24 Giugno 2025
Il direttore del Giornale d'Italia Luca Greco è intervenuto a Coffee Break su La7 da Andrea Pancani per parlare di geopolitica, in particolare riguardo alle consegunze dell'attacco Usa all'Iran, la situazione tra Gaza e Israele e l'Ucraina.
In merito all'attacco di Washington sui siti nucleari iraniani, il direttore del GdI si è così espresso: "Io partirei da alcune considerazioni: se dopo questa azione Trump è più forte o più debole di prima e viceversa l'Iran. Dimitri Medvedev ha dichiarato che l'America è meno forte e l'Iran è più forte, uno perché Fordow è più in profondità della capacità di penetrazione delle bombe, delle "buster bomb" e quindi probabilmente la parte sottoterra è ancora integra ma in più alcune centrifughe le hanno spostate nei giorni precedenti".
Luca Greco ha poi sottolineato come il mondo si sia bipolarizzato dopo la guerra in Ucraina: "Altri Stati sono pronti ad aiutare l'Iran. Il Presidente Trump non prenderà il Nobel per la pace dopo peraltro che si era professato tra coloro che non facevano guerre e quindi c'è un cambio di paradigma che probabilmente rende l'Iran ancora più forte ed è all'interno di un percorso di bipolarizzazione mondiale avviata con la mossa di Putin in Ucraina, ma iniziato già dagli accordi di Minsk quando la Nato si espanse ad est e la Nuland nel 2015 dichiarò che hanno speso 5 miliardi per destabilizzare il governo ucraino e traghettarlo nella UE e nella Nato".
"Ora, l'attacco in Iran senza l'ok di Putin non sarebbe accaduto - continua il direttore del Giornale d'Italia - perché c'è un accordo molto probabilmente tra Putin e Trump. Secondo me vanno uniti i puntini, va visto un po' lo scenario complessivo peraltro nel suo percorso storico, quindi questo è un piccolo passo in una negoziazione più ampia".
Greco quindi sottolinea i vari accordi e piani in atto tra le potenze mondiali: "Trump è un deal maker, lui ti dà uno schiaffone, ti siedi al tavolo stordito e a quel punto negozia. Vuole Panama e la Groenlandia, per questo negozia con Cina e Russia. La Cina che si vuole prendere Taiwan, le Svalbard sono contese tra Russia e Norvegia. Ha inoltre ripreso importanza il progetto Greater Israel, che è del 1982, dove Israele punta a prendersi il Libano, la Giordania un pezzo della Siria, il Sinai fino a confine con l'Iran".
Il conduttore Andrea Pancani a questo punto afferma: "Confermi quindi che ci sia una sorta di patto tra Putin e Trump, come dire Trump dice a Putin io non ti disturbo con quello che sta succedendo in Ucraina e intanto Putin dà mano libera per quanto riguarda la regione medio orientale".
La risposta del direttore: "Si esatto, entro certi limiti e con un punto di attenzione, perché Putin ha adesso alzato la posta. Mentre prima voleva annettere i territori russofoni con la spaccatura dell'Ucraina in due, una parte neutra con un regime vicino a di gradimento alla Russia, un po' come la Bielorussia, ex repubblica socialista sovietica, adesso sta alzando la posta probabilmente per allargarsi un pochino la Georgia e le altre aree d'influenza".
Sul tema del riarmo, il direttore del Giornale d'Italia cita Fantozzi: "Il ReArm Europe è una cagata pazzesca".
Luca Greco sottolinea poi come il conflitto sia incentrato sulle materie prime. "Per quanto riguarda lo Stretto di Hormuz, da lì passa il 20% del petrolio e il 30% del gnl mondiale Il Parlamento iraniano ha già votato per la chiusura, ma a me non preoccupa tanto l'Iran, a me quello che preoccupa di più sono Israele e gli Stati Uniti. L'Europa è sempre stata succube degli Stati Uniti e ha seguito le loro indicazioni anche relativamente ai rapporti con la Russia: noi da quando ci siamo staccati dal gas russo abbiamo avuto le bollette aumentate del 350% per poi arrivare ad una situazione in cui compriamo il gnl dagli americani. Questi ce lo vendono a 5 volte il prezzo che pagavamo il gas russo, ma lo prendono in India. L'India non produce gas e lo prende dalla Russia, quindi l'America ci rivende il gas russo. Il commercio tra la Russia e gli Stati Uniti va avanti e ci rivende il gas russo".
"La chiusura di Hormuz è come la chiusura di Nord Stream 1 e 2, genera una crisi, una shock sulle materie prime. La guerra è sulle materie prime in questo momento, quindi una chiusura di Hormuz, breve o lunga che sia, è un problema a tutto l'economia internazionale".
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