10 Novembre 2024
Duri scontri a Valencia tra polizia in tenuta antisommossa e manifestanti in un corteo contro la gestione dell'alluvione che ha provocato oltre 220 vittime. Nel mirino delle proteste il presidente regionale Carlos Mazon e il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, accusati di aver ritardato l'allarme e di aver sottovalutato la gravità della situazione.
Sono passati 11 giorni dall’alluvione che ha colpito la città di Valencia, in Spagna, con uno tsunami di fango e acqua che ha travolto 78 municipi e ucciso almeno 220 persone, ma le accuse e le indignazioni non si fermano. Oltre 130mila persone sono scese in piazza per protestare contro la “fallimentare gestione” dell’emergenza da parte del governatore Carlos Mazòn.
I manifestanti, al grido di “assassini” e di “il popolo moriva e Mazon mangiava”, hanno chiesto al governatore, esponente del Partito Popolare, di dimettersi. Un’ondata di indignazione che Valencia e le città limitrofe avevano già fatto sentire negli scorsi giorni durante le visite a Paiporta, uno dei comuni più colpiti, del re Felipe VI e di Letizia, del premier Pedro Sanchez, e dello stesso Mazòn.
In testa al corteo, convocato da 68 enti e organizzazioni sociali, c'era un enorme striscione con su scritto “Mazòn dimisiòn“, su un’immagine capovolta del governatore valenziano, mentre risuonavano grida di “Mazon dimettiti, esci dal nascondiglio” o “si sono sporcati le mani di sangue, non di fango”.
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