02 Marzo 2022
Fonte: lapresse.it
A due settimane dalla decisione della Consulta sul pacchetto degli otto referendum tra cui eutanasia, cannabis e giustizia, tre respinti e cinque ammessi, i giudici depositano le motivazioni. Dissipati alcuni dubbi, ma rimangono altri. Fra lo scetticismo dei proponenti dei quesiti referendari.
Eutanasia, cannabis e giustizia: perché i tre no? Sul fine vita perché "non assicura la tutela minima del diritto alla vita". Perché lo stop al referendum sulla cannabis e sulla sua liberalizzazione per uso strettamente personale? In questo caso il no arriva perché si tratta di "un quesito contraddittorio, contrario agli obblighi internazionali e inidoneo allo scopo". E infine perché il no al quesito sulla responsabilità civile dei giudici, che fa parte del pacchetto dei referendum proposti dalla Lega e dai Radicali, poi presentati in Cassazione da nove Regioni guidate dal centrodestra (Lombardia, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Liguria, Sicilia, Umbria, Veneto e Piemonte)? Perché, secondo la Consulta, si tratta di un quesito "manipolativo, non chiaro e inidoneo allo scopo".
Referendum sull'eutanasia? La Consulta risponde nello specifico che "rendendo lecito l'omicidio di chiunque abbia prestato a tal fine un valido consenso, priva la vita della tutela minima richiesta dalla Costituzione". È questa la ragione scritta da Franco Modugno, il costituzionalista della Sapienza nelle vesti di relatore del quesito che è stato presentato come quello sull'eutanasia che ha portato la Consulta a dire no all'Associazione Luca Coscioni. Prova ne è la vicenda di Dj Fabo e dell'aiuto fornito dal tesoriere dell'Associazione Marco Cappato, che nelle scorse settimane aveva criticato nei termini e nei modi il no le dichiarazioni di Giuliano Amato.
Il referendum con una risposta favorevole, avrebbe reso penalmente lecito l'uccisione di una persona con il consenso della stessa al di fuori dei tre casi del cosiddetto "consenso invalido", previsti dall'articolo 579, al terzo comma. E cioè, quando il consenso stesso è prestato da minori di 18 anni; o ancora da persone inferme di mente oppure affette da deficienza psichica, per un'altra infermità o per l'abuso di alcool o stupefacenti; o infine il consenso è estorto con violenza, minaccia o suggestione, o carpito con inganno. Come scrive il giudice Modugno, sarebbe stata sancita"la piena disponibilità della vita da parte di chiunque sia in grado di prestare un valido consenso alla propria morte, senza alcun riferimento limitativo".
Sul no al referendum sulla cannabis, è invece il giudice Giovanni Amoroso a scrivere e firmare le motivazioni del no della Corte al referendum sull'abrogazione delle "disposizioni penali e delle sanzioni amministrative in materia di coltivazione, produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope". Una inammissibilità in linea con la costante giurisprudenza sull'articolo 75 della Costituzione sui referendum perché, secondo la Consulta, il quesito si pone in contrasto con le Convenzioni internazionali e la disciplina europea sulla materia, difetta di chiarezza e coerenza intrinseca e di conseguenza è inidoneo all'obiettivo.
Come ricostruisce la sentenza di Amoroso, i promotori miravano a depenalizzare la coltivazione della cannabis, a eliminare il carcere da due a sei anni per tutti i reati concernenti le droghe leggere e a escludere anche la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida in caso di uso personale di stupefacenti, sia di tipo pesante, sia di tipo leggero. Per la corte eliminare la parola "coltiva" dal primo comma dell'articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti avrebbe fatto venir meno la rilevanza penale anche della coltivazione delle piante da cui si estraggono le droghe pesanti, cui rimane il riferimento, motivo per cui la Corte ha detto no.
Perché no alla responsabilità civile dei giudici? Sull'ultimo referendum "bocciato" dagli alti giudici, è il costituzionalista bolognese Augusto Barbera a firmare il no al quesito sulla responsabilità civile delle toghe. In questo caso la Corte boccia la tecnica "manipolativo" del referendum proposto dai Radicali e dalla Lega. I promotori in questo caso proponevano di abrogare diverse disposizioni della legge 117 del 1988, quella dell'allora Guardasigilli Giuliano Vassalli poi modificata Andrea Orlando nel 2015. Una legge che disciplina il regime della responsabilità civile dei magistrati per i danni da loro arrecati nell'esercizio delle funzioni. Con la legge Orlando l'azione risarcitoria viene rivolta allo Stato che, a sua volta, se il magistrato viene riconosciuto colpevole, può rivalersi in parte su di lui.
Il quesito puntava a ottenere un'autonoma azione risarcitoria nei confronti del magistrato, per consentire al soggetto danneggiato di chiamarlo direttamente in giudizio. La Corte lo ha bocciato proprio per il suo carattere "manipolativo e creativo", che non è ammesso dalla costante giurisprudenza costituzionale. Attraverso l'abrogazione parziale delle norme in vigore, sarebbe stata introdotta una disciplina giuridica nuova, non voluta dal legislatore, e perciò frutto di una manipolazione non consentita.
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