maternità, la donna si è prestata in virtù dell’affidamento in lei determinato dal consenso dell’uomo al comune progetto genitoriale".

Sebbene la norma si trovi al limite delle "scelte tragiche" in quanto coinvolge conflitti di interessi difficili da risolvere, la Corte ha sottolineato che l'irrevocabilità del consenso è funzionale a tutelare interessi preminenti. L'accesso alla PMA comporta gravi responsabilità per la donna, e la centralità del consenso nel processo rende l'uomo consapevole delle implicazioni di diventare padre.

Il giudice ha precisato: "Se è pur vero che dopo la fecondazione la disciplina dell’irrevocabilità del consenso si configura come un punto di non ritorno, che può risultare freddamente indifferente al decorso del tempo e alle vicende della coppia, è anche vero che la centralità che lo stesso consenso assume nella PMA, comunque garantita dalla legge, fa sì che l’uomo sia in ogni caso consapevole della possibilità di diventare padre; ciò che rende difficile inferire, nella fattispecie censurata dal giudice a quo, una radicale rottura della corrispondenza tra libertà e responsabilità".

La Corte ha concluso che la compressione della libertà di autodeterminazione dell'uomo riguardo alla prospettiva di paternità è ragionevole, considerando la tutela della salute e della dignità della madre e dell'embrione.

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