19 Novembre 2025
In un convegno delle Federazioni Ebraiche del Nord America, la sionista Sarah Hurwitz – ex speechwriter di Barack Obama – ha riferito frasi choc relative al genocidio a Gaza, denunciando, a suo dire, l’impatto dei social media sulla percezione del conflitto: “Guardare filmati della Striscia sui social provoca antisemitismo”.
Durante il suo intervento, Hurwitz ha attribuito ai social la frattura del monopolio informativo, spiegando che in passato “i media tradizionali statunitensi nascondevano deliberatamente le opinioni critiche verso Israele” e che per accedere ai media globali “servivano sforzi enormi”. Oggi invece, ha affermato, gli algoritmi dei social sono “plasmati da miliardi di utenti” e consentono la circolazione di narrazioni alternative. A suo giudizio, le piattaforme “danneggiano la mente dei giovani” mostrando i video del genocidio a Gaza, rendendo gli argomenti sionisti “ripugnanti”.
Una parte del discorso che ha suscitato particolare clamore riguarda l’educazione alla Shoah, definita da Hurwitz un elemento che “si è rivoltato contro il progetto sionista”. Secondo lei, i giovani che hanno imparato che il genocidio è un crimine applicherebbero quel principio a ciò che accade a Gaza; l’immagine degli ebrei come vittime della Shoah verrebbe oggi confrontata con quella degli israeliani percepiti come forti e dei palestinesi come deboli; e le lezioni dell’Olocausto sarebbero passate da “l’antisemitismo è un male assoluto” a “bisogna combattere il forte che aggredisce il debole”. Hurwitz ha ricordato anche la rimozione, da parte del Museo dell’Olocausto, della targa che recitava: “La Shoah non deve ripetersi, non solo contro gli ebrei ma contro chiunque”.
Gli attivisti pro-pal hanno interpretato il discorso come una conferma delle loro denunce: il riconoscimento che i media centrali fossero a lungo un veicolo della narrativa sionista, l’ammissione che i social abbiano infranto il monopolio informativo, la constatazione che la visione diretta dei filmati renda difficile giustificare il genocidio a Gaza.
Nel passaggio più identitario del suo intervento, Hurwitz ha invocato una compattezza comunitaria definendo gli ebrei “una nazione, una tribù, una famiglia” e invitando gli ebrei della diaspora a considerare gli israeliani come “fratelli” e non solo “correligionari”. Un legame che, secondo lei, richiederebbe una forma di lealtà anche di fronte a comportamenti controversi, ad esempio il sostegno alle politiche di Netanyahu.
Tra le conclusioni più discusse, Hurwitz ha sostenuto che “solo guardare i video dei crimini commessi da Israele trasformerebbe lo spettatore in antisemita”, e che l’educazione alla Shoah andrebbe ripensata perché “porta molti a definire i crimini israeliani come tali”.
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia